La gioia di vivere è una sensazione troppo mutevole per essere calcolata e analizzata, per essere catalogata scientificamente. Esistono quelle giornate in cui no, la voglia di restare nel letto è troppo forte. Eppure il dovere chiama: tra una tazza di caffè e una doccia riprendi energia, corri al lavoro e fingi qualche sorriso. Ripeti all’infinito facendo scorrere il calendario in questa routine che ti porge un’ingannevole sensazione di autonomia. Poi vi sono quelle giornate in cui è Marco Aurelio a fornirti un grosso aiuto: “Al mattino, quando non hai voglia di alzarti, ti sia presente questo pensiero: mi sveglio per compiere il mio mestiere di uomo”. E allora sì, un po’ di autostima torna a circolare nella psiche: siamo tutti rotelle di un meccanismo in continuo movimento, ognuno di noi è indispensabile nel suo piccolo. Ogni tanto vale la pena ricordarlo: è il mestiere di uomo, è quello che ti spinge a fare la differenza e a rialzarti dalle cadute più rovinose, a risollevarti gloriosamente dalle sofferenze più atroci.
Alex Zanardi, il mestiere di uomo, lo pratica ogni giorno da ormai 15 anni. Con il sorriso sempre acceso sul volto e la capacità di scherzare come una volta. 15 settembre 2001: non siamo in grado di leggere nei pensieri di Alex, né tanto meno di sproloquiare sui “se” e i “ma”. “Ho avuto in dote un inguaribile ottimismo”: basta questa frase, pronunciata davanti a David Letterman, a rendersi conto di quanta gioia di vivere alberghi in quest’uomo. Il 15 settembre 2001, allora, può rappresentare anche una sorta di rinascita. Basta guardare gli eventi dalla prospettiva giusta. Riavvolgiamo il nastro, con uno sguardo al passato: Alex Zanardi ha vinto due mondiali in Formula Cart, ha tentato il salto in Formula 1 con risultati demotivanti (appena un punto in totale).
Tornato in Formula Cart, il 15 settembre 2001 in Germania disputa una delle sue migliori gare: recupera una posizione dopo l’altra e si piazza in vetta. Poi il pit-stop. Il rientro in pista. Il testacoda. La macchina di Alex Tagliani e gli occhi probabilmente chiusi, sbarrati dalla paura o dall’attesa di un destino infausto. Dicono che in quei momenti la vita scorre veloce davanti agli occhi: in quel preciso istante Alex non poteva sapere che il meglio sarebbe arrivato dopo, per quanto la strada, nei successivi quindici anni, non sia stata mai in discesa. Alex l’ha percorsa a bordo di una handbike, perché le gambe le ha perse in quel tragico incidente. E’ rimasto incosciente per una settimana. Eppure ha provato a tornare in gara, a bordo di una monoposto, indossando un paio di gambe artificiali disegnate da lui. Poi, però, ha realizzato di poter fare la differenza, di poter dare l’esempio a chi esce demoralizzato dagli incidenti della vita, a chi dalle fatalità si lascia travolgere.
Il paraciclismo è la nuova vita di Alex Zanardi. A Londra, alle Paralimpiadi 2012, ha conquistato due ori e un argento. Ai Mondiali, di primi posti, ne ha collezionati ben otto. Il viaggio, però, non si ferma: prosegue verso Rio, arriva al 14 settembre 2016. Oggi. Toh, un giorno in più e sarebbero trascorsi esattamente 15 anni dall’incidente. In Brasile, oggi, Zanardi ha conquistato un altro oro nella handbike crono, con una rimonta d’autore a quasi 50 anni. L’ha dedicato, poi, a Gianmarco Tamberi, il saltatore in alto che ha dovuto rinunciare alle Olimpiadi per un infortunio.
I successi, gli ori, i primati, però, passano in secondo piano. Lo sport non è solo vittoria: è un insieme di lezioni di vita che portano degli esempi viventi come Zanardi a sostegno. Lo sport è lacrimare, sudare, sanguinare, cadere, crollare, sentirsi bersagliati, inutili, perdenti. Ma è anche alzare le braccia al cielo, trionfare, ridere, lacrimare (di gioia), sollevarsi sul gradino più alto di un podio fisico e metaforico, sentirsi in vetta al mondo. E’ sport, è vita. Così, “al mattino, quando non hai voglia di alzarti, ti sia presente questo pensiero: mi sveglio per compiere il mio mestiere di uomo”. Il mestiere di Alex Zanardi.
Vittorio Perrone
This post was last modified on 14 Settembre 2016
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