La notte dell’11 Novembre ci ha regalato un risultato inatteso, nella partita suprema del girone sudamericano di qualificazione al mondiale 2018, ovviamente Brasile-Argentina.
A questo “film” di Brasile-Argentina non manca proprio nulla per aggiudicarsi qualche importante premio cinematografico: attori protagonisti disseminati in entrambe le squadre (Messi, Higuain, Coutinho, Neymar), così come i non protagonisti (Biglia o Daniel Alves) e due registi meno conosciuti ma non per questo meno importanti, come Tite e Bauza. Insomma, un film che ha tutto per competere per l’Oscar…
Passando al lato meramente sportivo, la partita che doveva essere lo spettacolo per eccellenza è stata sì estremamente divertente, con ben 18 tiri di cui 8 pericolosissimi, ma è stata a senso unico. 3-0 per il Brasile. Secco, inappellabile.
Un Brasile che torna a giocare, dopo più di 2 anni, nello stadio del Mineirazo, riscattando (in minima parte) la figuraccia di quel 7-1 subito dalla Germania al mondiale casalingo. Un Brasile che, dall’arrivo di Tite, giunto in sostituzione di Dunga, ha inanellato 5 vittorie consecutive, condite dall’Oro Olimpico vinto a Rio de Janeiro, proprio contro la Germania.
Insomma, una Nazionale che ha carattere, non ha timore reverenziale e non ha più paura del suo passato e sulla quale, ad oggi, varrebbe la pena puntare come vincitrice finale del mondiale russo. Merito, anche e soprattutto, di Tite, che dopo aver vinto tutto col Corinthians nel giro di un paio d’anni sta ora dando un’impronta di gioco più europea e meno sudamericana al suo Brasile, sfruttando anche lo stretto rapporto tenuto con molti suoi fedelissimi: Marquinhos, lanciato da Tite prima di approdare alla Roma, Paulinho, pilastro del suo Corinthians pluricampeao, e Renato Augusto, guidato nel ritorno al Corinthians dopo un anno sabbatico, passato a studiare il calcio europeo nei centri di allenamento dell’Arsenal e del Real Madrid.
Dopo aver decantato quanto bene funzioni questo Brasile, trascinato dai gol del solito Neymar, di Philippe Coutinho (che è a un gol dal diventare il più prolifico brasiliano nella storia del calcio inglese) e di Paulinho, bisogna invece dire cosa proprio non va nell’Argentina.
Bauza ha ereditato una squadra a pezzi, soprattutto mentalmente: e come non esserlo, dopo aver perso 3 finali in 3 anni, di cui due consecutive ai calci di rigore? A livello tecnico, la squadra è inferiore a pochissimi, forse a nessuno: ogni nazionale è sfidata ad eguagliare un 11 capace di mettere in campo Romero, Zabaleta, Otamendi, Funes Mori, Mas, Perez, Biglia, Mascherano, Di Maria, Messi e Higuain. Quando, dopo la finale di Copa América Centenario, Leo aveva pronunciato l’addio alla Nazionale, il primissimo compito di Bauza fu quello di convincerlo a tornare. Missione compiuta, ma subito dopo bisognava ricostruire l’identità di tutta la squadra. Come nel romanzo pirandelliano, l’Argentina è Uno, nessuno e centomila.
L’Uno è, ovviamente, Messi, al quale oggi come allora è destinata la fascia di capitano in quanto unico a poter tirar fuori il coniglio dal cilindro, la magia al momento giusto, l’unico a poter sopportare, anche con sofferenza, questo peso; il Nessuno è il dopo-Messi, dal momento che se gli argentini hanno invocato addirittura il nome di Mauro Icardi per risollevare le sorti della nazionale albiceleste, il problema sta nei successori di uno dei due giocatori più forti del momento e tra i più forti di sempre; i Centomila sono le tante piccole identità che si stanno formando all’interno del gruppo; come in Dottor Jekyll e Mister Hyde, praticamente tutti i giocatori argentini nei club hanno un ritmo incredibile, in nazionale si spengono, come certificano i (soli) 16 punti raccolti in 11 partite di qualificazione.
Anche se è presto ancora per dire che Bauza ha fallito il suo obiettivo, le prospettive non sono esaltanti: l’ultima partita vinta risale al rocambolesco 1-0 contro l’Uruguay del 2 settembre; l’ultima vittoria convincente non è addirittura merito suo, in quanto si tratta del 4-0 rifilato agli States in semifinale di Copa América Centenario. Lo score di Bauza per ora è solo di 5 punti in 5 partite, che, ad oggi, non basta a proiettare l’Argentina al mondiale. Non solo, ma bisogna anche dire che l’Argentina deve ancora giocare contro tutte le altre big: la Colombia il prossimo mercoledì, il Cile il 23 marzo e l’Uruguay il 31 agosto.
Da quelle tre partite (dando per scontata una vittoria contro la Bolivia che, giocando a La Paz, scontata non è), si capirà il destino di questa Argentina: dovesse riuscire a ritrovare se stessa, la nazionale che fu di Maradona e Batistuta avrebbe le tre sfide contro Venezuela, Perù ed Ecuador prima di concludere il girone, andando così a giocarsi il mondiale; qualora invece da queste partite l’Argentina uscisse sconfitta (o anche “non-vincente”), il discorso si farebbe più complicato. Al momento attuale, infatti, gli uomini di Bauza hanno 7 punti di ritardo dall’Uruguay, 2 dalla Colombia e solo 1 dal Cile. Quello che l’Argentina rischia è che le altre si coalizzino per estrometterla dal mondiale, non tanto per antipatia, quanto per avere una chance in più di vincere la manifestazione.
Appuntamento dunque per mercoledì 16, con Argentina-Colombia, l’una a caccia di certezze e riscatto, l’altra in cerca della mazzata definitiva per Messi e compagni.
This post was last modified on 12 Novembre 2016
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