Ultimo aggiornamento 30 Dicembre 2016 18:54 di
“I’m forever blowing bubbles Pretty bubbles in the air They fly so high, nearly reach the sky Then like my dreams they fade and die…” Slaven Bilić ormai la conosce a memoria, strofa dopo strofa. Colui che, sia da calciatore sia da allenatore, ha saputo soffrire, gioire, cadere, rialzarsi e vincere per una squadra unica nel suo genere: il West Ham, l’accademia del calcio.
LOYALTY BONUS
Gli Hammers e il croato, quando vestiva la casacca da giocatore, si dissero arrivederci con un premio fedeltà da 200.000 sterline. Tutti guadagnati sul campo facendo gli straordinari. Un lottatore, che dopo essere stato venduto all’Everton, decise di portare comunque a termine la stagione e soprattutto di aiutare i compagni nel mantenere la categoria, senza risparmiarsi.
L’obiettivo viene raggiunto, ma gli strascichi degli sforzi fatti si fecero sentire e, a solamente 29 anni, i muscoli cominciarono a cedere. A Upton Park, Slaven, lasciò cuore ed energie. Una storia d’altri tempi con i protagonisti destinati a rincontrarsi ancora, vent’anni dopo.
DA SPALATO A ISTANBUL
Lasciata l’attività agonistica prematuramente, Bilić intraprese la tortuosa strada per diventare allenatore. Ritornò a casa, dove il suo girovagare da difensore arcigno era cominciato: Spalato.
L’avventura da allenatore inizia con il piede sbagliato e finisce in breve tempo, nulla di drammatico. Rimasto senza squadra e contratto, viene ingaggiato dalla federazione croata per forgiare i ragazzi dell’Under 21. Gli ottimi risultati conseguiti lo fanno balzare direttamente sulla panchina della nazionale maggiore e qui lascia tutti a bocca aperta, totalizzando 42 vittorie in 65 partite disputate. Nel 2012 rescinde il contratto e si lega, prima al Lokomitv Mosca, poi passa al Besiktas. Gli ambienti caldi gli danno la carica necessaria per dare il meglio e qui riesce a chiudere il suo biennio con uno score di tutto rispetto e due terzi posti consecutivi.
DI NUOVO NEL NORTH EAST END
Slaven torna per prendersi quel che ha lasciato, il suo lungo pellegrinaggio porta proprio ad Upton Park. Sulle note della già citata “I’m forevere blowing bubbles” si apre la sua era, nonché la sua migliore stagione da allenatore. Dopo la figuraccia internazionale contro l’Astra Giurgiu e il sogno infranto dei tifosi di solcare altri palcoscenici, la squadra cambia volto.
Cattiveria e sacrificio. Lo stadio è una bolgia, Bilić il caotico direttore d’orchestra. La squadra intraprende un cammino strepitoso inanellando una serie di vittorie e pareggi che li porta al tanto bramato settimo posto. Di nuovo Europa, di nuovo Astra Giurgiu.
NUOVA CASA, INIZIO TERRIFICANTE
Una novità e una nuova opportunità fanno da cornice all’inizio di stagione del West Ham. Upton Park, stadio che accompagna la squadra dal 1904, viene abbandonato per trasferirsi all’Olympic Stadium. Lasciarsi alle spalle la storia e le proprie origini, quando il club era seguito da tutti gli operai navali del nord east end, non ha portato inizialmente fortuna.
L’Astra si rivela uno scoglio, sorprendentemente, ancora troppo grande da arginare e la stagione prende subito la piega sbagliata che prosegue anche in campionato. Payet appare stanco e demotivato, Zaza non si ambienta, la difesa fa acqua da tutte le parti e gli ultimi posti risucchiano la squadra londinese.
IL CAMBIO DI MARCIA
Lo spirito che contraddistinse Slaven Bilić da giocatore emerge nuovamente. Le cose vanno male, ma determinate prestazioni sono mancanze di rispetto verso i tifosi e verso la dirigenza. In campo viene messa la “garra”, per dirla alla sudamericana, e i risultati, pur essendo altalenanti, cominciano ad arrivare. Il croato, grande motivatore e leader carismatico, sta riuscendo a rianimare i suoi ragazzi, dopo un inizio da dimenticare.
La caccia e l’assalto al settimo posto, ora distante solamente 4 punti, è ripartita. Come on you Irons!