Che coss’è l’amor / Chiedilo al vento / Che sferza il suo lamento sulla ghiaia / Del viale del tramonto (Vinicio Capossela)
La bomba di mercato della fine del 2016. che ha visto Carlos Tevez approdare allo Shanghai Shenhua per la modica cifra di oltre 40 milioni di euro all’anno, ha spiazzato un po’ tutti. Non tanto per le cifre, dal momento che ormai il mercato ci ha abituato a sentir parlare di assegni esorbitanti (basta chiedere a Marotta), quanto per il personaggio di Tevez.
Un ragazzo che sì è abituato ai tradimenti, come quando lasciò il Manchester United per approdare al City (nel 2009), scatenando le ire di Gary Neville nel 19 Gennaio 2010: le due squadre infatti si scontrarono per un derby in Coppa di Lega e alla vigilia Neville disse che Ferguson aveva fatto bene a non lottare per trattenerlo coi Red Devils. Pronti via Tevez segna due reti ed esulta, mani dietro le orecchie e gesto della paperella, a dire “parlate parlate, che io intanto segno”. La reazione di Neville è del tutto comprensibile.
Tuttavia, nonostante questo lato un po’ caliente, quando Tevez ha lasciato la Juve, dopo la miglior stagione della carriera, per tornare a “casa”, al Boca Juniors, sembrava davvero una scelta di cuore, uno di quei motivi assurdi tipo Totti che non va al Real Madrid perché sta bene a Roma…
Era il dicembre del 2004 quando per la prima volta dopo 7 anni aveva lasciato il Boca per andare al Corinthians, da cui poi sarebbe stato lanciato insieme al connazionale Javier Mascherano, entrambi venduti nel 2006 al West Ham. Con l’addio alla Juve nel 2015 e il ritorno in maglia gialloblù, il cerchio, dopo 11 anni, sembrava chiuso.
Nulla di più sbagliato, dato che dopo appena una stagione e mezzo la carriera di Tevez sembra destinata a chiudersi altrove, in un altro mondo, bagnato da un altro Oceano. Certo, ha sicuramente fatto bene ad accettare una cifra incredibile, probabilmente ci saranno delle clausole in cui parte del denaro andrà al Boca (si parlava addirittura di 12 milioni di dollari all’anno).
Ma certo la notizia stride, specie se paragonata all’ultima notizia sportiva di rilievo del 2016: Juan Sebastian Veron torna, di nuovo, in campo con l’Estudiantes. Se quello di Tevez era un gesto d’amore, quello di Veron è uno di viscerale follia.
Veron lasciò la sua squadra del cuore nel 1996, iniziando un lungo viaggio che lo ha portato a Buenos Aires (Boca), Genova (Samp), Parma, Roma (con la Lazio), Manchester (sponda United), Londra (Chelsea) e infine Milano, all’Inter. Poi, nel 2006, dieci lunghi anni dopo coronati da successi incredibili (come lo scudetto vinto con la Lazio nel 2000), termina il suo contratto con l’Inter e torna all’Estudiantes.
A 31 anni suonati, le aspettative di una carriera si abbassano incredibilmente. Veron, invece, vince tutto quello che non è riuscito a vincere in giro per l’Europa: nominato due volte consecutive calciatore sudamericano nell’anno, nel 2009 ottiene anche il successo continentale vincendo la Coppa Libertadores, tornata a La Plata dopo 39 anni. Contando che, all’epoca, Veron era 34enne, si comprende che ha realizzato il sogno di vedere la sua squadra vincere la coppa più importante. E lo ha fatto da molto vicino…
Nel 2012, a 37 anni, Veron dice addio al calcio professionistico, andando a giocare per una società dilettantistica ma accettando il ruolo di direttore sportivo dell’Estudiantes.
Ma la voglia di fare calcio in quel rettangolo verde è troppa, e allora nel 2013 (a 38 anni) decide di tornare, per un’altra stagione. A fine 2014, smette “definitivamente”, riuscendo inoltre a diventare Presidente dell’Estudiantes. Da adesso, è tornato in campo, ricoprendo il difficile e finora pressoché unico ruolo di factotum nel club.
Due storie parallele, quelle di Veron e di Tevez, due storie che vedono l’amore al loro centro, ma vissuto in maniera diversa. Quella passione inspiegabile che ti fa prendere le decisioni più strane ma che per te è l’unica cosa possibile da fare.
This post was last modified on 31 Dicembre 2016
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