Tra coincidenze e voodoo: lista dei calciatori portafortuna nella storia

Ultimo aggiornamento 9 Ottobre 2016 14:11 di

Ci sono giocatori amati per quello che fanno in campo. Ci sono giocatori che per lo stesso motivo vengono vituperati, e bollati alla storia come “bidoni”. E poi ci sono loro: quelli che non importa se sono fenomeni o pippe ambulanti, l’importante è che siano sempre lì. Perché in qualche modo la loro presenza è fondamentale, non tanto per questioni tecnico-tattiche, ma per misteriose tracce astrologiche stellari, misticismi ancestrali, coincidenze, rituali tribali, riti pagani che in un modo o nell’altro condizionano la partita. Ecco quindi una lista di chi è sempre meglio tenere per mano, ben stretto, per non incorrere in terribili macumbe.

BAKAYE TRAORE

Bakaye Traoré, il più famoso tra i talismani
Bakaye Traoré in versione karateka.

Quando chiesero ad Allegri per quale motivo lo schierasse sempre negli ultimi minuti di gioco, il buon Max spiazzò tutti:Porta bene”. Evidentemente aveva già capito tutto: Bakaye Traorè, per molti più semplicemente Bakarì, arriva al Milan dal Nancy, senza che nessuno ne comprenda il motivo: non ha nessuna dote calcistica per cui apprezzarlo in particolare. Al termine della sua esperienza rossonera, non avrà praticamente niente per cui farsi ricordare (un gol sfiorato in coppa Italia contro la Juve e un giallo per un fallo inutilissimo su Iniesta in Milan-Barcellona 2-0, in cui l’esaltato popolo di San Siro lo acclamò come un eroe), ma tutti lo ricordano con affetto come “il Talismano”. Le sue imprese in tal senso sono moltissime, la più famosa rimane quella di aver imposto le mani su Mexes nell’intervallo di Siena-Milan: il biondo francese segnerà poi il gol che qualificherà il Milan in Champions League. Sapere se i diavoli sarebbero riusciti in questa conquista senza quel gesto, è un mistero.

Ibrahim Ba. In questa foto sembra chiedersi cosa ha fatto di male.
Ibrahim Ba. In questa foto sembra chiedersi cosa ha fatto di male.

IBRAHIM BA

Prima di Bakarì un altro giocatore in casa Milan è stato insignito di questo titolo. E’ il caso del tuttofare Ba, che in molti ricordano per essere stato il degno rivale di Taribo West in quanto a pettinature stravaganti in quel dei Navigli. La sua carriera lo porterà a girovagare in mezzo mondo, senza però lasciare tracce della sua bravura. I dati a suo favore, però, sono incredibili: il Milan con lui in rosa vince una Champions League e uno scudetto, ma il capolavoro arriva nel 2007, quando viene ingaggiato “per portare fortuna”. Arriveranno un’altra Champions, una supercoppa europea e una coppa intercontinentale; quando va in prestito al Perugia, gli umbri si salvano e decidono la lotta scudetto con il celebre pantano nella partita con la Juve; con lui in rosa il Marsiglia non ottiene risultati, ma escono dalla difficile situazione finanziaria in cui si ritrovavano grazie alla costante presenza dei tifosi allo stadio (50mila in media); al Bolton arriva il miglior piazzamento nella storia della società; al Djurgårdens vince lo scudetto. Tutte coincidenze?

padoin
Simone Padoin, per tutti “il Pado”

SIMONE PADOIN

La Gazzetta lo ha valutato 600 milioni, all’incirca quanto i tridenti di Real Madrid e Barcellona messi insieme. Per alcuni fu un evidente errore di battitura, ma per molti fu una giustissima valutazione di quello che per anni è stato il soldato da trincea della Juve. Idolo assoluto della tifoseria assieme a Rubinho (il quale non si sa se in questi anni abbia mai pagato l’abbonamento per vedere le partite allo stadio), anche se i titolari erano altri, in molti pensano che è solo grazie a lui se la Juventus ha vinto in questi anni. Alcune coincidenze forse non sono poi da considerarsi tali: Gregorio Paltrinieri, prima di vincere l’oro olimpico, era stato allo Juventus Stadium, sedendosi proprio nel posto del Pado; Rugani ha segnato il suo primo gol stagionale dopo aver toccato con mano l’ex portafortuna bianconero. Se il Cagliari dovesse vincere qualcosa, sapete già a che santo rivolgervi.

