Ultimo aggiornamento 24 Novembre 2016 17:00 di
Siamo allo stadio Atleti Azzurri d’Italia, si sta giocando Atalanta-Roma e, ad una manciata di secondi dalla fine della partita il risultato è fermo sull’1 a 1. Ma è un punteggio che non soddisfa la Dea: ha giocato il miglior secondo tempo della sua stagione surclassando completamente la squadra giallorossa e, poiché non si accontenta di un solo punto, insiste nell’affollare di uomini l’area romanista alla ricerca del gol del sorpasso. In pieno recupero il Papu Gomez viene atterrato: calcio di rigore. Nonostante il rigorista ufficiale sia lo stesso Papu, sul dischetto si presenta – anche con una certa spavalderia – un ragazzino (che tanto ragazzino non sembra) che si chiama Franck Yannick Kessié. Oltre a non sembrare un ragazzino per l’aspetto fisico imponente, non lo sembra nemmeno – e maggiormente – per la lucidità mentale e la sicurezza che dimostra nel battere quel rigore. Se osservate bene, la sua non è una rincorsa; è – piuttosto – una passeggiata che si conclude con il gol del 2 a 1 definitivo e la classica frase del telecronista “palla da una parte e portiere dall’altra”. Ma chi è Franck Kessié?
BRUCIARE LE TAPPE – Franck è un ragazzo africano, della Costa d’Avorio, che ha bruciato le tappe in tutti i campi della vita, anzi, ha bruciato le tappe nella sua stessa vita. Nei paesi come Ouragahio (dove Kessié è nato) e Abidjan (dove invece è cresciuto, soprattutto calcisticamente) devi maturare per forza prima. La maturazione nei paesi africani è qualcosa di talmente naturale che i ragazzi non ne sono nemmeno consapevoli. Si ritrovano giovanissimi a svolgere mansioni che per i ragazzini delle nostre realtà sono considerate “da grandi”. Se un ragazzino europeo sogna di diventare come Cristiano Ronaldo ha la possibilità di impersonificarsi nel portoghese giocandoci alla playstation; uno africano magari sogna la stessa cosa (bisogna anche vedere se è a conoscenza dell’esistenza di Ronaldo) ma senza possibilità né di vederlo giocare in televisione, né di giocarci alla playstation. Questo perché deve lavorare per mantenere la famiglia, deve studiare per crearsi un futuro e perché – molto più semplicemente – non ha televisione e playstation. In Africa – e soprattutto in Costa d’Avorio – i ragazzini che giocano per strada crescono con il culto di Yaya Touré, considerato il più grande giocatore della storia africana. Kessié non poteva essere da meno: lo segue, cerca di imitarne i movimenti, è ambizioso proprio come Yaya. Sa che “il calcio” – come diceva Cruyff – “si gioca con il cervello”, e l’intelligenza tattica, la concentrazione, la lucidità di Franck sono la dimostrazione che l’insegnamento della leggenda olandese è perfettamente integrato nel suo essere.
UN’INFANZIA COMPLICATA – Franck Kessié ha avuto un’infanzia poco felice. Il padre era un poliziotto rispettato ma, un giorno, a casa è arrivata una brutta notizia che ha segnato Kessié ed ha influito pesantemente sulla sua psicologia e nel raggiungimento di quella maturità di cui si è parlato sopra. Il padre di Kessié ha perso la vita quando Franck era in tenerissima età e ben presto, crescendo, il peso della famiglia è gravato sulle sue spalle. Il gioco del calcio gli è piaciuto fin da subito, ha sempre nutrito una certa ammirazione verso quella palla di stracci che rotola senza un apparente motivo sulla terra rossa di un campo da calcio rudimentale. Nei tornei organizzati tra quartieri tutti vogliono Kessié, anzi, Morgan (è così che veniva chiamato).
COGLIERE L’ATTIMO – Poi, all’improvviso, il famoso treno che passa una volta sola nella vita si ferma proprio davanti a Franck e a guidarlo è un altro Franck, un certo Franck Djedje, zio di Kessié e consigliere personale. È da questo incontro che Kessié è diventato quello che conosciamo oggi. Attraverso numerosi contatti scala “il monte del calcio”, gioca in squadre sempre di livello maggiore e raggiunge le giovanili della nazionale ivoriana. Il nome di Franck Yannick Kessié diventa sempre più conosciuto sia nell’ambiente africano, sia in quello extra-africano. All’orizzonte c’è l’Italia ad aspettarlo e, ovviamente, l’Atalanta, storicamente la società con il miglior vivaio italiano e uno dei migliori in Europa. Il primo anno va in prestito a Cesena “per farsi le ossa” e la differenza con i pari età della serie cadetta inizia a prendere dei contorni a volte anche imbarazzanti. La squadra nerazzurra ingaggia come allenatore Gasperini, un maestro nel favorire la crescita di giovani calciatori e Kessié si aggrega alla prima squadra. L’impatto con la serie A è devastante, doppietta e personalità nello stile di gioco da fuoriclasse.
Kessié, fino a questo momento, ha segnato ben cinque gol in campionato ed ha aiutato notevolemente l’Atalanta ad essere, per il momento, la sorpresa della competizione. È una colonna portante del centrocampo orobico e delizia gli spettatori con tocchi che sono sì semplici, ma di un’eleganza sopraffina. Godiamoci questo gioiellino, le sue giocate, la sua tranquillità, i suoi calci di rigore perché così, un giorno, quando Kessié diventerà uno dei più grandi centrocampisti europei, potremo dire di essere stati testimoni della nascita di una stella.
Giuseppe Gerardi