Per noi la notizia non è arrivata neanche tanto come una sorpresa. Più che altro, è servita a smuovere il pianeta del pallone, a mobilizzare tanti personaggi che hanno fatto la storia del calcio, e a creare quella sensazione malinconica di fine di un’era. Perchè essenzialmente, in Inghilterra, oggi ci si sente così, dopo che Steven Gerrard ha deciso di lasciare il calcio giocato. Ormai era nell’aria, date le tante speculazioni dei media nei giorni scorsi. Niente Inter o Milan, niente panchina degli MK Dons, niente ritorno romantico al Liverpool, che forse avrebbe riscaldato il cuore di tutti gli appassionati del gioco più bello del mondo, ma sarebbe stata una avventura rischiosa e forzata.
Ma il suo addio non è stato uno di quelli pomposi, emozionali, commemorativi, strappalacrime alla Maldini o Inzaghi. Non c’è stata nessuna partita di addio, nessun bagno di folla, nessuna sciarpata, sbandierata, “magliata”. Nessun tifoso in lacrime ripreso in diretta TV, nessun giro di campo con i figli, niente guard of honour, niente compagni di squadra con la sua maglietta indossata al contrario, niente striscioni di ringraziamento, bandiere e stendardi.
“A una certa età il corpo comincia a parlarti, cominci a sentire tutti i dolori e le fitte più regolarmente, e quando sei in campo ti senti in un modo diverso,” ha detto Gerrard in un’intervista esclusiva ad un altro personaggio storico del calcio inglese, Gary Lineker. “Nei due anni appena trascorsi mi sono sentito andare più a rilento. Essenzialmente non sono riuscito a fare ciò che riuscivo a fare prima e col passare del tempo tutto ciò diventa un pò frustrante. Ci sono stati alcuni momenti quando ho pensato oggi non ho giocato bene, o quel mio avversario è stato più bravo di me. E queste sono cose che non mi piace pensare“.
Insomma, anche lui è umano. Gli scricchiolii della vecchiaia, i dubbi sul rendimento e sul contributo alla squadra. Per un calciatore, appendere gli scarpini al chiodo vuol dire tante cose. Ma in questo specifico caso per Liverpool significa anche di più. Oggi una parte della città è morta insieme al suo capitano. Mentre lasciamo agli opinionisti inglesi il dibattito su quale tra lui, Lampard e Scholes sia stato il miglior centrocampista, noi ci chiediamo un’altra domanda, forse più difficile da rispondere: dove sarebbe il Liverpool se non ci fosse stato Steven Gerrard? Probabilmente, in cerca di qualcuno come lui.
“Quando muoio, non portatemi all’ospedale. Portatemi ad Anfield. Sono nato lì e lì morirò.”
Tommaso Fiore
This post was last modified on 25 Novembre 2016
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