Milleottocentoventisei giorni, ovvero cinque anni. Sono quelli trascorsi da uno dei giorni più tristi del calcio italiano, o meglio, mondiale. Quello in cui abbiamo visto Piermario Morosini cadere inspiegabilmente sul prato verde dello Stadio Adriatico. Senza riuscire a rialzarsi. Senza che riuscissimo a capire il perché della tragedia che si stava consumando. Senza, soprattutto, riuscire a porre un freno a ciò di cui non potevamo che essere meri spettatori. Impotenti di fronte all’odiosa realtà.
Ancor oggi, rabb
Fra questi, impossibile non citare Emanuele Belardi, una sorta di
Un legame, tra i due, nato in quel di Udine:“Ricordo bene che Piermario non riuscì a trovare sistemazione nel finale del mercato estivo e, vista la situazione, fu costretto a rimanere, fuori rosa, fino a gennaio, all’Udinese. Durante questo periodo, eravamo spesso insieme. Pranzi, cene, uscite. Spesso si fermava a casa mia, dato che entrambi vivevamo da soli”.
Complicità e consigli, fra i due non sono mai mancati: “Ebbi addirittura avuto un ruolo in occasione del suo passaggio alla Reggina nel 2009. La squadra, appena retrocessa in Serie B, puntava ad una pronta risalita, costruendo un organico che potesse stravincere il campionato. Chiamai Lillo Foti (all’epoca Presidente della società amaranto) . Gli dissi ‘Prendi Morosini, è un giovane dotato di un grandissimo talento’. Tre giorni più tardi, il 31 agosto, fu messo tutto nero su bianco”.
Da quel giorno sono passati, come detto, ben cinque anni, nei quali, secondo Belardi, si è ben lavorato per evitare nuove simili tragedie:“Sicuramente, la vicenda del Moro ha avuto una ricaduta importante nel contesto della sicurezza negli stadi, per quanto riguarda i giocatori. Oggi, non si gioca partita in cui non ci sia il defibrillatore a bordo campo. Bisogna anche riconoscere, però, come tutto quanto avvenuto cinque anni fa sia stato frutto di una terribile casualità”.
14 aprile ormai ribattezzato come #moroday. “Nella tragedia – riflette Emanuele – penso che oggi Piermario sarebbe contento di tutto l’affetto che il mondo, calcistico e non, gli ha dimostrato. Dopo cinque anni sono ancora tanti i messaggi d’affetto nei suoi confronti. Senza contare il grandissimo numero di persone che, commosse e realmente toccate, ne parteciparono ai funerali”.
Storie di campo, dunque, che vanno mescolandosi con la vita umana. Messa a nudo, in tutta la sua debolezza e fragilità, in occasione di tali tragedie. Che mostrano il vero animo di quelli che, troppo
Come Emanuele e come Piermario.
Il quale,
ne siamo certi,
oggi continua a dare calci al pallone.
This post was last modified on 14 Aprile 2017
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