Tutto ciò che vediamo intorno a noi ruota attorno al tempo. Le date sono all’ordine del giorno. Quotidianamente abbiamo a che fare con numeri che ricordano avvenimenti. La storia è fatta di date. La vita è fatta di date. Anche il mondo del calcio è fatto di date. Date da ricordare positivamente come, ad esempio, la vittoria di trofei da parte della squadra del cuore, ma, purtroppo, ci sono date che portano a ricordi negativi e che fanno ricordare come l’uomo sia in grado di compiere gesti che vanno oltre la stessa umanità. Il mondo del calcio è vario: gioie, dolori, emozioni, lacrime, sangue, morte. Ed ecco che alle parole “lacrime”, “sangue”, “morte”, non può che ritornare in tutti noi il pensiero di tragedie avvenute in occasione di manifestazioni sportive. Tre date sono, forse, quelle più significative, quelle che hanno tormentato gli animi degli appassionati di calcio e non solo: 29 maggio 1985, 2 febbraio 2007, 3 maggio 2014.
29 MAGGIO 1985 – Stadio Heysel, Bruxelles. Mancano poche ore all’appuntamento calcistico dell’anno, Juventus e Liverpool si affrontano nell’ultimo atto della Coppa dei Campioni. È una serata di festa per tutti. In molti sono arrivati in Belgio per vedere i loro beniamini: Platini, Tardelli, Scirea. Tutto fa pensare ad una serata di sano sport, ma qualcosa va storto. Problemi organizzativi. Lo Stadio Heysel era stato suddiviso in due parti: i settori M-N-O destinati ai tifosi juventini; i settori X-Y a quelli del Liverpool. Di fianco ai settori X e Y c’è il settore Z, un settore neutro dove si erano collocati tifosi juventini e, in aggiunta, tifosi del Chelsea detti Headhunters (“cacciatori di teste”) noti per la loro violenza. All’incirca un’ora prima del fischio iniziale, i tifosi dei Reds, detti Hooligan, iniziarono a spingersi verso il settore Z in modo da provocare i tifosi juventini. Tutto ciò fu frutto di un malinteso: gli inglesi pensavano che nel settore Z fossero collocati gli ultras juventini e aspettavano una loro reazione che, ovviamente, non arrivò, perche questi si trovavano dalla parte opposta dello stadio. Gli spintoni intanto continuano, arrivano le urla disperate della gente che cerca di scendere verso il campo ma la scellerata gendarmeria belga non capisce la gravità della situazione e manganella i tifosi che quindi sono costretti a indietreggiare verso il muro posteriore della curva. È il panico più totale: da una parte gli Hooligan che spingono, dall’altra parte la gendarmeria che manganella, dietro solo la morte. O schiacciati contro il muro, oppure schiacciati contro il suolo. Infatti, in molti si buttarono giù dallo stadio per non essere schiacciati dalla folla criminale. La partita venne giocata ugualmente e vide vittoriosa la Juventus in quella notte che si preannunciava piena di gioia e che finì col terrore. Le vittime furono 39, per la maggior parte italiani che hanno avuto la sola colpa di andare a vedere la propria squadra del cuore.
2 FEBBRAIO 2007 – Stadio Massimino, Catania. Va in scena il derby di Sicilia che vede contrapporsi le principali squadre siciliane: Catania e Palermo. L’aria è tesissima fin dai primi minuti di gioco, sembra che qualcosa debba succedere da un momento all’altro e anche da casa, dalla televisione, si ha quest’impressione. I tifosi palermitani arrivano solo nel secondo tempo per questioni organizzative e all’esterno dello stadio i sostenitori del Catania cercano più volte di venire a contatto con i loro rivali ma vengono fermati dalle Forze dell’Ordine. Intanto la partita fa fatica a continuare per il continuo lancio di petardi e fumogeni e, allora, l’arbitro Stefano Farina decide di interrompere il match per circa quaranta minuti. Intanto all’esterno iniziano gli scontri fra ultras catanesi e polizia. Al fischio finale è il delirio. Gli scontri si intensificano, scoppia una guerriglia urbana che vede contrapporsi circa 250 tifosi del Catania e circa 1000 poliziotti. Petardi, pietre, bottiglie, fumogeni: sembra l’inferno e le dirette televisive puntano i riflettori sulla follia umana. Si parla di decine di feriti e vengono arrestate una ventina di persone, alcune delle quali minorenni. Intanto, arriva la notizia che nessuno voleva sentire: c’è una vittima fra la polizia. La vittima corrisponde al nome di Filippo Raciti, ispettore capo del X reparto mobile di Catania. Ed ecco che, anche questa volta, un momento di sport che dovrebbe essere ricco di felicità e gioia, si trasforma in incubo.
