I riflettori illuminano il Turf Moor: Burnley torna a sorridere, a gioire, a sognare e a lasciarsi, per novanta minuti, tutti i problemi alle spalle. Gli anni Settanta hanno messo letteralmente in ginocchio le 90000 anime di una delle Market Town più importanti dell’Inghilterra post rivoluzione industriale. Non c’è più nulla, solo un rettangolo di gioco con ventiduemila posti a sedere costruito nel 1883. Questo stadio è tutto per chi è rimasto a lottare e a sperare che la fortuna torni a sorridere, basti pensare che ci si può anche sposare all’interno come a dire: “passerò con te la mia vita, vecchio Turf”. Da quattro anni il futuro, almeno quello calcistico, è diventato più roseo, anzi più ginger: Burnley ha trovato il suo eroe senza calzamaglia, a Sean Dyche basta una cravatta bordeaux e una camicia bianca per svolgere il suo compito.
SUICIDE SQUAD – Povertà e disoccupazione generano sempre altro male, la Suicide Squad è ancora in attività. Niente cattivi nelle vesti di paladini come nel film campione d’incassi, solo uno dei gruppi più violenti di Hooligans dell’Inghilterra, purtroppo. Tra gli atti più cruenti della firm si ricorda il ragazzo neanche maggiorenne ucciso a coltellate, si trovava semplicemente nel posto sbagliato al momento sbagliato. Cosa c’entra con Dyche? Da quando siede sulla panchina, gli atti di violenza sono quasi cessati. L’eroe di Kettering in quattro anni è riuscito a cambiare volto all’intera città, almeno durante il weekend.
DYCHE GIOCATORE, TANTA GAVETTA – La carriera da giocatore rispecchia, almeno per ora, quella da allenatore: tanta cattiveria agonistica, voglia di emergere e soprattutto esperienza in promozioni. Chesterfield, Milwall, Bristol e Nothampton. Difensore centrale senza fronzoli, una carriera stroncata (a suo dire) da un infortunio rimediato quando appena diciottenne militava nel Nottingham di un certo Brian Clough. Tanta gavetta, partito dalla nostra C2 fino ad arrivare alla Serie B. Step by step ha conquistato e sudato ogni promozione senza mai arrivare in Premier, sfiorandola una sola volta. Nulla di eccezionale alla fine dei conti, ma tanta esperienza che si può maturare solo vivendo determinate realtà per diciasette anni.
GINGER MOURINHO- La svolta avviene nel Novembre 2012, appena un mese dopo aver firmato il contratto da assistent e della Nazionale Inglese u21. Eddie Howe lascia Burnley per tornare a Bournemouth, i Clarets puntano su Dyche che, senza pensarci due volte, accetta l’incarico. Strano il destino, se Howe non avesse accettato quest’anno non si sarebbero incontrati entrambi in Premier. Una breve digressione su una delle tante favole del football, sport che non smette mai di stupire per gli intrecci che riesce a creare. Sean impone subito il suo credo: tanta aggressività, ordine in campo e ripartenze fulminee. Il possesso palla e le statistiche? No, grazie. Contano i punti, conta fare un gol in più agli avversari, in parole povere conta il risultato. Ci vuole un po’ per ingranare la marcia giusta, la prima stagione si conclude con un piazzamento di metà classifica, ma il bello deve ancora venire. La preparazione estiva è fondamentale per ogni allenatore per imprimere la propria impronta e filosofia alla squadra, a Dyche è riuscito sublimemente. Secondo posto in Championship, miglior difesa con soli 35 gol subiti in 46 incontri, solamente cinque sconfitte e 93 punti conquistati. Dopo tanti anni l’Olimpo del calcio non è più un’utopia, anzi diventa una solida realtà. La favola, però, finisce dopo appena nove mesi, la difesa fa acqua da tutte le parti e la stagione si conclude con un diciannovesimo posto che fa scivolare ancora una volta il Burnley nel purgatorio della Championship. Generalmente dopo un’impresa un condottiero sa di aver dato tutto e di aver fatto il massimo, Dyche no. Burnley ha bisogno del suo eroe, ha bisogno di credere in qualcosa, non è ancora il momento di andar via. Che ci crediate o no i Clarets vincono il campionato, primo trofeo da allenatore, sempre miglior difesa e ancora una volta 93 punti. Come andrà andrà nella massima serie, non rimane che togliersi il cappello dinanzi a questa doppia impresa compiuta con una delle rose meno preziose d’Inghilterra. Chapeau Sean!
This post was last modified on 11 Settembre 2016
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