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Uno dei famosi baci di Laurent Blanc a Barthez in Francia ’98.

FABIEN BARTHEZ

Ad essere onesti, Barthez è famoso per essere stato un portiere francese, nano e pelato. Esiste pure un dj con un nome come il suo (per precisione il dj si chiama Barthezz, una z in più che non cambia il suono). Annovera nel curriculum un sacco di vittorie, tra club e nazionale, e nonostante la sua altezza sembrava un gatto felino pronto a saltellare ovunque fosse diretta la palla. La domanda a questo punto è ovvia: che ci fa qui? Nel mondiale del ’98 Laurent Blanc, prima di ogni partita, baciava la crapa pelata del portiere francese. Pratica che si riproponeva in caso di tempi supplementari e/o rigori. Per sapere come è andata a finire, chiedere a Brasile, Croazia, Di Biagio, Paraguay e compagnia bella. E chiedetevi anche perchè, senza nessuno che gli baciasse la fronte, nel 2006 la Francia fece cosa buona e giusta.

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Capitan Magnanelli, sempre grintoso.

FRANCESCO MAGNANELLI

Dieci anni fa, quando lui era appena ventenne, non avrebbe mai pensato di arrivare ai livelli in cui gioca adesso, ma adesso è qui, in serie A, con la fascia di capitano. Prima del suo arrivo Sassuolo vivacchiava tra serie C e campionati interregionali, giocando nel più piccolo (e vero campo di casa) stadio Ricci, oggi “degradato” a campo di allenamento. Quello che è successo dopo lo sappiamo tutti: promozioni su promozioni il Sassuolo è giunto fino alla Europa League, manifestazione in cui non sta per niente sfigurando. Tutto nato dopo l’acquisto del giovane Magnanelli, che, assieme al portiere Pomini, ha vissuto tutta la scalata dal basso verso il paradiso. Pomini però è arrivato un anno prima, perdendo i playoff contro il Pizzighettone. Con Magnanelli, questo non sarebbe successo, ne siamo sicuri al 100%.

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Un composto e alquanto sobrio Troianiello.

GENNARO TROIANIELLO

In questi giorni sta spopolando il gol in rovesciata che ha fatto in allenamento con il Verona. Ma al di là di questo, Troianiello annovera una serie di “casualità” di cui è necessario dover tenere conto: nella sua carriera ha girato mezza Italia, senza fare distinzioni tra nord, centro e sud. Non ha mai militato nella stessa squadra per più di due stagioni (13 le squadre totali, un numero a caso) e nei quasi 19 anni di carriera ha raggiunto la bellezza di sette promozioni, (quattro raggiunte nel lustro 2011-2015) e una coppa Italia regionale con l’Ischia, senza considerare tutte le salvezze raggiunte. Insomma, avere Troianiello in squadra significa raggiungere i propri obiettivi, e quello del Verona, per quest’anno, è tornare in serie A.

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Park Ji Sung. Per chi non lo sapesse nominare, Par Che Ggio.

