Il 2 giugno 1946 gli italiani furono chiamati a scegliere, portandoli davanti ad un bivio: monarchia o repubblica. Da una parte i Savoia da Torino, trapiantati a Roma dopo la breccia di Porta Pia, colpevoli di essersene fuggiti a Brindisi durante le rappresaglie naziste; dall’altra la res publica, la cosa che appartiene a tutti. Il 2 giugno 1953, presso l’Abbazia di Westminster, una giovane ragazza di soli 27 anni, si apprestava ad essere la donna più potente al mondo, succedendo al padre, re Giorgio, sul soglio di Giacomo. La storia alle volte sa essere davvero curiosa.
Questa sera a Wembley, lo stadio che nell’immaginario di ogni amante del pallone assume l’eccesso della regalità nella sua maestosa struttura, l’Italia ferita dalla cocente sconfitta subita dalla Macedonia del Nord nella disfatta di Palermo affronta l’Argentina, fresca vincitrice della Copa America, in un confronto che vede opporsi i campioni d’Europa contro quelli del Sudamerica per decretare chi, garibaldinamente, ritornando ai Savoia, sarà l’eroe dei due mondi per i prossimi quattro anni.
Quale miglior avversario per un commiato se non l’Argentina. Jorge Luis Borges, discreta penna del castigliano che risciacqua i panni nel Rio della Plata, nel definire i suoi connazionali dice: “Gli Argentini? Sono italiani che parlano spagnolo, vestono francese sognando di essere inglesi”. E cosa vuoi aggiungere in questa massima, nulla se non il fatto che in questa Seleccion che affronteremo stasera ci sono tanti italiani, lo si può evincere dagli stessi cognomi. Magari di gente che è andata via proprio in quegli anni lì, quando in Italia si sceglieva tra la Corona e la Costituzione.
Può essere un esempio quello con la diez albiceleste, i cui parenti emigrarono da Recanati, terra di santi, nel suo caso, e di poeti, come Leopardi, dal quale ha appreso la sua lirica e l’ha messa tutta in quel sinistro, che da tanta parte dell’ultimo orizzonte il guardo esclude. Una pulce che diventò Re, proprio qui, a Wembley, nella finale del 2011 di Champions League contro il Manchester United, contro i sudditi della regina.
Dopo tante battaglie, Chiellini ha prima salutato la compagna di una vita, la Juventus, quasi come se dovesse partire per una missione, una chiamata. Consegnare l’ultimo trofeo, seppur simbolico, nelle mani di quel popolo che ha reverendamente servito, facendosi primus inter pares nella buona sorte, mettendoci la faccia da capitano e condottiero quando le cose non sono andate esattamente per il verso giusto.
Quante volte le cose non sono andate per il verso giusto, caro Giorgio. L’eliminazione nel 2010 con la Nuova Zelanda, la finale di Kiev persa nel 2012 con la Spagna, l’eliminazione due anni più tardi con la Costa Rica ed i maledetti rigori dell’Europeo francese che ci videro uscire con la Germania. Ma mai avresti potuto sapere che Caporetto sarebbe venuta due volte, a Milano con la Svezia prima, a Palermo con la Macedonia poi. Quel tre dietro la schiena e la fascia tatuata sul braccio a dire che non sarebbe finita lì, che ci saremmo rialzati insieme a te.
Per la verità ci siamo rialzati, nel luogo in cui il destino ha regalato agli Azzurri una coppa che da troppo tempo mancava, tornando a far abbracciare un Paese intero. Come lo hai fatto lo sappiamo tutti, sconfiggendo a casa loro i padroni, l’Inghilterra figlia di uno stadio pieno in ogni ordine di posto con il vestito buono, quello bianco con la croce di San Giorgio. Anche santo sei diventato quella sera, togliendo Saka e tutte le sue cattive intenzioni che si mettevano tra te e noi e quel successo.
Oggi è il primo giugno. Trascorreranno domani 76 anni dalla scelta della repubblica, mentre sempre domani, a pochi chilometri da quel luogo di storia e sport sul quale si posa quel fantastico manto erboso, a Buckingham Palace festeggeranno il Giubileo di Platino di Elisabetta II del Regno Unito, figlia di Giorgio. La corona non l’hai messa lo scorso anno, perché con l’umiltà che ti distingue avevi lasciato l’onore al presidente, mano a dirlo, della Repubblica, Sergio Mattarella, di fare in modo che quel successo fosse il viatico del popolo italiano, non il tuo. Ma stasera, il tempo e la storia ti saranno clementi: altezze e maestà, ci saluterà Re Giorgio, signore di Wembley e della difesa dell’Italia. Grazie, te ne saremo per sempre grati. Ultimo re d’Italia.
This post was last modified on 1 Giugno 2022
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