Scrivere un articolo positivo dopo ciò che è accaduto, è una specie di azzardo: si rischia di essere linciati per non aver rispettato il lutto, di cadere nel ridicolo o nel banale, di essere tacciati di un freddo e mero cinismo che, come cantano gli Zen Circus, “è un dono di pochi, farlo a posta è roba da idioti”.
Tuttavia non si deve cedere; ciò che è successo a Medellin è una tragedia, questo è assodato. Nessuno, purtroppo, ci riporterà indietro Canela, Kempes, l’ex-Salernitana Filipe Machado, Gil, Caramelo e “O Mago” Caio Junior, che con determinazione aveva trascinato questa squadra fino alla finale della Copa Sudamericana. Si tratta già di un miracolo il fatto che Hélio Neto potrà tornare a giocare, stando a quanto annuncia il padre sul suo profilo Facebook.
Nessuno ci ridarà il lieto fine che molti si aspettavano, quello della squadra che dalla D brasiliana scala le classifiche e va a vincere la Copa Sudamericana battendo in finale i campioni della Copa Libertadores, i biancoverdi dell’Atlético Nacional. A tutti sarebbe piaciuto vedere Thiaguinho realizzare il gol vittoria e infilarsi il pallone sotto la maglietta, per salutare la moglie Graziele che lo avrebbe reso padre poco tempo dopo; sarebbe stato bello, oggi, poter scrivere di quanti e quali talenti di questo club sarebbero dovuti essere pescati dai top club europei.
Niente di tutto ciò, purtroppo. La tragedia rimane, nessuno la cancellerà e il tempo potrà solo lenirla come è già successo per Superga e Monaco di Baviera.
L’intento dell’articolo, però, non è quello di piangersi addosso: è quello di far vedere come una cosa spesso considerata di poco conto e, in fin dei conti, un passatempo, abbia saputo mostrare la sua vera faccia. Il calcio, infatti, viene spesso bistrattato, reputato come “distrazione da cose più importanti“, o “circo di strapagati“. Vero? Forse. Si sfida chiunque, però, a tirare fuori tanta solidarietà come in questo caso.
Menzione d’onore per chi la Chapecoense avrebbe dovuto sfidarla: l’Atlético Nacional, infatti, ha presentato una richiesta alla CONMEBOL chiedendo che il trofeo e il relativo premio, venga assegnato d’ufficio alla Chapecoense così da poter sia rendere omaggio a chi non c’è più sia sostenere economicamente una squadra che ora vivrà la sua stagione più complessa.
La squadra colombiana, però non è stata la sola: le altre squadre brasiliane hanno chiesto, ed ottenuto, di poter mandare in prestito gratuito i loro giovani alla Chapeconse e a breve dovrebbe essere approvata una disposizione che vedrà per il Chape l’impossibilità di retrocedere per le prossime due stagioni; il Torino, nel cui spirito ancora emerge quella punta malinconica, ha già ottenuto un accordo di massima per un’amichevole in favore del “nuovo” Chape, così come anche il Milan ha aperto alla possibilità di una partecipazione dei biancoverdi brasiliani al trofeo Berlusconi; campioni odierni, come Ronaldo e Cavani hanno contribuito anche loro alla causa della Chapecoense, il primo donando 3 milioni di euro ai familiari delle vittime, il secondo mostrando una maglietta di incoraggiamento, che ha fatto scalpore perché l’arbitro, applicando alla lettera il regolamento, ha ammonito il giocatore uruguayano; a finanziare il Chape ci ha pensato però la sua squadra, il Paris Saint-Germain, che ha donato ben 40 milioni di euro.
Non solo moderni eroi: si sono detti disponibili a vestire il biancoverde della Chapecoense anche alcuni mostri sacri del passato come Juan Roman Riquelme, che riprenderebbe così gli scarpini, appesi con l’Argentinos Juniors, dopo un anno, e Ronaldinho, che vuole rifarsi dopo la pessima esperienza con la Fluminense.
Di occasioni per rinascere, questa “feniChape”, ne ha: certo, i soldi vanno investiti in maniera oculata e la vecchia squadra va celebrata e ricordata, cosicché diventi uno stimolo e un onore vestire i colori degli eroi di Medellin, non una tappa qualsiasi per un 18enne che ha come unico scopo il lasciare il Brasile il prima possibile.
Per strappare un sorriso, in così tanto dolore, va detto alle ragazze di tutta Italia che la maglia di Ronaldinho, qualora andasse veramente alla Chapecoense, potrebbe essere un regalo di Natale non solo gradito ai fidanzati, “malati” di nostalgia del calcio di dieci anni fa, ma anche un acquisto utile per far sì che non “muoiano” insieme ai giocatori anche i tifosi del Chape.
Perché, in fondo, è la vita di chi resta quella che si fa più dura, anche in un mondo “secondario” come il calcio.
This post was last modified on 4 Dicembre 2016
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