Ultimo aggiornamento 27 Gennaio 2022 9:51 di redazione
Edin Dzeko, il numero nove dell’Inter, si è raccontato al Corriere della Sera svelando alcuni dettagli sul suo passato e sulla sua nuova avventura in nerazzurro.
Vi sentite favoriti? La vera rivale per lo scudetto è il Milan, il Napoli o chi?
«Siamo primi e vogliamo restarci fino alla fine. A inizio stagione si diceva Milan e Napoli, non si parlava tanto dell’Inter. Le grandi sfide le vuoi vincere, ma se perdi contro le piccole pesa di più. Se vinci il derby sei un pezzo avanti, però i punti scudetto li fai nelle partite con le piccole che devi fare tue per forza.»
Doveva venire all’Inter due anni fa. Conte la chiamò?
«Già quando Conte stava al Chelsea mi voleva, ma non ero sicuro di tornare in Inghilterra. Appena arrivato all’Inter ci ha riprovato. Il momento è venuto adesso, le strade dovevano incrociarsi: era destino.»
Inzaghi con Dzeko ha cambiato l’Inter. Qual è il rapporto tra voi?
«Lo vedo ancora come un compagno di squadra. Sa gestire benissimo e per un allenatore è fondamentale. Cerca di essere onesto con tutti. Ha tenuto la base di Conte, importante perché ha cambiato la mentalità dei giocatori. Rispetto a quando c’era Lukaku il gioco è diverso. Negli ultimi due anni l’Inter giocava più in contropiede, quest’anno tutti si divertono di più, dentro e fuori.»
Lei è cresciuto in Bosnia, durante la guerra degli anni 90. Che infanzia ha avuto?
«Non facile. Quando la guerra è iniziata avevo 5 anni. I miei rischiavano la vita per andare a lavorare in fabbrica e portare il cibo in tavola. Quando suonavano le sirene, ci portavano in cantina e non si sapeva se saremmo usciti dopo un’ora o un giorno. Lì avevo paura. Per fortuna i bambini dimenticano in fretta».
A Roma alti e bassi. Com’è stata Totti-Spalletti?
«Mi è mancato solo un trofeo: sono stati 6 anni splenditi. Un po’ di su e giù per me come per la Roma, la porto nel cuore. Ora sono all’Inter per vincere lo scudetto. Totti-Spalletti si poteva risolvere in un altro modo: uno è un grande allenatore, l’altro una leggenda, un peccato sia finita così.»
Simone Borghi