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Massimo Oddo: oltre il mito

Tutti hanno sentito parlare di Achille, Ulisse, Zèus e tutti quei personaggi legati alla mitologia. Ma – forse – non tutti sono a conoscenza di un personaggio molto affascinante legato a questo mondo: Sisifo. Sisifo era un uomo che andò contro le divinità, in particolare contro Zèus, il dio più importante. Il mito narra di come Sisifo avesse beccato il re degli dèi con la ninfa Egina, figlia di Asopo. E narra anche di come quest’ultimo fosse stato informato del suddetto “avvistamento” dallo stesso Sisifo. Quando Zèus venne a sapere della soffiata fatta dall’uomo, decise per lui una dolorosa condanna: Sisifo avrebbe dovuto spingere un masso dai piedi di un monte fino alla cima per l’eternità ma, una volta in vetta, il masso sarebbe scivolato di nuovo fino in fondo e Sisifo avrebbe dovuto ricominiare tutto da capo.

IL MITO DI SISIFO E LA SERIE A – La filosofia delle squadre cosiddette “piccole” della nostra serie A può essere paragonata alla condanna di Sisifo. Volete sapere il perché? Quella di Sisifo è una condizione assoluta, immutabile, uno sforzo eterno che non porta a risultati; quella delle “piccole” è quasi identica: stessa condanna, stessi stili di gioco, stesso masso da spingere, stessa assenza di risultati. La mentalità delle “provinciali” non porta a nulla, se ti chiudi in difesa, se non proponi gioco, se pensi a difenderti invece di attaccare, se giochi sempre nello stesso modo, finisci per prendere gol, di perdere e – nel peggiore dei casi – di retrocedere (così come Sisifo è retrocesso per poi risalire e retrocedere ancora, ancora e ancora). Non a caso, le squadre “piccole” che hanno avuto molti consensi e risultati sono state quelle che hanno proposto gioco: il Chievo di Delneri, il Palermo di Delio Rossi, il Sassuolo di Di Francesco e…il Pescara di Massimo Oddo.

RIVOLUZIONARE LA MENTALITA’ DELLE “PICCOLE” – Oddo è alla terza stagione sulla panchina del Pescara: nei due anni precedenti ha prima fallito la promozione nella finale play-off contro il Bologna dopo sver ereditato la panchina alla penultima giornata dall’esonerato Baroni, mentre l’anno scorso ha trionfato – sempre ai play-off – contro il Trapani di Serse Cosmi (nell’occasione Massimo fu protagonista di un gesto bellissimo: al fischio finale andò a consolare Cosmi letteralmente scoppiato in lacrime). Oddo ha completamente stravolto il modo di giocare dei Delfini. I principi cardine della sua idea di calcio sono chiari: gioco di posizione, pressing alto, possesso palla e assenza di ruoli. Già, assenza di ruoli spiegata da Oddo in questo modo: <<I miei giocatori non devono avere schemi predefiniti. Si devono muovere in relazione alla palla, all’avversario e al compagno>>. Il Pescara ha espresso il miglior gioco della serie cadetta tanto da portare a paragoni illustri: Oddo il nuovo Guardiola e il gioco del Pescara simile a quello del Barcellona. Ovviamente il paragone è esagerato, ma fa capire la personalità di quest’allenatore, uno che da calciatore ha vinto tutto ciò che c’era da vincere e che ha esperienza da vendere avendo visto giocare squadre con stili di gioco molto differenti.

COSTRUIRE PARTENDO DALLE CRITICHE – Massimo Oddo è un allenatore modello: preparato tatticamente, emotivo, carismatico, leader dentro e fuori dal campo. Un personaggio che difende sempre i suoi calciatori dopo una sconfitta e che li esalta dopo una vittoria. Emblematica è una conferenza stampa di poco tempo fa in cui veniva criticata la sconfitta del Pescara a Roma contro la Lazio. Oddo ha preso le difese dei suoi uomini, si è messo in discussione, ha spiegato che più che l’aspetto tecnico, è quello psicologico a fare la differenza e che è contento quando la squadra viene criticata, perché in questo modo riesce a farsi un’idea di ciò che va e di ciò che non va e – quindi – può essere in grado di attuare comportamenti che possano portare ad un miglioramento sia personale che per la squadra. Che dire? Un allenatore davvero completo, e pensare che è solo al terzo anno fra i professionisti…

Massimo Oddo è molto più di un semplice allenatore. Pensate che nei suoi quarant’anni di vita è stato: terzino destro (e che terzino!), Campione d’Italia, Campione d’Europa, Campione del Mondo per club, Campione del Mondo con la Nazionale in Germania (come dimenticare il post finale Mondiale 2006? Massimo era completamente ubriaco davanti alle telecamere), parrucchiere (i capelli tagliati di Camoranesi in mezzo al campo a Berlino vi dicono niente?), dottore in scienze manageriali, fondatore di un’associazione a scopo benefico che prende il suo nome e – appunto – allenatore. Dite che come curriculum è accettabile? Tutto questo è stato possibile perché Oddo ha creduto in se stesso, conosceva le sue capacità e le ha sfruttate al meglio.

Quest’anno, in campionato, abbiamo l’opportunità di vedere una squadra che pur essenso limitata nei singoli rispetto ad altre (soprattutto in materia di esperienza), offre uno spettacolo corale degno della miglior orchestra sinfonica. Tutto questo è merito di Massimo Oddo, un Sisifo che non si è rassegnato e ha scaraventato quel masso giù dal monte. La differenza è che non è andato a riprenderlo per portarlo su, ma è rimasto in cima per gustarsi il panorama.

Giuseppe Gerardi

This post was last modified on 7 Ottobre 2016

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