Ultimo aggiornamento 2 Novembre 2021 10:45 di Lorenzo Alutto
L’Inter di Simone Inzaghi si prepara a una delle trasferte più particolari della sua storia. Mercoledì a Tiraspol, in Transnistria, regione autonoma ufficialmente parte della Repubblica di Moldavia.
A raccontare cosa attenderà i nerazzurri nella piccola repubblica non riconosciuta dalla comunità internazionale è Nicolai Lilin, autore del romanzo Educazione siberiana, che vive in Italia, ma che in Transnistria è nato e cresciuto.
L’accusa
-L’origine:
“La Sheriff è nata insieme alla Transnistria nel 1992, subito dopo il crollo dell’Unione Sovietica. In quegli anni il popolo transnistriano, da sempre fedele all’ideologia sovietica, dichiarava la propria indipendenza dalla Repubblica di Moldavia, che invece nasceva sotto l’influenza occidentale. In Transnistria si parla russo, si scrive in cirillico, abbiamo ancora le statue di Lenin e la simbologia dell’URSS nelle nostre strade. Tra l’altro quello della Transnistria era un territorio chiave dal punto di vista militare per i russi. Da noi c’era, e c’è tutt’ora, un’industria bellica importante: magazzini di armi, fabbriche dove si producono puntatori per missili e carri armati, sistemi per razzi reattivi non guidati… Tutto questo non poteva finire sotto il controllo occidentale. Il problema è che la Transnistria non è mai stata riconosciuta e vive di fatto sotto embargo internazionale. La Sheriff è una società creata per la necessità di avere un sistema economico indipendente. All’apparenza è una holding privata, ma di fatto è gestita dal governo transnistriano non riconosciuto. L’economia reale del Paese dipende dalla Sheriff, per la quale lavorano quasi tutti. Anche gli investimenti occidentali, che non mancano, passano attraverso i meccanismi della Sheriff”.
-Ruolo del calcio:
Diciamolo chiaramente, il calcio è solo una paraculata (testuale, ndr). È evidente che questa squadra è stata creata per attirare attenzione sul Paese, ha un interesse e un’utilità soprattutto politica. I vertici di Sheriff vogliono far conoscere all’occidente questo pezzo di terra, portare alla luce le nostre problematiche e farci riconoscere come accaduto per altri Paesi con storie complicate, come l’Albania. Laggiù nessuno segue il calcio, non c’è questa ‘malattia mentale’ che c’è in occidente. Non è nulla più che uno strumento politico, creato per presentarsi agli occidentali. Comunque hanno battuto il Real Madrid e hanno fatto molto rumore, vuol dire che hanno investito bene. Gli sport qui sono altri. Arti marziali, judo, sambo… Sport per persone che amano la propria patria e che un giorno potrebbero andare a combattere per lei. Uomini e donne pronti a difendere il proprio Paese”.