Se diciamo che un ragazzino di appena diciotto anni gioca con costanza nel Borussia Dortmund non ci sorprende, è semplicemente la filosofia della società. Se il giocatore in questione viene dagli USA e l’unica esperienza, a livello di club, prima di solcare uno dei campi più difficili e belli del mondo è stata nella PA classic, squadra di una località di 14mila anime, ha una marcia in più.
Tutto questo è Christian Pulisic, arrivato in Europa con una valigia piena di sogni. Il viaggio dei nostri antenati a ritroso, speranzosi di fare fortuna nel nuovo continente.
Nessun problema, Christian si sta per togliere le prime soddisfazioni a livello individuale grazie alla nazionale del suo paese. Con la maglia a stelle e strisce fuoriesce tutta la sua classe, contro il Brasile U17 danza per il rettangolo di gioco, incanta, segna, ammutolisce gli inventori del dribbling, onorando la pesante numero 10 sulle spalle. Spiazza tutti, dentro e fuori dal campo, venendo anche nominato miglior giocatore del match.
La Nazionale U17 e le fortune di Pulisic viaggiono sulla stessa frequenza d’onda. Il ragazzo si rivela il motore e il cervello della squadra conducendola alla vittoria del torneo Aegean Cup Championship insieme a Gallardo e Haji Wright, i capocannonieri del team. Non sempre conta quanti gol fai e la storia di Christian rappresenta un esempio concreto. Gli scout del BVB puntano tutto su di lui, rimangono stregati dalle giocate, dalla velocità di pensiero, dall’essere pragmatico, qualità fuori dal comune per un ragazzo a cavallo fra i 16 e i 17 anni.
Ai piani alti della squadra tedesca si discute sul possibile ingaggio, d’altronde le credenziali ci sono tutte: giovane, tecnico, rapido, polivalente. Dopo un anno i dirigenti alzano la cornetta e il telefono del padre di Pulisic squilla. Offerte così arrivano una volta nella vita, il ragazzino prende il primo volo per la Germania, pronto ad approdare nel cuore della Ruhr. Da Hershey a Dortmund, dall’U17 a fenomeni come Reus e Götze, Aubameyang e Kagawa.
A Gennaio 2015 si aggrega alle giovanili e per farsi notare ci metterà poco, considerando l’età. Solamente 365 giorni più tardi Thomas Tuchel lo convoca in prima squadra e lo fa esordire nella vittoria per due a zero contro l’Ingolstadt. Un sogno che si avvera, il classe ’98 brucia le tappe, il periodo di gavetta nel purgatorio delle giovanili è già concluso. La stagione continua in crescendo, la settimana dopo è già titolare sul difficile campo delle Aspirine. Non aver paura a dare spazio ai giovani è l’unico modo per farli esplodere e Tuchel lo sa bene, ha intravisto delle potenzialità e vuole farle emergere.
Il 17 aprile arriva la prima perla in campionato, dinanzi al pubblico mozzafiato del Westfalenstadion Pulisic la sblocca: riceve dentro l’area, stop di sinistro con cui salta di netto il difensore e missile rasoterra sul primo palo.
Tutti in piedi ad applaudire il ragazzino che vuole cambiare la storia, colui che può scrivere una pagina indelebile sull’almanacco del calcio americano, colui che potrà e dovrà far meglio di Dempsey e Donovan, diventando il migliore.
This post was last modified on 4 Novembre 2016
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