Da molti storici il Medioevo è stato indicato come uno dei periodi più bui dell’intera storia dell’Umanità. Un arco di tempo lunghissimo fatto di guerre, pestilenze e credenze popolari. Immaginiamo di trovarci proprio in quegli anni, precisamente nel 1300; immaginiamo, ancora, di intraprendere un viaggio che ci porta in Francia. Attraverso questo viaggio potremo scoprire che l’alone di mistero che accompagnava il Medioevo si è conservato nel tempo fino ad arrivare ai nostri giorni. Nel viaggio spazio-temporale andremo ad incontrare un personaggio al quale la leggenda attribuisce la scoperta di un qualcosa di magnifico che – come vedremo più avanti – ha a che fare con il mondo del calcio e con un ragazzino in particolare. Allacciate le cinture: si parte!
NICOLAS FLAMEL: L’ALCHIMISTA – Seconda metà del 1300, siamo in Francia, precisamente a Pontoise, nella parte nord-ovest di Parigi. Andando a curiosare per le vie della cittadina possiamo imbatterci nella Cattedrale, possiamo passeggiare lungo le sponde del fiume Oise e scambiare quattro chiacchiere con gli abitanti del posto che, come argomento principale, hanno tutti lo stesso. Infatti, chiunque racconta la storia di un tale Nicolas Flamel, oggi sconosciuto ai più, ma autore di qualcosa di veramente strabiliante. La storia di Nicolas Flamel, così come quella di molti personaggi illustri, ha a che fare con un viaggio. Siamo attorno al 1370 e Nicolas, un alchimista, ha una visione durante il sonno: è un angelo che gli indica di acquistare un libricino misterioso. Flamel riesce a recuperare il libretto e cerca in ogni modo di decifrarlo. Si reca in Spagna e qui ha un incontro con un saggio che gli apre le porte della conoscenza: l’uomo nota il libro e lo riconosce immediatamente, indicando a Nicolas come decifrarlo. È un libro di magia che, una volta decifrato, porta a qualcosa di sconvolgente. Flamel, insieme all’aiuto della moglie, riesce a decifrare il libricino e arriva alla tanto agognata scoperta: il libro contiene la ricetta per la creazione della Pietra Filosofale.
AMINE HARIT E L’ALCHIMIA – La Pietra Filosofale è il simbolo dell’alchimia. È ciò che rappresenta il bisturi per il chirurgo, la penna per lo scrittore, la nave per il marinaio. È l’equivalente del pallone nel gioco del calcio. Già, il calcio. Questo sport ha messo le sue radici ovunque e la Francia non poteva mancare all’appello. È adesso che le storie di Nicolas Flamel e dell’altro protagonista del racconto si fondono come elementi sotto le mani dell’alchimista. Il secondo protagonista di questa bizzarra storia è un altro francese, anch’egli nato nella stessa cittadina di Flamel. Strano, vero? Si chiama Amine Harit, ha 19 anni e gioca a pallone. Chi lo vede su un campo da calcio non può non innamorarsene. Sembra quasi che l’essere nato e cresciuto a Pontoise, in quei vicoli stretti, sulle sponde del fiume, abbia fatto prendere a questo ragazzino tutta la magia che si respirava ai tempi di Flamel. È come se lo spirito dell’alchimia, la potenza della Pietra Filosofale, facciano parte del modo d’essere di Harit e soprattutto del suo modo di giocare. È un trequartista tecnicamente pazzesco: riesce a trasportare lo spettatore in una dimensione paranormale, come se nel campo da gioco si abbattesse un’ondata di misticità capace di far perdere i sensi. Passa dalla difesa all’attacco con una semplicità disarmante, gioca in ampiezza allargando e restringendo il campo quando decide lui. E poi accarezza il pallone. Quella sfera per lui è un’amica, qualcuno di fidato dal quale non staccarsi mai.
L’IMMORTALITA’ DEL TALENTO – La caratteristica principale della Pietra Filosofale è l’Elisir di lunga vita. Chi è in possesso della Pietra può raggiungere l’immortalità. La leggenda – come abbiamo visto nel nostro viaggio immaginario nel tempo – attribuisce la creazione della Pietra ad un francese. Ed è proprio in alcuni francesi che possiamo ritrovare l’immortalità. Un’immortalità che riguarda il talento nel giocare a pallone. È il talento la vera incarnazione dell’elisir di lunga vita. E lo stesso talento si è tramandato e si tramanderà di generazione in generazione, di calciatore in calciatore. Èric Cantona, Thierry Henry, Zinédine Zidane, Michel Platini. Questi quattro nomi sono esempi di come il talento, quello puro, quello immortale di cui stiamo parlando, ogni tanto decida di incarnarsi in qualcuno. Ad oggi, sembra che l’aura di Nicolas Flamel, che la forza della Pietra Filosofale, che il talento immortale, abbiano un nuovo corpo dentro al quale entrare. Il corpo di un ragazzino francese che gioca nel Nantes, con la maglia numero 14 di un altro grande esempio di talento francese (il sopraciato Titì Henry). Questo corpo pronto ad accogliere l’immortalità ha un nome ed un cognome: Amine Harit.
Giuseppe Gerardi