“Ogni volta che pensate di non farcela, riflettete su quando un giovane Bruno veniva scartato ai provini perché basso e troppo gracilino”. Bruno Conti
Bruno Conti è senza dubbio uno dei giocatori e degli uomini più iconici del calcio italiano anni 70 e soprattutto 80. Il sette per eccellenza, legato indissolubilmente alla maglia della Roma e all’Italia Campione del Mondo del 1982. Nella Serie A di Maradona, Zico e Platini, lui nato a Nettuno e ribattezzato dai tifosi giallorossi “MaraZico” rappresentava il talento più puro italiano di quegli anni.
Nella sua autobiografia scritta insieme al giornalista Giammarco Menga “Un gioco da Ragazzi“, edito da Rizzoli, Bruno Conti si racconta e ci racconta l’uomo oltre il rettangolo verde attraverso gli anni più belli e suggestivi del nostro calcio, visto dagli occhi di un uomo che nonostante la grande carriera e il sublime talento, non ha mai dimenticato le proprie origini e la parte più semplice e genuina della vita facendoci rivivere un calcio e un’Italia che non esiste più.
Giammarco Menga ci ha raccontato il viaggio dietro alla scrittura di un libro come questo e di come sia possibile raccontare un uomo come Bruno Conti:
“Sono riuscito a contattare Bruno grazie a Matteo Vespasiani, speaker dell’Olimpico e mio concittadino aquilano. Quando gli ho presentato il progetto sono riuscito a convincerlo non solo a raccontare il calciatore, quello lo conoscono tutti, ma a parlare dell’uomo“
“Il periodo di scrittura è stato fatto di tante cene e lunghe telefonate, non solo con Conti ma con tutti quelli che hanno conosciuto l’uomo Bruno. Parlare con lui del calcio di una volta e di come e quanto sia cambiato il rapporto con questo sport è stato fantastico”.
“Per me è stata una sfida doppia non avendo vissuto quell’epoca direttamente, ho avuto il privilegio di assaporarla attraverso i suoi occhi e non solo. Personalmente è stato un doppio lavoro di scoperta, ho avuto la possibilità di parlare con alcuni guru del giornalismo italiano come Alberto Cerruti della Gazzetta dello Sport e in ambito familiare ho conosciuto tutti gli amici storici della sua città natale Nettuno, luogo che non ha mai abbandonato e dove tutt’ora vive con tutta la famiglia“.
“La cosa che più mi ha sorpreso è scoprire che il sogno di quel grande campione da bambino, non era quello di vincere un Mondiale, quel bambino sognava solo di giocare a pallone, era un talento innato, più forte di lui che non si fermava nonostante le bocciature per il fisico considerato troppo esile che alla fine sarà uno dei punti forti di tutta la sua carriera“.
This post was last modified on 29 Dicembre 2022
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