In un campionato lungo 38 giornate a prevalere è sempre la squadra più forte o comunque la squadra più meritevole. Certo, circoscrivere con assoluta precisione i concetti di “forza” e di “merito” risulta piuttosto arduo, ma tuttavia non ce n’è nemmeno un gran bisogno. A risparmiarci questo faticoso sforzo definitorio è la Juventus, semplicemente la squadra migliore del campionato da cinque anni a questa parte. Il club torinese rappresenta, infatti, la fusione perfetta tra forza e merito. Non ha sbagliato un colpo, né sul piano societario né sul piano squisitamente tecnico.
Si fa prima a leggere la Divina Commedia che ad elencarne i meriti ‘trasversali’, che vanno dalla realizzazione dello Juventus Stadium all’intuizione-Pogba; dal rilancio di giocatori in cerca di riscatto (vedi Pirlo e Tevez) all’acquisto dei migliori giovani in circolazione (Dybala, Rugani, e da ultimo, Pjaca); dalla impopolare scelta di Allegri alle indolori (ex post) cessioni di “quei tre” (Tevez, Pirlo e Vidal); fino ad arrivare agli ultimi eccellenti colpi di mercato: Pjanic e Higuain. Il tutto tenendo sempre d’occhio i bilanci, ovviamente. La Juventus ormai è una corazzata imbattibile che ha elevato il secondo posto ad aspirazione massima per tutte le altre. Perché attraverso le sue scelte vincenti e quella fame insaziabile di vittorie che la contraddistingue ha raggiunto un livello tale da annientare il caso, tanto che con riferimento all’attuale momento storico della serie A sembrerebbe a dir poco utopistico pensare al pallone come a un oggetto rotondo. Non lo è più. In serie A, oggi, si gioca con un pallone quadrato.
Al di là del gioco delle parti, degli scongiuri e quant’altro, infatti, il campionato 2016-17 ancora non è iniziato ma già ne è noto il vincitore: la Juventus. E se questo è senz’altro giusto da un punto di vista meritocratico, nondimeno rischia di svilire oltremodo il piacere del gioco, cioè la rotondità del pallone, che permane solo negli scontri diretti. Già, gli scontri diretti. Nelle sfide singole può accadere ancora di tutto, vivaddio; sì, può succedere anche che la superpotenza del momento esca sconfitta da un match contro un avversario più debole, cioè tutti gli altri. L’anno scorso alla Juventus è capitato ben cinque volte; ciononostante, alla fine ha vinto il campionato con ben 9 punti di vantaggio sulla seconda, ricacciando indietro le ambizioni di scudetto del pur straordinario Napoli di Sarri. Ma negli scontri diretti tra i bianconeri e gli azzurri i nove punti di vantaggio non si sono visti: il Napoli è stato all’altezza della Juventus in tutto e per tutto, pur essendo sulla carta inferiore.
Questo esempio ci deve far riflettere sull’opportunità di ‘aumentare’ gli scontri diretti. Come? Inserendo alla fine del torneo ‘regolare’ i play-off. Solo così il pallone potrebbe recuperare la sua genetica rotondità. Naturalmente non è questa la sede per provare a regolamentarne l’introduzione, anche perché è chiaro che tale ‘rivoluzione’ involgerebbe anche le serie inferiori e richiederebbe un’armonizzazione generale, a partire dalla inevitabile riduzione del numero delle squadre partecipanti ai singoli tornei; tuttavia, si può comunque provare a ragionare sul principio sotteso ai play-off e sulla salvifica iniezione di casualità che deriverebbe dalla loro introduzione. Perché la casualità è quanto di più democratico possa esserci, è un valore assoluto che rispetta tutti, anche i più deboli e i meno bravi. Del resto la vita stessa sarebbe noiosa se si sapesse in anticipo quello che succederà. Così come sarà noioso, in ottica scudetto, il prossimo campionato. E allora perché non prendere quei 9 punti di vantaggio e rigettarli, a fine campionato, nel piatto quasi come fosse un’apertura al buio di una mano di poker, magari invitando a giocare anche la terza e la quarta classificata? Sarebbe senz’altro più emozionante, nonché più vantaggioso per l’intero movimento calcistico italiano.
Ci sarebbero maggiori possibilità di avere un’alternanza al comando, quell’alternanza che nel corso degli anni potrebbe ridurre il distacco (ad oggi abissale) tra la prima della classe e le altre. Inoltre si creerebbero dei veri e propri eventi televisivi: le semifinali (prima vs quarta e seconda vs terza) andata e ritorno, e le finali 1° e 2° posto e 3° e 4° posto, che assegnerebbero, rispettivamente, lo scudetto e l’accesso ai preliminari di Champions. Ancora, si potrebbe creare l’evento dell’anno: la finale scudetto in gara unica magari con sede itinerante, sublimandosi così la rotondità del pallone. Nondimeno – ma questo avverrebbe nel lungo periodo – le squadre messesi in mostra di volta in volta nei play-off (a maggior ragione se vi partecipassero le prime otto classificate) vedrebbero aumentare esponenzialmente il loro bacino d’utenza, ciò comportando un’iniezione di potere contrattuale in sede di cessione dei diritti tv. Perché la casualità non riequilibra soltanto la gloria, ma anche l’economia. E tale riequilibrio, da ultimo (ma non per importanza), favorirebbe anche una dissipazione dell’antisportività, che è una delle piaghe del nostro paese.
E la prima della classe? La prima della classe continuerebbe ad esserlo. Anche con l’avvento dei play-off sarebbe comunque la favorita. Tuttavia, in tale eventualità non potrebbe avere la certezza matematica di vincere che le garantisce, al contrario, un campionato di durata in cui non c’è posto per il caso; nei play-off, invece, avrebbe un avversario in più: il caso stesso. Dovrebbe fronteggiarlo e vincerlo, perciò trarrebbe anche maggiore soddisfazione dalla vittoria. Inoltre, avrebbe la possibilità di giocare tutti i ritorni in casa (anche quello della finale se si optasse per la doppia sfida), insomma, avrebbe il vantaggio di parlare per ultima, così come spetta a chi apre al buio una mano di poker. Ma il poker, non prevedendo un punto assoluto, è un gioco che conserva la propria “rotondità”, perché se è vero che chi è bravo ha maggiori possibilità di vincere, è pure vero che non puoi dirti sicuro di accaparrarti il piatto anche con una Scala Reale all’Asso di Quadri. Puoi sempre scontrarti con una Scala Reale minima… magari di Cuori!
Luigi Fattore
This post was last modified on 29 Settembre 2016