Se c’è un allenatore che tutti i tifosi di tutte le squadre del mondo vorrebbero avere sarebbe senza ombra di dubbio Jürgen Klopp. Il perché? Semplicemente è fuori di testa. Pazzo. E le squadre che ha allenato sono esattamente come lui, pazze, senza ragione alcuna. E incutono timore negli avversari. Per capire al meglio la follia di quest’uomo leggete queste parole che lui stesso disse quando allenava il Mainz: “Portammo la squadra su un lago in Svezia, dove non c’era energia elettrica, dormimmo in tenda e senza cibo. Dovevamo pescarcelo. Gli altri preparatori mi dicevano che dovevamo giocare a calcio. No. Volevo che la squadra sentisse di poter sopravvivere a qualsiasi cosa. Il mio vice pensava che fossi un idiota. È stato fantastico: eravamo come Braveheart. Arrivammo in Bundesliga e tutti trovavano incredibile quanto fossimo forti”. Che vi avevo detto? Jürgen Klopp è un pazzo. Ma la sua è una follia positiva, nel senso che porta dei frutti: una dimostrazione ne è il fatto che assume l’incarico di allenatore del Mainz quando la squadra era nella seconda divisione tedesca, la porta in Bundesliga e successivamente in Coppa UEFA.
DISTRUGGERE L’AVVERSARIO – Oppure pensate al Borussia Dortmund e alla stagione 2012-13, l’annus mirabilis in cui i gialloneri hanno raggiunto la finale di Champions League annientando lettaralmente in semifinale il Real Madrid, non proprio una squadra qualunque. Quel Borussia è entrato nel cuore di tutti proprio perché incarnava lo spirito del suo allenatore. I giocatori erano pronti a scendere in campo e dare la loro stessa vita pur di vincere. Una squadra pazza ma tremendamente bella da vedere. La sera in cui il Borussia battè il Real per 4-1 resterà per sempre nella storia del calcio. La squadra andava a mille all’ora, tutti sapevano esattamente cosa fare e le Merengues erano completamente in balìa dell’avversario. Il soprannome dei calciatori del Dortmund è Le Vespe per la caratteristica maglia giallo-nera che ricorda questi insetti. Quando le vespe attaccano un nemico lo fanno pungendolo con un grosso pungiglione che hanno sull’addome, in questo modo liberano un veleno che ha lo scopo di attirare tutte le altre vespe che accorrono per annientare definitivamente la preda. Quella sera, il Signal Iduna Park rappresentava un enorme alveare che sembrava pronto ad esplodere, un alveare in cui le vespe avevano catturato una preda così grande, così importante, così prestigiosa che continuavano instancabilmente a pungere per tutto l’arco della gara. Tutto il Muro Giallo, tutto lo Stadio, tutta Dortmund assalirono il Real Madrid distruggendolo. Il tutto gestito dalla vespa regina: Jürgen Klopp.
BATTERE I PIU’ FORTI – “Il mio calcio è heavy-metal. C’è chi dirige la squadra come un’orchestra. Fanno possesso palla, passaggi giusti, ma è come una canzone silenziosa. A me piace vedere il pallone di qua, di là, i tuffi dei portieri, pali, traverse, noi che voliamo dall’altra parte”. Questa è sicuramente una definizione del calcio che vuole Klopp molto più incisiva e diretta rispetto alle noiose analisi tattiche. In questa definizione c’è tutta l’essenza di questo tecnico. Quella finale di Champions League il Borussia non la vincerà, sarà il Bayern a trionfare ma nulla cancellerà quella squadra dalla storia del calcio. Klopp è una degli allenatori più bravi del panorama calcistico internazionale ma – nonostante ciò – non ha ancora allenato una superpotenza. Attenzione, questo non significa che le grandi squadre non l’abbiano cercato, la spiegazione l’ha data direttamente lui: «Mi hanno cercato tanti Top Club. Ma possono risparmiare sulle telefonate. Non lavoro per guidare la squadra migliore al mondo. Lavoro per poterla battere». Chiaro? Troppo facile vincere se sei seduto sulla panchina di una squadra superblasonata pronta a spendere cifre astronomiche sul mercato. Anzi, è quando batti questo tipo di squadre che allora ti si riempie il cuore di orgolio e capisci quello che realmente sei e quello che sta succedendo.
ROMANTICISMO – Klopp è un duro, certo, lo si vede, si capisce a vista d’occhio, ma è anche capace di emozionarsi. È un romantico e due volte si è lasciato andare alle lacrime: la prima volta quando lasciò la sua squadra, il Mainz, per poi andare al Borussia; la seconda volta quando Kagawa si trasferì dal Dortmund al Manchester United. Questo lascia intendere come Jürgen sia un uomo di sani principi, sentimentalista, affezionato a quello che fa e alle persone che lo circondano. Memorabile è ciò che i tifosi del Borussia hanno fatto al suo addio: un enorme striscione con su scritto – semplicemente – DANKE JÜRGEN. Grazie. Grazie per averci fatto sognare, per averci fatto ridere, per averci fatto piangere, per averci emozionato. Grazie per averci fatto assaporare sentimenti che vanno oltre il gioco del calcio, che toccano cime di romanticismo così alte da non poterle descrivere.
YOU’LL NEVER WALK ALONE – Ironia della sorte, Klopp dopo il Borussia è andato ad allenare il Liverpool, altro club circondato da un’aura quasi mistica, e che ha come inno You’ll Never Walk Alone, lo stesso del Borussia Dortmund. Per un altro scherzo del destino, la tesi di Laurea di Jürgen era intitolata “Walking”. Ed è un titolo emblematico per una figura come Klopp, perché è sempre andato avanti per la sua strada, ha sempre camminato a testa alta fregandosene del giudizio degli altri. Allora, rifacendoci all’inno di Dortmund e Liverpool, le squadre di Klopp, possiamo dire a questo pazzo scatenato: Jürgen, You’ll Never Walk Alone.
Giuseppe Gerardi