Qual è quel torneo dove si possono ritrovare contro una squadra di prima e una di sesta divisione, quello dove superstar milionarie possono finire a giocare in squallidi campi di periferia che valgono un quarto della loro clausola rescissoria, dove se giochi in una squadretta di provincia speri di venire sorteggiato contro una delle superpotenze del calcio mondiale? Quel magico mondo dove uno 0-0 figlio del catenaccio più brutto di sempre vale come una vittoria, dove puoi essere un carpentiere alla mattina e un eroe nazionale alla sera, dove puoi fare la storia del tuo club vincendo una sola partita, essere iscritto negli almanacchi del calcio nazionale, andare in televisione, essere portato in trionfo dalla massa di tifosi più grande che tu abbia mai visto, e alla fine, gonfio d’orgoglio, raccontare tutto ai tuoi nipoti?
La risposta è lapalissiana: ce n’è uno solo. E non è un caso che sia il torneo più vecchio del mondo, e anche il più bello. Perchè l’FA Cup non è solo la coppa d’Inghilterra. È la coppa degli inglesi. La coppa del popolo, di quelli che del football fanno una cultura, di quelli che respirano aria di grande calcio in ogni angolo, della lower class che non si fa problemi a sovvertire le gerarchie. Un movimento culturale, più che pallonaro, coltivato ogni sabato pomeriggio per anni, negli stadi, nei pub, a casa. Un iceberg di cui la favola Leicester dell’anno scorso rappresenta solo la punta. E quest’anno la cara, vecchia FA Cup ha messo in mostra, ancora, il lato umano del calcio.
Gander Green Lane potrebbe suonare come il nome di un pittoresco angolo verde nel sud-ovest della suburbia londinese. Invece è la modesta casa del Sutton United, squadra che galleggia a metà classifica della quinta divisione, e questo weekend ha fatto da testimone a uno dei momenti più magici della stagione: la vittoria dei padroni di casa contro una semifinalista di Champions League nel 2001, un club storico in piena lotta per tornare in Premier League. Il Leeds di Massimo Cellino. Due squadre divise da 84 posizioni nella piramide del calcio inglese, che in campo di differenze ne hanno fatte vedere ben poche. È stato un rigore, forse inesistente, a decidere la partita. Ma poco importa, perchè in giornate come quella di domenica i veri vincitori non sono sempre e solo quelli che, in campo, mettono la palla oltre la linea di porta più volte dei loro avversari.
Un po’ come è successo più a nord, al Sincil Bank, dove il Lincoln City, compagno di lega del Sutton, ospitava il Brighton. Entrambe le squadre in testa ai rispettivi campionati, ovvero la National League e la Championship. Quinta e seconda serie, 69 le posizioni di distacco. Ma nell’FA Cup è un’altra storia. Gli ospiti si portano in vantaggio con Towell, il Lincoln nel secondo tempo la ribalta in 5 minuti e sempre a 5 minuti, stavolta dalla fine, la chiude. 3-1. Era dal 1902 che i Red Imps non arrivavano così avanti in coppa. E ci sono riusciti dopo aver battuto, oltre che altri due club di Championship (Ipswich) e di League One (Oldham), una squadra che l’anno prossimo potrebbe entrare a far parte dell’élite del campionato più bello del mondo.
Ma non è finita qui in questo pazzo weekend di FA Cup. Perchè la vecchia conoscenza del nostro calcio che risponde al nome di Rafa Benìtez ha visto il suo Newcastle essere travolto dall’Oxford United, squadra di “serie C”, per 3-0. L’Hull City, anche grazie a due rigori sbagliati da Hernàndez in 1 minuto, ha perso clamorosamente per 4-1 contro il Fulham. Il Millwall, altra squadra della terza divisione, ha fatto piangere Mazzarri sconfiggendolo per 1-0. Ci è andato vicinissimo il Wycombe, in vantaggio 3-2 a White Hart Lane a 2 minuti dalla fine, ma due crudeli reti del Tottenham negli ultimi minuti hanno negato agli ospiti l’ennesimo miracolo sportivo di giornata. Ma soprattutto, ha fatto rumore il tonfo del Liverpool in casa contro il Wolverhampton, altra eliminazione che lascia l’amaro in bocca ai Reds dopo quella dalla coppa di lega.
Su 15 squadre qualificate al sorteggio di ieri sera, solo 7 rappresentavano la Premier, aspettando il replay tra Leicester e Derby County. E per la prima volta nella storia della Football League, dalla sua fondazione nel 1888, ci sono anche due club “non-league”, ovvero che non appartengono alle prime quattro divisioni del calcio inglese. Per la cronaca, nel sorteggio degli ottavi di finale il Sutton United ha pescato l’Arsenal. Esattamente quello che volevano, come ha detto capitan Collins. Il Lincoln, nel frattempo, se la vedrà al Turf Moor del Burnley, altra squadra di Premiership. Non importa come andrà, una ricompensa se la sono presa entrambi i club. E i tifosi? Beh, a loro spetta una levataccia all’alba per accaparrarsi i primi biglietti…
Non sono solo la tradizione, il fascino e la cornice di Wembley a rendere l’FA Cup speciale. Non è neanche la storia, di cui ancora oggi il valore viene mantenuto intatto, dopo una saga lunghissima durata 146 anni. È una competizione dove se una squadra è più forte è chiamata a, semplicemente, andare a dimostrarlo in trasferta, su un campo – come si suol dire – “di patate”, nelle peggior condizioni possibili, e dove le squadre più gettonate per la vittoria finale vengono introdotte nel tabellone il prima possibile. Aggiungendo, ovviamente, la regola del replay, ovvero una rivincita a campi invertiti che funziona come una gara di ritorno di qualsiasi coppa.
Una competizione che riserva a sé stessa un weekend intero di gare, per attrarre il numero di spettatori più alto possibile ricordando loro che questo è il loro torneo, un torneo meritocratico e all’avanguardia, sia nel formato che nell’organizzazione, unico nel suo genere e inimitabile. Anni luce davanti alla nostra cara Coppa Italia, altresì nota come “coppetta del nonno” per i tifosi di tutte le squadre che, ogni anno, non la vincono. Partite infrasettimanali, quarti di finale già scritti sulla carta. Basterebbe così poco per cambiarla, ma allo stesso tempo significherebbe così tanto.
“The Magic of the FA Cup”. In Inghilterra è diventato un cliché. Gli inglesi più sentimentalisti e tradizionalisti hanno smesso di crederci, dicono che la coppa abbia perso il suo lustro splendente. Tanto alla fine vale sempre la legge del più forte, il torneo si vede ogni anno, e vince sempre uno dei pezzi grossi. I miracoli sono isolati, e non hanno uno scopo ben preciso.
Ma non è così. Ogni tanto, nel calcio, come nella vita, c’è bisogno di un Davide che sfidi Golia, che sovverta ogni tipo di logica e che ripristini la giustizia. E che ricordi a tutti che i miracoli non avvengono per caso. Avvengono perchè nei miracoli ci si crede, si suda e si lavora con passione e dedizione per ottenerli. Come è successo con queste cosiddette giant killings, le cadute delle grandi. Che, personalmente, sono oggetto di grande soddisfazione. Il mio vecchio mister, una volta, mi disse di non aver paura di giocare contro i ragazzini più grossi di me. “Più sono grossi, più fanno rumore quando cadono, no?” mi disse. “E falli cadere!”
Tommaso Fiore
This post was last modified on 2 Febbraio 2017
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