3 MAGGIO 2014 – Stadio Olimpico, Roma. Napoli e Fiorentina si giocano la Coppa Italia. Da Firenze e da Napoli sono arrivati molti tifosi per assistere alla partita che si preannuncia abbastanza tranquilla. Uno dei tifosi napoletani, Ciro Esposito, ragazzo 31enne, è giunto con un pullman a Roma per tifare la sua squadra del cuore. Il pullman con i tifosi napoletani si trova nel quartiere Tor di Quinto quando, a poche ore dalla partita, un gruppo di ultras romanisti provoca i tifosi napoletani con urla e schiamazzi che diventano sempre più insistenti. Si arriva al lancio di sassi e altri corpi pesanti verso il gruppo di napoletani. Inevitabilemte arriva lo scontro fisico fra le due tifoserie, però, ad un certo punto, accade l’impensabile: si sentono colpi d’arma da fuoco. Subito dopo i colpi, Ciro giace a terra e le sue condizioni appaiono gravissime. Viene portato all’ospedale “Gemelli” dove dopo 50 giorni d’agonia muore. A sparare i colpi è stato un ex ultrà romanista, Daniele De Santis, con precedenti penali: viene arrestato, processato e, recentemente, condannato a 26 anni di reclusione. La partita viene giocata ugualmente dopo una “trattativa” tenuta con i tifosi del Napoli guidati da Gennaro de Tommaso (detto “Genny ‘a carogna”) e la Digos, ma questa voce non ha fondamenti certi. Infatti, su questa famosa “trattativa” ci sono voci contrastanti: chi dice sia avvenuta fra la Digos e gli ultras (che avrebbe del clamoroso), altre voci dicono che la curva partenopea abbia parlato con Hamsik (capitano del Napoli) per sincerarsi delle condizioni di Ciro. La verità su ciò che accadde esattamente forse non la sapremo mai, ma di certo sappiamo che ancora una volta, l’ennesima, un essere umano ha perso la vita per l’ignoranza e la violenza di altri.
COME FERMARE LA VIOLENZA NEGLI STADI – Per combattere il fenomeno della violenza negli stadi c’è bisogno della collaborazione di più organi competenti: innanzitutto la politica, poi i rappresentanti sportivi e anche gli stessi tifosi. La classe politica gioca un ruolo fondamentale. Dopo i fatti di Roma, in cui perse la vita Ciro Esposito, il Ministero dell’Interno ha varato un disegno di legge riguardante gli episodi di violenza nelle manifestazioni sportive che prevedeva l’esclusione a vita dagli stadi per i soggetti ritenuti violenti (il famoso DASPO). Combattere la violenza si può, e gli altri Paesi europei lo dimostrano. In Gran Bretagna, l’argomento venne alla ribalta dopo la strage dell’Heysel, e vennero prese misure drastiche. Infatti la politica inglese introdusse due nuove leggi: lo “Sporting Event Act” che vieta la vendita di alcolici negli stadi, e il “Public Order Act” che vieta la presenza nelle manifestazioni sportive a soggetti pericolosi. Altri provvedimenti vennero presi dal Primo Ministro Margaret Thatcher in seguito al disastro di Hillsborough del 1989 in cui persero la vita 96 tifosi del Liverpool: da questo momento in poi, chiunque volesse assistere ad una partita di calcio avrebbe dovuto esibire un documento di identità (ricordiamo che in quegli anni non c’era l’obbligo di portare con sè un documento). Ad oggi la situazione è nettamente migliorata: in Gran Bretagna il calcio è ritornato ad essere un hobby per famiglie che vogliono solo divertirsi e gli stadi non sono più teatri di guerra.
LA SICUREZZA NEGLI STADI ITALIANI – La situazione italiana, invece, sembra ancora scricchiolare nonostante i numerosi episodi degli ultimi anni. Sono stati inseriti i tornelli all’ingresso degli stadi, aumentate le Forze dell’Ordine ma, nonostante ciò, la violenza è sempre presente. Nel 2014, in occasione di una partita di qualificazione per Euro 2016 tra Italia e Croazia giocata a San Siro, numerosi testimoni hanno fatto notare come i controlli degli steward abbiano lasciato a desiderare: infatti era presente un’estrema fiscalità riguardo alle bottigliette d’acqua (per entrare nello stadio bisognava obbligatoriamente togliere il tappo) che, certo, possono diventare un’arma, ma mai pericolosa come i fumogeni e i petardi lanciati in ripetizione dai tifosi croati durante la partita. È evidente, quindi, che c’è una mancanza di giudizio importante se sei fiscale sui tappi delle bottigliette d’acqua e non sui petardi. Nell’organizzazione di eventi, che siano sportivi oppure no, sono presenti persone che hanno dei ruoli ben precisi: se questa gente viene meno al loro dovere, perchè non è preparata o per qualsiasi altro motivo, allora ecco che succedono le stragi. Bisogna prendere provvedimenti seri in modo tale da prevenire gli episodi di violenza, in modo da far tornare lo sport a momento di festa e svago.
Lo sport ha discendenze nobili, nell’Antica Grecia ha posto le sue basi per poi evolversi nel corso degli anni. Lo sport dovrebbe unire e non dividere, dovrebbe educare al rispetto verso gli altri, dovrebbe essere una rampa di lancio per tutti i giovani che amano la vita, dovrebbe portare amore, gioia e allegria nel cuore della gente. È impensabile che persone siano morte solo per avere una passione, inaccettabile. Ognuno di noi dovrebbe fare un esame di coscienza e pensare, pensare e pensare più volte prima di agire in un determinato modo. Tutti dovremmo mobilitarci per evitare altre stragi come le tre raccontate in queste righe. Perchè lo sport non deve essere lacrime, sangue e morte. Lo sport deve essere felicità, amore e vita.
Giuseppe Gerardi
This post was last modified on 16 Luglio 2016