Ultimo aggiornamento 22 Settembre 2022 17:50 di Vincenzo Boniello
Berlino è e sarà per sempre impressa nella mente di ciascuno di noi, di ogni persona che ricorda esattamente con chi e dov’era in quella notte del 9 luglio 2006 nel momento in cui Fabio Grosso infila Barthez nel rigore decisivo del mondiale tedesco. Ricorda soprattutto la sua faccia alzare la Coppa del Mondo, ma quello che vuole adesso Fabio Cannavaro dalla sua carriera è essere ricordato non solo per essere stato quello che è stato, ma anche per quello che sarà. Comincia così la sua avventura da allenatore e con il Benevento, partendo dal basso, dalla Serie B, con l’umiltà che lo ha sempre contraddistinto e che gli ha permesso di essere riconosciuto in tutto il mondo come uno dei migliori difensori della storia.
NOME – “Aumenta la responsabilità. E’ vero che sono stato fuori tanti anni, nonostante la mia carriera, ma comunque sono all’inizio da allenatore. Mi fa strano. Dal primo momento che ho parlato con Foggia è stata importante l’affetto che mi ha trasmesso, necessario per poter lavorare bene. Ho fatto delle scelte, forzate o dovute, ma adesso ci credo, perché mi piace il progetto. Ho accettato subito questa sfida“.
ASPETTATIVE – “La serie B di quest’anno è dura, è importante per le squadre. Gli obiettivi miei e nostri ce li teniamo in segreto. Vorrei innanzitutto difendere il vecchio allenatore, Caserta, che ha comunque iniziato un progetto. Adesso l’unica cosa che voglio fare e che so fare sarà lavorare e farlo duramente”.
PERCHE’ BENEVENTO – “Per quanto riguarda la scelta, è una situazione nuova. Ha usato un tramite il direttore sportivo, che è mio fratello Paolo, il quale è stato fondamentale nel portarmi qui. Ho preso un po’ di tempo ma poi alla fine ho deciso. Mi hanno sommerso di messaggi, anche Inzaghi me ne ha parlato bene”.
ATTACCO – “Sicuramente certi giocatori devono ritrovare la forma, ho visto tutte le partite del Benevento. L’allenatore precedente ha avuto l’intelligenza di cercare di trovare più soluzioni. Dobbiamo rischiare qualcosa in più, voglio un calcio che porti quanta più gente possibile in area. Ho trovato giocatori con il morale basso. Voglio portare idee, le mie, ma gradualmente”.
COSA HO IMPARATO ALL’ESTERO – “La nostra presunzione di essere i migliori non ci ha portato lontano. Il mio modo di vedere il calcio è cambiata in Spagna, su ogni sfaccettatura, già nella preparazione della partita. La musica nello spogliatoio per me era un qualcosa di impensabile. Non so se il modo di vivere il calcio all’estero sia migliore o peggiore, ma sta di fatto che il calcio è allegria ed è questo quello che voglio portare. Starà a noi trascinare la gente e venire allo stadio, riportandolo ad essere pieno”.
MODULO – “Sono un curioso, tant’è vero che ho fatto anche un corso per essere manager. Mi piace quell’aspetto. Mi ha spinto la voglia di parlare con il direttore ed il presidente. Oltre al mio staff, la cosa importante che ho chiesto è di lavorare con i ragazzi che già erano qui con Caserta, per fare in modo che nel minor tempo possibile i miei ragazzi possano assimilare i miei concetti di gioco”.
CAMPIONATO DIFFICILE – “Un’idea me la sono fatta. Ci sono squadre già forti, ma sono convinto del nostro valore e delle nostre qualità. Il mio compito sarà ridurre la distanza che c’è adesso e recuperare i giocatori che sono arrivati alla fine, far crescere i più giovani. Dovrò avere una gestione oculata che possa permettergli di ritornare in forma. Abbiamo tempo”.
CALCIO ITALIANO– “Per nulla casualmente, la scelta dei giocatori è cambiata, soprattutto scegliendo molti stranieri. Questo sistema ha penalizzato molti ragazzi, anche in Italia. Abbiamo voluto seguire le mode, ora spagnole, ora inglesi, quando invece semplicemente bisognerebbe seguire la nostra storia e le nostre tradizioni calcistiche. Questo ci porta anche a non vendere un buon prodotto. Non essere al Mondiale è un dramma, per il nostro nome e per i quattro titoli che abbiamo in bacheca, è una responsabilità. Bisogna cambiare e radicalmente, all’estero rimangono più scossi di noi stessi. La mia esperienza all’estero mi ha portato a formarmi in qualsiasi ambito, ma ho fatto una scelta, quella di essere allenatore”.
FILOSOFIA – “Da calciatore mi segnavo gli argomenti e le cose che mi interessavano. Le fasi di possesso, di non possesso, spero di trasmetterle ai miei giocatori. Voglio vincere e voglio farlo giocando bene, sono un ex difensore ma non disdegno l’offensività. Non mi piace aspettare, il mio calcio si impronta sull’attacco”.