Ultimo aggiornamento 5 Novembre 2016 10:59 di
Durante la festa di Halloween, siamo tutti pronti a ricevere le citofonate da parte di ragazzini scalmanati con il loro urlante, giocoso e festoso “Dolcetto o scherzetto?“. In questo clima pazzo, sospeso tra streghe, zucche, fantasmi e follie di ogni genere, un pensiero, una volta riposte le decorazioni nello scantinato, è affiorato; la voglia di costruire un “team pazzo“, convocando i giocatori più folli e facendoli guidare dall’allenatore “loco” per eccellenza.
Unica restrizione: tutti, rigorosamente, sudamericani. Sangre y alma y locos.
Il nome della squadra deve essere Locos Club de Futbol, così da far capire la matrice latina del club. Per il nome dell’allenatore a cui affidare questa squadra con un quoziente di follia medio non lontano dal manicomio di Arkham, la scelta non è stata difficile: Marcelo Bielsa, con le sue idee di gioco e i suoi moduli bizzarri, ma vincenti, si è subito guadagnato la panchina del Locos C.F.. La parte difficile è stata scegliere il modulo: tra 4-2-3-1. 4-2-4 e soprattutto l’incredibile 3-3-3-1 adottato a Marsiglia, la scelta è ricaduta sul classico 4-2-3-1.
Partiamo dunque dal ruolo cardine in una squadra di pazzi, la porta: il ruolo, in questa squadra, è chiave sia perché Bielsa è abituato a prendere diversi gol, sia perché con una difesa di pazzi rigori e punizioni saranno all’ordine del giorno, quindi bisognerà avere un qualche “top” di reparto.
La scelta è stata durissima, basti pensare ai due grandi scartati: José Luis Chilavert, il portiere goleador paraguayano, e Jorge Campos, il messicano dalle maglie improbabili negli anni ’80-’90. La scelta è ricaduta sul celebre René Higuita: forse il più forte tecnicamente sarebbe stato Chilavert, ma la voglia di vedere uno “scorpione” su un 2-1 al 90° è stata troppo forte.
La linea di difesa a 4 è stata la più difficile da creare, poiché spesso e volentieri sono passati per “pazzi” solo giocatori che erano in realtà dei macellai incredibili. Volendo restare ancorati solo sulle follie dentro e fuori dal campo, tre quarti della difesa appartiene alla nostra epoca (o a quella recentissima).
Il terzino destro è infatti Dani Alves, che è l’emblema della follia social, come ha mostrato nei primi mesi a Torino: balli tribali con la moglie, parrucche, vestiti a dir poco “improbabili” e soprattutto quello sguardo da matto che sembra possa schizzare (e realizzare un gol) da un momento all’altro.
Al centro della difesa ci sono un giocatore contemporaneo e una “chicca” direttamente dagli anni ’60-’70: il giocatore più pazzo (e incredibilmente romantico) della storia sudamericana, stando a una classifica stilata da France Football, è Ramon Aguirre Suarez, sconosciuto ai più ma con una storia da raccontare; roccioso difensore centrale dell’Estudiantes che vinse, in 4 anni, un campionato argentino, 3 Coppe Libertadores consecutive, una Coppa Interamericana e una Coppa Intercontinentale (ai danni del Manchester United), Suarez è stato arrestato insieme a tutta la sua squadra per la condotta di gioco troppo aggressiva tenuta nella finale di ritorno della Coppa Intercontinentale 1969, giocata contro il Milan.
Cosa era successo? Uno degli autori del 3-0 con cui il Milan vinse a San Siro l’andata, era Nestor Combin, un argentino considerato in patria un traditore sia per aver disertato il servizio militare sia per aver scelto la nazionalità francese al posto di quella sudamericana. La finale di ritorno si giocò a Buenos Aires in un clima surreale: caffè bollente gettato sopra i giocatori del Milan, pallonate, ma soprattutto la condotta di gara incredibilmente violenta.
Pur essendosi portati sul 2-1 (grazie ad un gol proprio di Aguirre Suarez), l’Estudiantes continuò la sua caccia all’uomo, finché “il nostro” con un colpo del gomito ben assestato, non fratturò naso e zigomo del povero Combin, che una volta soccorso fu addirittura prelevato dalla polizia accusato di diserzione, rischiando addirittura il carcere.
Carcere nel quale finirono, per violenza, ben tre giocatori dell’Estudiantes: il portiere Poletti e i due centrali, Manera e Aguirre Suarez. La pena carceraria fu poi convertita in squalifica: Poletti ottenne la radiazione, Manera 20 giornate mentre Aguirre 30 giornate.
Per il compagno di reparto la scelta iniziale stava per ricadere su Pepe, ma essendo in fin dei conti portoghese, si è dovuto trovare un sostituto, individuato poi in Gonzalo Jara, bravo sia tecnicamente che “caratterialmente”, con una capacità incredibile di infastidire gli avversari (chiedere a Cavani).
A chiudere, sulla fascia sinistra, una vecchia conoscenza del nostro calcio: Juan Manuel Vargas, soprannominato El Loco sia per le splendide giocate in campo sia per alcuni colpi di testa, come ad esempio il mancato pagamento dell’affitto, uno dei motivi per cui da Firenze è stato poi mandato in Spagna, e un “rapimento” compiuto ai danni di un bambino durante un allenamento del Perù: consegnatogli l’infante da parte di una coppia di genitori, Vargas ha tentato una fuga, senza alcun intento criminale ovviamente, facendo però saltare le coronarie ai poveri coniugi.
La linea mediana del campo vede la presenza di due colombiani: il primo è Gerardo Bedoya, un uomo capace di collezionare la bellezza di 41 cartellini rossi in carriera. Tutti, tra l’altro, molto spettacolari, come quello ottenuto nel 2003 in seguito ad una ginocchiata alla nuca di un avversario o quello del 2005, che vide la combinazione di una testata seguita da un pugno allo stomaco del malcapitato giocatore.
Se Bedoya è l’addetto a far legna (ammesso che termini la partita) il giocatore tecnico è indiscutibilmente Carlos Valderrama, considerabile come “Loco” sia per le finte strepitose durante le sue giocate, che fecero gioire tutta la Colombia durante la sua carriera, sia, soprattutto, per il suo look piuttosto eccentrico, con quei riccioloni biondi a fare di lui “il Gullitt biondo“.
Sulla trequarti, i tre a sostegno della punta sono tutti nomi noti: il primo è quello di Faustino “Tino” Asprilla, attaccante noto soprattutto per il suo stile di vita selvaggio, connotato da relazioni amorose decisamente “spinte” e un temperamento che lo ha portato spesso a mettersi nei guai, tra armi e risse; il trequartista non può che essere Edmundo, anche lui vecchia conoscenza del nostro calcio, reo di aver fatto perdere uno scudetto alla Fiorentina lasciando la squadra per due settimane, così da poter partecipare al Carnevale di Rio, festa che “O Animal” amava tantissimo; ultimo, ma non per questo meno importante, Luis Suarez. La foto basterà per capire dove stia la follia di uno dei centravanti più forti di sempre.
Anche scegliere la punta non è stato affatto semplice (secondo France Football, infatti, la punta più pazza è stata Dada Maravilha, un brasiliano in sovrappeso che mise a segno un migliaio di gol tra i professionisti), ma alla fine la scelta è ricaduta su Mauricio Pinilla. Perché è giusto che una squadra che è iniziata con uno scorpione, finisca con una rovesciata. Perché è giusto che una squadra pazza non abbia nulla di normale. Perché alla mediocrità della perfezione, preferiamo la genialità dell’errore.