Ultimo aggiornamento 21 Ottobre 2016 10:34 di admin
Ci sono giocatori che fanno la fortuna dei propri club. Ce ne sono altri che ne fanno la loro disgrazia. E ci sono anche quelli che la sfiga, nel vero e proprio senso del termine, la attirano a se stessi come le calamite, spesso espandendola anche ai poveri disgraziati che girano intorno a loro. Ma la sfiga può colpire in tanti modi, e non c’è possibilità di prevederla: la sfiga è bastarda, gode nel far soffrire il prossimo. Nel calcio questa peculiarità ha colpito molto spesso uomini e società, proviamo ad analizzare alcuni di questi protagonisti del football con cui la sfiga ha avuto a che fare.
DAVID N’GOG
Ci si aspettava molto dal cugino di Boumsong, quando da giovane calpestava l’erba del Parco dei Principi. Doveva essere un talento dotato di un buon fisico, buona tecnica e un buon fiuto del gol. La sua carriera però dice altro: spesso insultato dai telecronisti per le sue imbarazzanti prestazioni, N’Gog ha avuto difficoltà in ogni squadra in cui ha militato. Dati alla mano, averlo in squadra significa non raggiungere gli obiettivi, o peggio ancora retrocedere e fallire (vedi Bolton); venderlo significa tornare ad antichi splendori o rialzare la testa (come dimostrano i casi di Paris Saint Germain e Liverpool). Adesso si trova in Grecia, paese che ha un certo feeling con le crisi economiche e sfighe di ogni genere.
JOELSON
Oltre ad essere scarso e sopravvalutato, Joelson ha avuto a che fare con uno dei tanti processi sul calcioscommesse, rimediando due anni di stop forzato. Durante la sua carriera non ha mai sfondato, restando sempre in un anonimato neutro tra serie B e C (e un anno non male in A con la Reggina). Il caso vuole, però, che le squadre in cui ha militato (o almeno una buona parte di loro) falliscono o retrocedono. Pergocrema, Pisa, Grosseto, Pavia, Albinoleffe, Siena e Reggina ne sanno qualcosa. Curiosità: negli anni di Grosseto (col fido Carobbio a centrocampo), Joelson si procura un infortunio che lo toglie dai campi per circa quattro mesi. In quel periodo il Grosseto è in testa alla classifica. Dopo il suo ritorno, i biancorossi crollano ed escono dalla zona playoff. Solo sfiga?
SIMONE PEPE
Una volta Elio Corno disse di lui: “Se fossi il Pepe del Real Madrid lo denuncerei per diffamazione.” Il povero Simone però non era così scarso come tutti pensavano, aveva solo bisogno di qualcuno che credesse in lui. Verrà ricordato soprattutto per il gol sbagliato contro la Slovacchia ai mondiali 2010 e per i tantissimi infortuni patiti. Ha vinto scudetti guardando la sua squadra in tv, e negli ultimi anni sembra sparito nel nulla. Con la sua grinta e la sua rabbia, poteva dare certamente di più. Se solo avesse retto il suo fisico negli anni juventini…
AARON RAMSEY
Si dice, quando qualcosa accade di rado, che essa avviene “ogni morte di papa”. Il buon Aaron Ramsey, quando segna, non pretende che muoia il Pontefice: si accontenta che sia abbastanza famoso. La lista è lunga e imbarazzante: per correttezza è giusto dire che sono più i gol fatti dei vip deceduti in seguito. Ma dopo Steve Jobs, Paul Walker, David Bowie, Robin Williams… la sedicente maledizione che ha “colpito” uno degli autori della rinascita del calcio gallese si farà avanti o lascerà che il povero Ramsey possa segnare tranquillo, lasciando tutti (Aaron compreso) in santa pace?
ROBERTO BARONIO
Agli europei Under 21 di Slovacchia 2000, l’Italia (vittoriosa) mette in regia due prospetti da cui ci si aspetta davvero tanto: uno si chiama Andrea Pirlo, l’altro Roberto Baronio. Uno ha vinto Champions e Mondiali, l’altro… no. Poteva fare una carriera decisamente più elevata Roberto, dotato di un buon piede e di carattere, ma la sfiga ci è andato pesante con lui: tra infortuni, concorrenza, Gaucci che lo mette fuori rosa “perchè sfortunato”, si è dovuto accontentare di quello che passava. Si è tolto soddisfazioni, ma ha l’amaro in bocca, con obiettivi sfumati, coppe perse, retrocessioni e pure due fallimenti nelle squadre in cui ha militato (Fiorentina e Atletico Roma). Un vero peccato.
