Ultimo aggiornamento 13 Marzo 2017 15:48 di
Vista dal di fuori, Viareggio è un posto come tanti altri sul mare: tradizione vuole che se un luogo si trova sulla costa, automaticamente sia bello. E’ facile infatti, sentir dire “Ah, vai al mare? Che bello!”. Viareggio è conosciuta anche per il suo famoso carnevale, durante il quale sfilano sul lungo mare i giganteschi carri raffiguranti politici, mostri, fatine, animali, robot e quant’altro la fantasia illimitata dei mastri costruttori possa partorire. Togliendo questi due elementi, rimane ben poco: la città è reduce da un decennio di governo fallimentare, che ha portato a terminare i mandati degli ultimi tre sindaci con un commissario prefettizio , lasciando Viareggio in un mare (è proprio il caso di dirlo) di guai.
Lo sport è stato tra i primi a diventarne vittima: l’Esperia Viareggio, un tempo in Lega Pro con Ighli Vannucchi capitano e mister Cristiano Lucarelli in panchina, gioca adesso in campionati di infimo livello dopo il fallimento, e la Viareggio 2014, che doveva prendere il suo posto nel calcio che conta, non è che stia facendo tanto meglio. Si era arrivati addirittura a dover chiudere la piscina per mancanza di fondi (famoso un servizio su Rai3 che descriveva in modo lapidario la situazione). Anche ReteVersilia, l’emittente locale, ha rischiato grosso negli ultimi anni oscuri di quella che un tempo veniva definita “La perla del Tirreno”.
E’ in questo scenario che molti giovani talenti in cerca di successo tentano di mettersi in mostra, dando vita ad uno dei tornei più massacranti dal punto di vista atletico: la Viareggio Cup, chiamata anche Coppa Carnevale, ogni anno mette in scena formazioni primavera da tutto il mondo, giovani speranzosi di un palcoscenico che renda loro merito e gloria. Si gioca un giorno sì e un giorno no, non c’è tempo per riposare. Si viaggia in tutta la Toscana (e anche al di fuori!), si scende in campi che nessuno aveva mai sentito nominare prima, come ad esempio il Cavanis di Capezzano, o il Buon Riposo di Seravezza (o meglio, Pozzi).
Puntualmente ogni anno capita di sentire di giovani che, lottando contro una realtà misera e disastrata, approfittano di questo viaggio in Italia, terra vista da sempre come un’ancora di salvezza, per scappare da una quotidianità fatta di fame e povertà. Lo fanno per disperazione; fuggono via senza avviso, lasciando i compagni di squadra, gli alberghi che li ospitano. Per loro, più che per ogni altro calciatore, è un’occasione di rilancio, e di salvezza: Viareggio come porto di una nave pronta a ripartire da zero, con una nuova vita ad attenderli. Impossibile dire se sarà migliore o peggiore: lo scopriranno solo strada facendo.
Da Viareggio sono passati tutti: Del Piero, Totti, Maldini, fino ad arrivare agli attuali Marchisio, Perin, Florenzi e compagnia bella. Qualcuno ha alzato il Burlamacco al cielo, altri non ci sono riusciti, ma tutti sanno che la vittoria più grande sarà essere esposto nella vetrina dei giovani, in modo che qualcuno, nel vetusto Stadio dei Pini, si accorga delle capacità di quel giocatore. Ogni calciatore vuole andare a Viareggio, ognuno ha diritto a sognare.
Viareggio, una città in difficoltà, una città che deve ripartire, una città bruciata da un treno senza giustizia. Il luogo dove un calciatore vuole cominciare a fare sul serio, dove pensare: Viareggio, in te voglio nascere, in te non voglio finire.