PARK JI SUNG

Un giocatore che ha fatto la fortuna di tanti videogiocatori: duttilissimo e sempre pronto a sacrificarsi per la squadra, giocando bene sia in fase difensiva che offensiva, pupillo di uno che di calcio ne capiva abbastanza, un tale di nome Alex Ferguson. Presente nell’ultimo United capace di vincere la Champions League e nella terribile Corea del Sud del 2002. C’era anche nel Psv Eindhoven arrivato ad un soffio dalla finale di Champions di Istanbul. Poi si invecchia. E arrivano prima la retrocessione con il QPR, poi una scialba stagione nel rientro al Psv. Sembra che l’influsso del portafortuna di sir Alex sia terminato nel finale di carriera, ma chissà… chissà se fosse rimasto allo United e in nazionale cosa sarebbe successo… sarebbero ancora così in difficoltà?

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Alan Rough, una vita complessa e complessata.

ALAN ROUGH

Molti si chiederanno chi sia questo tizio e perchè si trovi qua. In Scozia è stato una leggenda: portiere della nazionale in tre mondiali diversi, dal ’78 al ’86, finito tra i giocatori in porta con più presenze (il suo record, 53, è stato battuto dallo sdentato erede Jim Leighton, ben 91). Ma ciò che lo ha contraddistinto di più è stata la sua maniacale ricerca di fortuna. La lista delle cose da fare prima della partita ai più sembrerà assurda, eppure è questa: non dimenticare l’anello portachiavi a forma di cardo, portare in campo una vecchia pallina da tennis, mettere in tasca una scarpa da calcio in miniatura, portare una piccola maglia a forma di stella, usare sempre il gancio numero 13 negli spogliatoi, indossare la maglia numero 11 sotto la numero 1, far rimbalzare tre volte il pallone nel corridoio che porta al terreno di gioco, calciare il pallone nella rete vuota e, per chiudere in bellezza, soffiarsi il naso più volte possibile durante la partita. I risultati sono i seguenti: due Championship, una Premier League, una coppa di lega e una di Scozia. Tutto questo in 21 anni di carriera: a voi il giudizio.

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Il capelluto Trezeguet con papà e mamma a fianco.

DAVID TREZEGUET

“Quando gioca segna sempre Trezeguet”: un coro cantato molto spesso tra i tifosi della Juve, che hanno amato alla follia uno dei senatori “rimasti” dopo la retrocessione in serie B. Sarebbe completamente inutile parlare di fortuna nella sua carriera: questo ragazzo ha fatto troppi gol tra club e nazionale; ha vinto un mondiale, un europeo, campionati in qua e là e titoli capocannonieri. Perché parlare di fortuna quando si nomina Trezeguet? Molto semplice: dietro a ogni fenomeno si cela un mistero, o un trucco. Il suo si chiama Beatriz: è sua madre, non gli assomiglia per niente ed è famosa per essere la più grande ultrà del figlio. Quando la mamma di Trezeguet guarda le partite, il figlio segna. Quando non lo guarda, ad esempio i rigori di Berlino 2006, o quelli a Manchester 2003… coincidenze?

Il polpo Paul. Legittimo chiedersi cosa c'entra.
Il polpo Paul. Legittimo chiedersi cosa c’entra.

POLPO PAUL

Nel calcio vale tutto, se vinci. A parte imbrogliare (a meno che non ti scoprono, ne sappiamo qualcosa in Italia). Potremmo parlare delle miriadi di riti voodoo che caratterizzano il calcio africano, o di migliaia e migliaia di gesti e rituali di giocatori di tutte le categorie. Qui però si va sul pesante: può un polpo far vincere la propria squadra? La sua storia è stata divertente, esplosiva, surreale, e la conosciamo tutti: sette risultati su sette indovinati, pure la sconfitta con la Serbia. In quei giorni le persone più ragionevoli avranno pensato:“E’ soltanto un polpo! Non sa neanche cosa sta facendo!”. Eppure la Germania in quel mondiale fece esattamente ciò che disse il polpo Paul. Nelle manifestazioni successive altri animali sono stati interpellati, ma nessuno può competere con l’originale. E perdonateci se non è un calciatore vero e proprio, ma anche lui, in un certo senso, è riuscito a metterla dentro parecchie volte.

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