Ultimo aggiornamento 15 Febbraio 2017 23:12 di
Quando ieri sera è finita la partita, Arsène Wenger è andato a letto tranquillo. Ha fatto due calcoli, e ha pensato che se il PSG ha fatto la partita che ha fatto, potevano farla anche loro. Il paragone poteva reggere, in fondo il Barcellona può valere il Bayern Monaco, se non di più. Perché l’Arsenal dovrebbe valere di meno? Qualche giocatore buono, e giovane, ce l’hanno, mentre alla corte bavarese ci sono tanti anzianotti: un tale Robben, un certo Lahm, un tizio di nome Xabi Alonso. E Müller sta pure in panca! Insomma, se ieri hanno steccato Messi e Suarez, il cosmo deve girare per forza dalla parte di Wenger.
C’è però un piccolo problema: passata da poco l’ora di gioco, il Bayern sta già vincendo 4-1, e l’Arsenal rischia di prenderne altri. Eppure ci avevano creduto all’inizio, quando le due squadre hanno cominciato a studiarsi. Il fantastico gol di Robben poteva essere solo un’incidente; il rigore (assolutamente inventato) che Sanchez ha trasformato dopo la doppia respinta di Neuer, poteva significare che oggi era la giornata di Wenger, dei suoi ragazzi.
Il Bayern tiene palla per tutta la partita, arrivando a superare il 70% del possesso palla e schiacciando i londinesi senza permettere loro alcunché. A differenza della partita di Parigi però, qui siamo di fronte ad una squadra organizzata, spietata e concreta come quella di Ancelotti, contro uno squinternato e abulico Arsenal che non ne azzecca una. A nulla servono le magie dell’arbitro Mazic, che nega almeno un paio di rigori evidenti ai padroni di casa. Ed ecco piovere dal cielo, come grandine a novembre, i gol di Lewandoski (sempre più bomber), Thiago Alcantara (doppietta per lui) e Müller, entrato giusto giusto per mettere a segno il quinto gol.
Ancelotti trova una prestazione di assoluta qualità, trova certezze per il futuro e una compattezza, una forza ed una scioltezza di manovra che lascia ben sperare per il futuro. Per Wenger invece, è la solita delusione di chi ha l’abitudine di essere un eterno secondo, che mai può puntare più in alto, per essere là dove conta, insieme ai grandi. Quando ti chiami Arsenal sei sempre chiamato a dimostrare qualcosa, ma di questo passo è più facile rimanere delusi. L’andata di ottavi di Champions League è andata, all’Emirates serviranno svariati miracoli per passare il turno.