Ultimo aggiornamento 4 Ottobre 2016 12:56 di admin
Troppo spesso si sente la necessità di fare qualcosa per il settore giovanile italiano, che negli ultimi anni ha evidenziato alcune inclinazioni che hanno poco a che fare con la crescita dei ragazzi e lo sviluppo delle loro passioni. Le apprensioni eccessive dei genitori e le contaminazioni economiche di questo spazio (che dovrebbe essere riservato al coltivare le qualità calcistiche quanto quelle umane) sono tangibili non solo nei settori giovanili dei grandi club, ma anche a livello locale, dove capita che gli allenatori mirino esclusivamente a fare risultato facendo scadere alcuni principi etici che dovrebbero essere seguiti per educare degli uomini.
NON SOFFOCHIAMO L’ENTUSIASMO – Le pressioni dovute agli investimenti economici delle società ricadono sulla qualità della preparazione e il rischio che comporta questo fenomeno è quello di soffocare l’entusiasmo e le motivazioni di alcuni ragazzi. Si ricorda, in proposito, il caso più recente e mediatico di Cardelli, giovane laziale che si è sfogato sui social in seguito alla decisione di abbandonare il suo sogno.
Fortunatamente c’è chi ha ancora a cuore la purezza di questo sport, infatti nel gennaio 2016 al Mapei Stadium è stato presentato il progetto: “Sassuolo Calcio e La Giovane Italia: un nuovo modello per crescere giocando”. Nato grazie al Sassuolo Calcio, ispirato dai principi della rubrica di Paolo Ghisoni e dal libro “Il calcio e l’isola che non c’è” di Ezio Glerean, si tratta di un progetto che ha l’intento di rivoluzionare la cultura sportiva odierna. Ciò che muove questa nuova associazione è il bisogno di formare un ragazzo piuttosto che insegnargli esclusivamente a tendere verso il risultato.
AUTOGESTIONE – L’intervento dell’ex allenatore del Cittadella Glerean è fondamentale, poiché nel suo libro espone, oltre a innumerevoli considerazioni sugli aspetti valoriali del calcio moderno (giovanile e non solo), un decalogo, che sarà seguito nel progetto, i cui punti cardine si possono riassumere così: l’obiettivo è condurre il ragazzo all’autogestione dentro e fuori dal campo. Davanti al risultato c’è l’etica e il divertimento e l’allenatore deve stimolare la competizione interna, incentivando il buon risultato con premi, piuttosto che punendo nella sconfitta.
Autogestione, avete capito bene, i ragazzi non convocati fanno la formazione seguendo i principi meritocratici che il progetto mira a trasmettere loro. L’allenatore si siede sugli spalti durante la partita, perché, come ha detto durante la presentazione Giovanni Morselli, che per primo sta applicando questi metodi in Italia con gli esordienti 2004 del Sassuolo, “la vera partita, per i ragazzi, è in settimana”.
Un segnale non da poco, che lascia ben sperare e ci si augura possa aprire la strada ad altri progetti del genere, che mirino a restituire al calcio quella semplicità pura che ha fatto innamorare gli appassionati.