Ultimo aggiornamento 9 Dicembre 2022 13:31 di Daniele Morico
Non solo le intercettazioni legate alla Juventus: la magistratura si sta muovendo da settimane anche per quel che riguarda il caso D’Onofrio, procuratore capo dell’AIA reo di aver trafficato sostanze stupefacenti a livello internazionale.
Dall’indagine non è stato esentato Alfredo Trentalange, presidente dell’Associazione Italiana Arbitri. Secondo l’accusa, riportata da la Gazzetta dello Sport: “Trentalange aveva la diretta responsabilità delle nomine dei vertici degli organi di giustizia Aia ed ha omesso di assumere qualsiasi iniziativa del sig. Rosario D’Onofrio prima della proposta, fatta dallo stesso Trentalange, e conseguente nomina da parte del Comitato Nazionale Aia (nel marzo 2021), a Procuratore arbitrale dell’Aia“.
Premi e protezione a D’Onofrio: l’accusa smaschera Trentalange
Giuseppe Chiné, alla guida della procura FIGC, continua l’accusa nei confronti di Trentalange: “Per proteggere D’Onofrio, al quale era evidentemente legato da consolidato rapporto personale, interferiva con l’attività, le prerogative, l’autonomia e l’indipendenza di un Organo di giustizia sportiva“.
“Trentalange avrebbe omesso di assumere qualsiasi iniziativa, anche la più minimale, volta e finalizzata a controllare il possesso dei requisiti professionali e di moralità necessari per l’attribuzione al sig. Rosario D’Onofrio di importanti onorificenze e premi (arbitro benemerito e premio Concetto Lo Bello), nel mentre il D’Onofrio era detenuto agli arresti domiciliari e conseguentemente proponendo e facendo attribuire al D’Onofrio onorificenze e premi in campo sportivo-arbitrale incompatibili con il suo status di detenuto e, più in generale, con i suoi gravi precedenti penali“.
Infine, il presidente dell’Aia: “Ha reso dichiarazioni non veridiche in ordine alla avvenuta acquisizione di un curriculum di Rosario D’Onofrio prima della sua nomina a Procuratore Aia, ai titoli di studio e professionali posseduti da quest’ultimo ed alle presunte, ma inesistenti, autocertificazioni rese dal medesimo“.
Alfonso Martino