FRANCESCO MORIERO
Se ne può solo parlare bene come calciatore, in quell’Inter con Baggio, Djorkaeff e Ronaldo. Se ne parla ancor meglio come persona. Ma come allenatore, la sua sfiga sembra senza limiti: conta più esoneri che squadre in cui ha allenato. Il massimo lo ha raggiunto nella sua amata Puglia: con un Lecce più che attrezzato per andare in serie B, Checco rimedia zero punti in quattro partite. Inutile dire che fu esonerato. A Martina Franca, invece, riesce nell’impresa di allenare la squadra senza mai scendere in campo: l’avventura finì due giorni dopo la firma del contratto.
VRATILAV GREŠKO
Spesso quando si pensa ad un giocatore scarso, o peggio “sciagurato” si pensa a lui. La prima cosa che viene in mente è il 5 maggio 2002, il match decisivo contro la Lazio in cui lo slovacco diede “il meglio di sè”. Ma sarebbe ingiusto parlare solo delle sue scarse doti; Vratislav è anche sfigato: due campionati persi all’ultima giornata, retrocessioni, disastri in ogni dove, infortuni che hanno “limitato” le sue prestazioni… e volendo essere maligni, aggiungiamo che dopo l’addio alla nazionale, la Slovacchia è riuscita a qualificarsi per la prima volta ad un mondiale. E’ davvero troppo per lui, anche se ha un cuore d’oro.
EMERSON
Ci sono strane storie su di lui se si gira un po’ il web, alcune un po’ cattive e gratuite ad essere sinceri. Col fido Gresko perde il campionato all’ultimo in quel di Leverkusen, e anche alla Roma ne perde uno all’ultima giornata. Si infortuna prima dei mondiali 2002 giocando a fare il portiere e il Brasile porta a casa la coppa. Fa molto bene nel biennio alla Juve, ma arriva calciopoli, e viene spazzato via tutto. Torna alla ribalta ai mondiali 2006 con un Brasile sulla carta stratosferico, ma i verdeoro deludono ed escono mestamente ai quarti. Ci sono altre curiosità pro-sfiga sul puma, come partite che si risolvono quando lui esce, altri che perdono quando vengono a contatto con lui… ci accontentiamo così.
TOMÁŠ ROSICKÝ
La Repubblica Ceca poteva scendere in campo con davanti un fantastico quartetto composto da Poborsky, Nedved, Rosicky e Baros. Nei minuti finali, se proprio non entrava dentro, cross in mezzo e ci pensavano i due metri di Ian Koller. In porta Cech. Che storia! Peccato che quella nazionale non sia andata mai come avrebbero sperato, e anche la carriera del talentuoso Tomas, tutto tecnica e istinto, non abbia mai girato nel verso giusto. I suoi muscoli di cristallo gli hanno fatto perdere tanto, e le squadre in cui ha giocato hanno sempre palesato qualche difficoltà, sia tecnica che finanziaria. Ma a 36 anni, col cuore di un ventenne, Tomas è ancora in campo. Perchè la sfiga forse non si può battere, ma neanche la voglia di pallone morirà mai.
ALEXANDRE PATO
Doveva essere uno dei più grandi attaccanti della storia. Invece è stato un flop. Eppure sembrava che tutto fosse predisposto per una carriera al top: grande tecnica, grande velocità, gran tiro. Ma la sfiga era lì dietro: ogni due passi si strappava un muscolo. E piano piano hanno cominciato ad odiarlo tutti, facendolo diventare un Calimero rinnegato da tutti, specialmente dal presidente del Corinthians. Sembrava che non ne azzeccasse una neanche se pregava in aramaico antico. Oggi però, si trova nel Villareal e sembra che possa tornare a fare bene: a 27 anni non è ancora troppo tardi per battere la sfiga.