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Dalla terra di periferia al cielo di Kiev: Maurizio Sarri ce l’ha fatta

I campi di periferia forgiano l’anima delle persone. Quando su quel rettangolo, in pieno inverno, vedi i conetti disposti, pensi che per te sia un’altra serata da dimenticare. Quando il freddo ti penetra nelle ossa, i tuoi pensieri sono ricoperti di acqua calda e cioccolata.

Quei campi illuminati con riflettori spenti di sogni ormai andati, sono stati calcati, percorsi, sudati da tutti. Da giovani di talento che poi con gli anni hanno perso la strada per colpa di un amico malsano, da mariti che, pur di continuare a giocare, tornavano a casa per poi discutere con le mogli ormai stanche di disfare e pulire il materiale. Il sabato mattina un bacio ai figli e via, si parte per la partita al campo vicino. Quegli spogliatoi sempre troppo piccoli e senza riscaldamento, quelle docce che sembrano esser sempre troppo strette per tutti e, sempre così, con le manopole del caldo e freddo poste al contrario. Fischio d’inizio. Che la battaglia cominci.

Sulle panchine c’è sempre una strana agitazione sul volto dei mister, come se si stessero giocando tutto. Sulla panchina dello Stia, seconda categoria, c’è un tizio che fuma, tanto. Ha gli occhiali da vista e una tuta. Che personaggio strano. Sbraita e si muove come fosse in serie A. La gente dagli spalti lo guarda divertita e qualcuno urla: “Mettiti seduto, personaggio!”.

Quel personaggio allena a tempo perso, lavora in banca e ha una passione sfrenata per il calcio e per il Napoli. Fin qui tutto normale. Oggi, probabilmente, non sarà normale per quei tifosi che lo accoglievano prendendolo a parolacce, vedere che ora è un allenatore di serie A. Maurizio Sarri ce l’ha fatta. Uno che lascia il posto di lavoro in banca per dedicarsi completamente al calcio, uno che debutta in Champions, vince e dedica la vittoria alla moglie. Uno che per ogni tirata di sigaretta inspira la vita ed espira i pensieri malsani. Dallo Stia al Napoli. Una carriera fatta di gavetta e campi in terra. Follia. Magia. Il carattere e la voglia spesso sono più forti di raccomandazioni e spinte che poi, col tempo, fanno cadere anche i più protetti. Maurizio con i suoi schemi e le sue urla che ti penetrano nell’anima è riuscito ad imporre uno stile di gioco apprezzato da tutti.

A Kiev abbiamo visto, dietro i suoi occhiali che proteggevano il suo sguardo nudo e cruento, vistosa emozione. Non è da tutti passare dai clacson delle macchine come sfondo sonoro delle partite del sabato di paese alla musica Champions. Chissà se il mister abbia pensato ai suoi vecchi ragazzi, ai litigi con gli allenatori sempre pronti a dichiarare guerra pur di avere una birra pagata. Chissà se, al fischio d’inizio, non abbia pensato ai suoi debutti, ai suoi campi e al suo primo giorno di allenamento.Ho scelto come unico mestiere quello che avrei fatto gratis. Ho giocato, alleno da una vita, non sono qui per caso. Mi chiamano ancora l’ex impiegato. Come fosse una colpa aver fatto altro”. Chapeau. Sotto di un gol, rimonta e vince. Prima partita e primi 3 punti in Champions.

Maurizio, anche questa è andata, e ne siamo certi: quei conetti che posizionavi per i tuoi ragazzi in quegli inverni gelati di speranza su quei campi in terra, oggi sono solo un dolce ricordo che ti ha portato fin dove sei ora. “Mettiti seduto, personaggio!”. Qualcuno avrà cambiato idea

Emanuele Giubilei

This post was last modified on 14 Settembre 2016

redazione

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