Se si svolgesse un’indagine statistica tra tutte le persone che sono perdutamente attratte dal Sudamerica, che lo amano perché ci sono già state o che bramano di andarci, non è improbabile che per un buon 80% di esse tale affascinazione non sia altro che un corollario, anche inconscio, di un’altra passione, forse anche più grande. La passione per il fútbol. Così come è la medesima passione ‘madre’ a spingere molte persone ad entrare per la prima volta in una libreria per comprare, ad esempio, l’autobiografia del proprio campione preferito; a prendere per la prima volta un aereo per seguire la propria squadra del cuore in Europa; e a impugnare per la prima volta una penna, o una tastiera, mossi dall’insopprimibile desiderio di condividere sensazioni, umori, ragionamenti, positivi o negativi che siano, che suscita in loro una partita di calcio.
Già, quella sfera che gira, che ci crediate o no, spesso rappresenta il propulsore della lettura, dei viaggi e della scrittura. E se non ci credete, provate a leggere Locos por el fútbol di Carlo Pizzigoni – giornalista e direttore responsabile di MondoFutbol.com , rivista online di calcio internazionale nonché autore, tra l’altro, di Storie Mondiali insieme a Federico Buffa –, un libro che rappresenta una sintesi incontrovertibile di tutto ciò e di molto altro ancora. E’ come se l’autore, con questa opera, ci avesse donato una parte di sé, dei suoi viaggi, delle sue ricerche, dei suoi confronti, e il suo libro non è altro che una pelota che rotola nel tempo e nello spazio, attraversando in lungo e in largo tutto il Sudamerica raccontandoci cent’anni di fútbol. Un po’ come fecero in sella alla mitica Poderosa Ernesto Guevara e Alberto Granado tra il 1951 e il 1952. Il paragone è tutt’altro che azzardato, basti pensare che in Latinoamericana – I diari della motocicletta, diario di viaggio a cura del Che, si narra che tra lebbrosari e miniere i due medici non disdegnavano partitelle di calcio con le (sfortunate) persone che abitavano quei posti, e mentre Ernesto si divertiva a parare rigori, Alberto si produceva in “passaggi millimetrici – parole di Ernesto Guevara – alla Adolfo Pedernera”.
Già, Adolfo Pedernera. Forse questo nome non dirà molto nemmeno a chi vive di pane e calcio, eppure grazie a LPEF sappiamo che è stato uno dei più grandi calciatori argentini della storia e, secondo Alfredo Di Stefano, addirittura il più grande di sempre in senso assoluto. Un attaccante talmente fedele alla pelota che la conduceva dalla propria area di rigore fino a quella avversaria: il falso nueve esisteva già sessanta anni prima di Messi. Ma la storia di Pedernera è solo uno dei tanti tesori custoditi nel libro-pelota di Pizzigoni, che non lesina passaggi su quelle che sono state le evoluzioni del gioco del calcio anche da un punto di vista tattico, troppo spesso frettolosamente e acriticamente ascritte alla tradizione europea. Così come troppo superficialmente si fa coincidere tutto il calcio sudamericano con gli apporti di Maradona, Pelé e Messi.
Certo, sarebbe stato da ergastolo non indugiare sull’oligarchia di cui sopra, rischio a cui si sottrae naturalmente Pizzigoni riservando ai suddetti fenomeni anche l’immagine copertina del suo libro; tuttavia, ci sentiamo di dire che la vera differenza di LPEF risiede nella narrazione delle storie di altri Locos come Valderrama, Cubillas, Arango, Ugarte e Spencer, rispettivamente i più grandi riferimenti calcistici – se non addirittura riferimenti tout court – in Colombia, Perù, Venezuela, Bolivia ed Ecuador: personaggi dalle biografie davvero incredibili che azzerano le migliaia di chilometri di distanza che separano il lettore dall’America Latina. Per non parlare del Loco Bielsa, un personaggio assolutamente fuori categoria che continua ad irradiare carisma e a crescersi discepoli anche quando non allena: non ce ne voglia Simone Inzaghi, che alla Lazio sta facendo un lavoro straordinario certificato dai risultati, ma la lettura di LPEF aumenta esponenzialmente i rimpianti per non aver visto e ascoltato El Loco in Italia.
Ma non è stato sempre agevole, per la pelota, rimbalzare da un Paese all’altro, da un’epoca all’altra, e soprattutto da un potrero all’altro. Alla polvere magica – l’ingrediente segreto del talento innato dei sudamericani – che si levava dai cortili e che ne sosteneva l’inerzia, spesso infatti si contrapponeva la mano nera dei governi dittatoriali che utilizzavano il fútbol come strumento di propaganda politica, come avvenne nel ’78 in Argentina, ad esempio; anche il narcotraffico colombiano aveva individuato nel calcio un ottimo affare per riciclare i proventi delle attività illecite, così come, durante il vuoto di potere lasciato dalla morte di Pablo Escobar, un gruppo di criminali di nuovo conio, al fine di marcare il territorio, non si è fatto problemi nel ’94 a crivellare di colpi di arma da fuoco il povero Andres Escobar, il difensore della nazionale colombiana ‘colpevole’ di aver causato, con un’autorete, l’eliminazione della Colombia ai mondiali statunitensi.
Eppure, anche se annerita, rallentata e sporcata dal sangue innocente, la pelota non ha mai cessato di rotolare, perché intrinsecamente dotata di una forza propulsiva ‘autopulente’: la passione. La stessa passione circolare che permea anche il libro di Pizzigoni, il quale, proprio perché quando si parla di calcio si finisce col parlare di Sudamerica e viceversa, nelle ultime pagine ci consiglia delle letture con cui proseguire questo affascinante viaggio, che non poteva avere miglior punto di partenza di Locos por El Fútbol.
Luigi Fattore
This post was last modified on 23 Aprile 2024
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