Rubén Castro è un po’ uno di quei nomi tipo Paolo Rossi. Negli Usa potrebbe essere Jack Johnson o John Jackson, e in Messico Pedro Ramirez. In Italia un Paolo Rossi famoso nel calcio c’è stato, ed ha vinto tutto quello che doveva vincere, compreso il pallone d’oro. 30 anni dopo, in Spagna, arriva il suo alterego: non vincerà niente, non diventerà famoso come lui, alle orecchie del tifoso medio il suo nome non dice niente. In Spagna invece lo conoscono bene, è uno che segna molto spesso.
GLI INIZI
Rubén Castro Martìn è un classe 1981; la sua storia dice che all’inizio della sua carriera prometteva molto bene, aveva un certo fiuto per il gol, e a Las Palmas si sono goduti il nuovo talento per ben quattro anni, aspettando l’occasione giusta per valorizzarlo al meglio. Questa si chiama Deportivo La Coruña: in quegli anni era una signora squadra, giocava la Champions League. Rubén Castro è felice, ma non sfonderà: tutti si aspettano grandi cose da lui, che risolva le partite da solo, ma lui si trova spaesato, in una posizione e in una squadra che non fa per lui; il Depor sta andando in declino, il 4-0 contro il Milan sta per diventare un ricordo, e nel giro di qualche anno arriverà la retrocessione. Rubén Castro sarà condannato a sei anni di pellegrinaggio, comparsate in qua e là per la Spagna, senza mai lasciare il segno per davvero.
LA SVOLTA BETICA
C’è ancora qualcuno che vuole credere in lui: è il Betis Siviglia, arrabbiato per la mancata promozione in Liga della passata stagione. Rubén Castro viene schierato prima punta, finalmente, e segna 32 gol in stagione. La storia del Betis è quella di chi deve fare da spettatrice ai trionfi altrui: la squadra vincente della città non veste biancoverde, ma rosso. Le stagioni dei beticos sono senza gioie: le uniche le da il bomber, che negli ultimi sei anni segna 142 gol in totale. Il suo segreto? Testa bassa, correre e volontà. Non ha tecnica sopraffina, un fisico potente, o un dribbling speciale: Rubén Castro semplicemente si fa trovare nel posto giusto al momento giusto. Non ha mai avuto infortuni gravi, non è mai stato espulso in carriera (anche se spesso sfoga la sua rabbia contro le donne): dall’alto del suo metro e 68, le speranze del Betis passano dai suoi gol e dai suoi assist (33 in totale). Compirà 36 anni a giugno, e non ha nessuna voglia di smettere: il contratto scade nel 2019, quando gli anni saranno 38. Che Dio gliela mandi buona: è troppo bello guardarlo giocare, sembra un ragazzino.
This post was last modified on 10 Gennaio 2017
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