Ultimo aggiornamento 6 Ottobre 2016 15:06 di
Se vuoi fare il calciatore e anche tuo padre lo è stato non puoi sfuggire al paragone. Se tuo padre si chiama Diego Simeone, il tutto si complica. Appena entri in una scuola calcio vieni etichettato, diventi “el Cholito”. Gli occhi e i riflettori sono puntati su di te, tutti si aspettano un passo falso per darti contro e mettere in luce la poca meritocrazia presente nel mondo del pallone. Di fronte hai due possibilità: cadere davanti alle critiche o fare un bel respiro, mantenere la calma e andare avanti a testa alta. Gio, come vuole essere chiamato, ha scelto la seconda e finora il rapporto presenze/gol è dalla sua parte.
IL CHOLISMO- Su Diego Simeone c’è poco da dire, o da aggiungere. Campione in campo e in panchina. Autore di un’autentica rivoluzione tattica, il cuore prima del gioco. La voglia di affermarsi sputando sangue, dando sempre il massimo in ogni partita, aspettando il momento giusto per colpire, come un cobra. Giovanni, al contrario, ha un’intera carriera per far parlare di sé. Senza paragoni, grazie. Una richiesta legittima, se non fosse che in lui scorre la stessa grinta del Cholo, se non fosse che le carriere sono iniziate in modo pressoché uguale, allora sarebbe più corretto dire senza pressioni, grazie. Facile da notare la somiglianza, una grinta fuori dal normale per un attaccante. Corsa e tenacia le migliori qualità, neanche a dirlo. L’esempio lampante? Bologna-Genoa, Gio prende palla sull’out di sinistra, dribbla un difensore, resiste alla carica di Maietta mandandolo a terra e poi scarica un destro potentissimo che si stampa sul palo. Diego, con la Lazio, fece un’azione simile finalizzando anche. Lo spirito, la filosofia, la garra, la determinazione, il cholismo tramandato da padre in figlio. Un prezioso regalo da custodire gelosamente.
I PRIMI PASSI IN ARGENTINA- El Cholo, nel 2008, viene nominato allenatore del River e nello stesso anno Gio entra nelle giovanili. Rimane nella cantera dei “Milionarios” per cinque anni, grazie anche a una scelta di cuore del padre che preferisce farlo crescere autonomamente. L’anno che segna la svolta, per tutti e due s’intende, è il 2012. Diego fa le fortune dell’Atletico vincendo Europa League e Supercoppa Europea, mentre il figlio sigla 22 reti in 26 presenze con le giovanili e conquista la convocazione in prima squadra. I Simeone hanno fame di risultati. Con i più grandi c’è poco spazio, in due anni riesce a segnare due gol in campionato e due in coppa sudamericana senza lasciare il segno. A 10.044,58 chilometri di distanza il Cholo soffia la Liga alle due squadre più forti al mondo e riesce ad arrivare in finale di Champions. La mole di pressioni a cui è sottoposto Gio si fa troppo pesante, è meglio cambiare aria. Nel 2015 avviene il passaggio in prestito al Banfield, squadra di metà classifica senza troppe pretese. Lì scatta qualcosa, tra il giusto feeling con l’allenatore e il calore del pubblico. Gli viene data una chanche, la continuità, e l’occasione di togliersi qualche sassolino dalla scarpa. Occhi puntati su di lui, la gente vuole sapere se sarà come il padre, i giornali non lo lasciano stare, ogni mese viene accostato a qualche squadra europea, ogni gol fa scalpore, una situazione quasi impossibile da gestire per un ragazzo. Gio, però, ha qualcosa in più. Tira fuori il meglio di sé e va a referto 12 volte in 31 presenze. Il dubbio si comincia ad insinuare fra gli addetti ai lavori, che sia veramente forte il figlio di Simeone?
SULLE ORME DEL PADRE- A ventisei anni di distanza la carriera di Giovanni si incrocia con quella di suo padre, entrambi volano dall’Argentina in Italia. Nel Pisa si intravidero le qualità del Cholo, a soli 20 anni era un leader in campo. Tra le tante ne spiccava una: la voglia di emergere e nello sguardo del figlio si vede chiaramente l’anima del padre, lo spirito di sacrificio, in una parola la garra. A ventisei anni di distanza un altro Simeone è tornato in Italia, in una piazza magnifica come Genova, sponda rossoblù. Alla prima da titolare, in uno degli stadi più caldi d’Europa, ha demolito la porta sotto gli occhi dei suoi tifosi facendo dimenticare, per qualche istante, quel Pavoletti tanto amato. Nella partita seguente si è ripetuto regalando 3 punti ai suoi, grazie al gol vittoria contro il Bologna. I numeri parlano per lui: “In due partite ho segnato due gol fondamentali. Non sono “el Cholito”, chiamatemi Gio“.