Ultimo aggiornamento 12 Giugno 2016 8:50 di
Irish blood, English heart / This I’m made of / There is no one on earth I’m afraid of / And no regime can buy or sell me
Così cantava, qualche anno fa, Morrissey, leader degli Smiths negli anni ’70 e ’80. La sua era una condizione particolare, in quanto figlio di una irlandese ma nato e cresciuto a Manchester. La stessa condizione di molti degli abitanti dell’Irlanda del Nord, irlandesi a tutti gli effetti ma sostanzialmente britannici. Una situazione che ha suscitato guerre, terrorismo, odio viscerale verso la corona.
Un popolo abituato alla lotta, al conflitto, alla divisione. Un popolo la cui storia recente è segnata dagli anni sanguinolenti, dagli scontri tra l’IRA (Irish Republican Army) e l’esercito regolare britannico. L’episodio arcinoto, ricordato anche dalla canzone degli U2, è il Bloody Sunday, quando l’esercito sparò tra la folla dei manifestanti a Derry, causando la morte di 14 persone. Era il 30 gennaio 1972.
Nel frattempo, proprio a Manchester, uno dei grandi idoli del calcio inglese e mondiale stava regalando le ultime gioie della sua carriera. George Best, in crisi come il suo United, aveva infatti più volte minacciato il ritiro, senza mai dare seguito al suo proposito. Coinvolto in scandali, minacce di morte, festini al limite del legale, l’asso nativo di Belfast venne poi mandato via dai Red Devils il 4 Gennaio 1974. Lo United retrocesse l’11 maggio dello stesso anno.
Best iniziò a fare il giramondo: giocò ancora in Inghilterra, in Irlanda, negli USA, in Scozia, addirittura ad Hong Kong, prima di chiudere la carriera al Tobermore, nella sua Irlanda del Nord. Curiosamente, non giocò mai un Mondiale con la sua nazionale, che riuscì a qualificarsi solo esattamente prima del suo ingresso nel calcio che conta (Mondiali di Svezia 1958) ed esattamente dopo il suo ritiro dal calcio professionistico (Mondiali di Spagna 1982) e dopo il suo definitivo ritiro (Mondiali del Messico 1986).
A fronte delle tre partecipazioni mondiali, questo è il primo europeo per il Green & White Army, che in un girone a dir poco proibitivo (Germania, Polonia e Ucraina) dovrà fare veramente un miracolo per arrivare agli ottavi di finale. La squadra stessa ha un valore medio molto basso: solo 5 giocatori su 23 vengono dalla Premier League, e solo due da squadre di prima fascia: si tratta del capitano Steven Davies (Southampton) e del giovanissimo Paddy McNair (Manchester United).
Il CT O’Neill spera di poter rendere fiero il suo popolo, anche se l’impresa sembra davvero impossibile. Tuttavia, questa squadra ha superato agilmente il girone di qualificazione, sfruttando la crisi generazionale della Grecia e mettendosi alle spalle tutti, anche la Romania (che nella prima partita ha ben figurato contro la Francia padrona di casa) e l’Ungheria; inoltre nel 2016 non ha mai perso, ha anzi ottenuto due vittorie (contro Slovenia e Bielorussia) e due pareggi (Slovacchia e Galles). Staremo a vedere se Kyle Lafferty, ex attaccante del Palermo, e i suoi compagni riusciranno nell’impresa di arrivare agli ottavi.
Formazione tipo: 5-3-2, McGovern; McNair – Cathart – Evans – McAuley – Ferguson; Baird – Davies – Norwood; Lafferty – Ward