Alla fine per tutti arriva il momento di dire basta. A trentasei anni il momento è propizio. Avrà pensato questo, Steven “Stevie” Gerrard, che ha annunciato il suo addio al calcio giocato. Dispiace, per un calciofilo full time. Dispiace, per un appassionato di sport. Dispiace, per una miriade di motivazioni, perdere un grande interprete del football nella sua essenza più pura. Leale, corretta, vera. Quella che non tradisce, quella che non cambia né muore mai. Quella che piace, ad ogni età, quella di cui avremo sempre bisogno. In fondo, noi, inguaribili romantici del pallone, avevamo già sentito la mancanza di quell’otto con la maglia rossa. La soffriremo, ancor di più, consapevoli che sul campo lui, proprio lui, non metterà più piede. Per l’ultima volta apriamo il nostro cassetto segreto e tiriamo fuori gli otto momenti che hanno definito la parabola straordinaria di un campione senza confini, di una bandiera capace di mettere d’accordo tutti. Gli otto momenti,prettamente “Reds”, o comunque europei, di quello che è stato Steven Gerrard, uno dei pochi in grado di lasciare una chiara impronta del suo passaggio in un calcio che stava già trasformandosi.
1. IL DEBUTTO
È novembre, siamo nel 1998, ad Anfield nasce il mito. Gerrard entra nella partita contro il Blackburn, scocca la scintilla. Tredici presenze per lui, quasi sempre dalla panchina. Ma nel 1999-2000 qualcosa cambia e Gerrard si prende il suo posto ad Anfield: è lui il prescelto per il salto di qualità che il Liverpool va cercando. È l’inizio di una epopea che porterà gli inglesi sul tetto d’Europa.
2. LA NAZIONALE
L’altro amore di Stevie G, con le dovute proporzioni. Debutta con i “Tre Leoni” nel 2000, e sulla carta di identità ha vent’anni. Sono tempi in cui gli inglesi vanno a caccia di riscatto, che non arriverà mai: una delle poche macchie in una carriera di successi. In quattordici anni di nazionale partecipa a tutte le spedizioni mondiali ed europee, giocando centoquattordici partite, segnando ventuno gol e formando, con Frank Lampard, uno dei centrocampi più ambiti e desiderati del mondo. Uno spettacolo per gli occhi.
3. LA STAGIONE 2000-2001
I Reds del Nuovo Millennio hanno fame di vittorie: il Liverpool non vince il campionato dal 1990, in Europa è a secco dal 1984. In quella fantastica stagione arrivano in serie FA Cup, Coppa di Lega e Coppa Uefa, il primo trofeo europeo della carriera di Gerrard. Ed è tutto speciale: Gerrard segna in finale contro la cenerentola Alavés, il Liverpool trionfa grazie al golden gol. A fine anno cinquanta presenze, dieci gol e premio come migliore giovane della Premier League.
4. LA FASCIA DA CAPITANO
Leader in campo, fuori, volto della squadra e rappresentante dell’essenza Reds: nel 2003 Steven Gerrard riceve la fascia da capitano, la lascerà molto dopo, tra le lacrime e i brividi, in una giornata indimenticabile non solo per il calcio inglese. Il suo feeling con i tifosi del Liverpool resterà immutato. Nell’estate del 2004 qualche scricchiolio e le sirene del Chelsea a far tremare il rapporto: alla fine nulla di fatto, sappiamo come è finita. “Non tradisco Liverpool” – con buona pace di soldi, contratti, fama e trofei.
5. ISTANBUL 2005
È la notte che consacra Steven Gerrard nell’Olimpo dei grandi. Il temibilissimo Milan di Ancelotti, in finale di Champions, conduce per 3-0. Sembra già finita, ma a fine primo tempo qualcosa cambia. Sugli spalti si alza l’urlo della tifoseria Reds, negli spogliatoi la svolta. Si torna in campo: a suonare la carica è Stevie. Gol dell’1-3, rigore per il 2-3 e finisce in parità. Si va ai rigori, vincono i Reds. La Milano rossonera è incredula, in Turchia è il delirio. Il calcio fa ancora il suo corso, il campione decide ancora una volta il suo destino. “Alzala, Steven”. E lo fa. Lo fa meravigliosamente.
6. LA PROMESSA
Nella notte più importante della sua carriera si rinnova quel giuramento d’amore fatto al Liverpool anni prima: “Dopo un momento del genere, come faccio a pensare anche solo lontanamente di lasciare Liverpool?”. No, non sono dichiarazioni di facciata. Corrisponderanno alla realtà, come tutti sappiamo. È che quello che ha legato Gerrard ai Reds, francamente, non si può spiegare. È una sorta di realismo magico che, d’improvviso, prende forma e si manifesta lì, davanti a noi, senza un perché.
7. L’ADDIO
Diciassette stagioni dopo, di cui dodici da capitano, Gerrard si congeda. È il ventiquattro maggio duemilaquindic la data della sua ultima in Premier. Ingenerosa, perché il Liverpool perde pesantemente per 6-1 contro lo Stoke City, ma non per questo meno magica. Si chiude così la storia di Steven Gerrard a Liverpool. Settecentodieci presenze, centottantasei gol, undici trofei: un bottino niente male per partire alla volta di Los Angeles. Chapeau.
8. ANFIELD ROAD
Arriviamo alla fine, che corrisponde alla parte più emozionante della nostra storia. Il rapporto viscerale tra Gerrard ed Anfield, l’arena del Liverpool. Non un campo, bensì una casa. Non il luogo di lavoro, ma la vita quotidiana. Gerrard-Anfield, un legame a doppio filo indissolubile ed incancellabile. Una delle peculiarità che hanno reso celebre l’inglese in tutto il mondo. “Quando morirò seppellitemi ad Anfield” – ha più volte dichiarato. Una promessa d’amore che, siamo sicuri, sarà rispettata.
Finisce qui, subentrano ricordi ed un pizzico di nostalgia. Un’altra pagina del libro della nostra vita da pallonari cronici si chiude del tutto. Ancora. Nel nostro immaginario collettivo però ci piacerà sempre ricordare Stevie G palla al piede, in corsa, sul prato per lui infinito di Anfield Road. A bloccare un avversario, ad impostare il gioco, a segnare, ad esultare baciando la maglia e correndo a squarciagola sotto la Kop, la sua Kop. E ognuno di noi, nel suo piccolo, anche da lontano, glielo ricorderà ogniqualvolta lo si vedrà in TV o in campo, con altri ruoli. You’ll never walk alone vale per sempre, Steven.
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