Il goal più bello d’Italia: calcio batte Parkinson 1-0

Ultimo aggiornamento 3 Maggio 2017 17:41 di admin

Signor P. Sembra una macchietta, il nome di un cattivo fumettistico. O di un personaggio di uno dei tanti film di James Bond, il nome di un villain che tenta di uccidere invano l’agente 007. Nella vita reale, il signor P è decisamente un villain. È il male che il signor Francesco D’Antuono combatte ormai da dodici anni. Il morbo di Parkinson gli è stato diagnosticato all’età di 35 anni: uno dei casi più prematuri d’Italia. Nella vita di Francesco la malattia segna una netta linea di confine: c’è il prima e c’è il dopo. Il dopo, però, non è necessariamente peggiore. Anzi. Sabato Francesco ha coronato il sogno di una vita. Ha esordito infatti da calciatore con l’Angri, squadra di cui è l’addetto stampa (da due anni) e di cui è tifosissimo.

Il calcio, per lui, è linfa vitale. Letteralmente. Il Signor P – come definisce il male che lo attanaglia – abbandona il corpo di Francesco quando quest’ultimo calca il terreno da gioco, quando palleggia, quando pone i piedi su un pallone da calcio. La poesia calcistica, quella romanticheria di cui si va narrando nel giuoco del pallone si trova lì, in Promozione. Chi l’avrebbe mai detto?

L’idea di far esordire Francesco è stata del tecnico dell’Angri, Pasquale Vitter, pediatra per professione e allenatore per passione: “Non appena sono arrivato ad Angri mi è stato presentato Francesco – dice ai nostri taccuini – Conoscendolo ho scoperto il suo sogno di esordire con l’Angri, squadra della sua città. Per farlo debuttare ci voleva il tesseramento, fatto a metà marzo. Abbiamo ottenuto l’idoneità all’attività sportiva venti giorni fa, poi ci siamo preparati in allenamento e gli ho promesso che gli avrei fatto disputare uno spezzone di partita”. 

“Ho scoperto per puro caso di poter giocare, chiesi al mister di potermi allenare con la squadra e notai che correndo dietro al pallone stavo bene sostiene Francesco. Il calcio è così: spegni il cervello, accantoni i problemi. C’è solo un campo, c’è un pallone, ci sei tu. E nient’altro.

Francesco prima e durante la partita trattiene a stento l’emozione. Si nota, è stampata sul suo volto quando palleggia nel riscaldamento, quando siede in panchina e quando esulta al goal del momentaneo 1-1 dei compagni. Poi… beh, poi arriva il fatidico momento.

Francesco D’Antuono (con la pettorina) al fianco dell’allenatore, Pasquale Vitter

Mister Vitter lo manda a riscaldarsi, i tifosi accorsi da Angri iniziano ad applaudire. Poi la pettorina va via, la lavagna viene “sbandierata”: arriva il momento. Standing ovation. Francesco peregrina per il campo, attende l’assistenza dei compagni. Siamo sul calare del match, il punteggio recita 2-1 per i padroni di casa del Poseidon.

Francesco riceve in area, calcia: tra la complicità degli avversari e una bella conclusione arriva il goal. E’ un tripudio di gioia: lui si ferma per un attimo, abbraccia i compagni, poi corre verso il mister a suggellare un patto nato ad ottobre.

La partita terminerà 3-2 per il Poseidon, ma il risultato conta poco, nulla. Il gesto dell’Angri, del mister Pasquale Vitter, del presidente Gerardo Tortora e – soprattutto – di Francesco D’Antuono, resterà nella storia. “Sono molto emozionato, è stata una bella giornata. Volevo farlo da tempo, sono soddisfatto” ci dice al termine della partita, trattenendo a stento le lacrime.

Le iniziative benefiche dell’Angri non si fermano qui: domenica, il presidente Gerardo Tortora ha organizzato una serata di beneficenza, mettendo all’asta diciotto divise della squadra. Il ricavato è stato devoluto ad un’associazione sulla ricerca contro la Gangliosidosi GM1, una malattia rara da cui è affetto il piccolo Giuseppe, 5 anni, “mascotte” della squadra. 

Il calcio, d’altronde, non è solo un goal, un tiro, un’esultanza, un punteggio e una classifica.

Vittorio Perrone

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