L’Ajax è tornato, ventuno anni dopo

Ultimo aggiornamento 12 Maggio 2017 11:43 di

I fasti del glorioso Ajax sono ormai lontani ricordi, talmente tanto da essere riconducibili alla leggenda. Parliamo di mezzo secolo fa, di quegli anni settanta in cui il mondo subiva un profondo cambiamento sotto ogni aspetto, anche e soprattutto a livello calcistico.

Mentre I Beatles ci lasciano con la loro ultima splendida fatica “Let it be”, i Queen prendono forma, attentati e colpi di stato si susseguono e sullo sfondo America e Russia si danno battaglia a suon di innovazioni. Il caos fa da padrone, ma ad Amsterdam, quando scende in campo l’Ajax, sembra essere tutto perfetto.

Rinus Michels ha deciso di cambiare per sempre il modo di fare calcio, con l’aiuto di un ragazzo dal capello fluente e con la maglia 14 sulle spalle. Nel 1971 le loro strade si dividono, Rinus si trasferisce a Barcellona mentre Johan finisce quello che avevano iniziato insieme. Doveva andare così.

Tre Champions consecutive, dal 1970 al 1973, una coppa delle coppe, una supercoppa e poi “riposo” fino agli anni novanta. Qui una parvenza del ritorno del bel calcio e dei trofei: una coppa UEFA nel 1992 e la Champions nel 1995. Dagli anni novanta in poi il buio totale, l’Ajax è scomparso dalla scena internazionale da un momento all’altro, senza avvertire, senza neanche un’ultima grande cavalcata.

AI GIORNI D’OGGI

Lasciamo i bei ricordi, scordiamoci le giocate di Cruijff e compagni, le idee fuori dagli schemi di Michels, le coppe alzate al cielo, l’Ajax non è più quel club. Le dinamiche capitaliste del calcio d’oggi hanno lasciato solo i ricordi e una bacheca piena di polvere al club di Amsterdam, riducendolo a una fornace di talenti destinati a lasciare il nido immediatamente.

La squadra è stata spolpata fino all’osso, divorata e dilaniata dalle big, abbandonata al suo triste e inglorioso destino. In campionato, i lancieri, si contendono il titolo con i rivali di sempre del PSV, ma in Europa non sono più gli stessi. Una qualificazione ai quarti di finale, in qualsiasi competizione europea, mancava da quattordici anni, ad una finale dal lontano 1995-96, quando la Juventus alzò la coppa dalle grandi orecchie al cielo.

Se vi starete chiedendo perchè “denunciare” questa lunga assenza, vi forniamo immediatamente la risposta: l’Ajax è un patrimonio del calcio che si sta sgretolando piano piano, perdendo linfa e smalto di anno in anno. Il Titanic punta dritto contro l’Iceberg. Ancora.

LE NUOVE LEVE

Appurato che fare plusvalenze è il dictat societario, l’Ajax di anno in anno cambia e si trasforma. Se negli anni settanta era una costante, la certezza nel periodo di instabiltà, oggi si è tutto sovvertito. Ogni anno i giocatori cambiano aria, i pezzi vengono persi per poi essere, accuratamente, individuati ed acquistati. Il ciclo si ripete di anno in anno e i risultati, naturalmente, ne risentono.

Le vere rivelazioni di questa stagione riguardano, come sempre, il reparto offensivo. Kasper Dolberg, Amine Younes e Bertrand Traorè molto probabilmente saranno i prossimi tre ad essere sacrificati, viste le prestazioni e i precedenti.

LA CURA BOSZ

Nessuno ci credeva, nessuno ci avrebbe puntato un centesimo, eppure sono lì. Peter Bosz è stato l’antidoto al mal d’Europa semplicemente ritoccando poco e niente il 4-3-3 ereditato dai suoi predecessori, all’Ajax è sacrilegio cambiare quel modulo. Allora cosa ha aggiunto l’ex allenatore del Maccabi Tel Aviv?

Un pizzico di motivazione, cinismo q.b. e dulcis in fundo tale Kasper Dolberg. Il danese che fa impazzire tutto il mondo è stato gettato nella mischia proprio da Bosz, e guardate ora dove sono. Tante volte sembra scontato, le cose devono andare in quel modo, e invece no. Arrivare in punta di piedi, con l’obiettivo di vincere il campionato e scegliere, come mezzo per il fine, un ragazzo del ’97 non è mica da tutti.

Tornando all’Europa League, è stato un cammino meraviglioso avvolto in un turbinio di emozioni. Ad Amsterdam non si viveva una stagione così folle da tanto, troppo tempo. Un campionato da decidere all’ultima giornata, una finale da giocare e due vecchie conoscenze da affrontare: Manchester United e PSV.

Onana, Veltman, Sanchez, De Light, Viergever, Schone, Van de Beek, Ziyech, Traorè, Dolberg, Younes, Kluivert, De Jong, Tete, mister Bosz e gli altri hanno reso, finalmente, onore al passato, ai loro grandi predecessori. E con un po’ di fortuna chissà cosa succederà in quel di Stoccolma…

Let it be.

 

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