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Antonio Cassano: la bellezza di cascarci sempre

Con un’altra testa chissà cosa avrebbe fatto”. E’ questa la riflessione più gettonata quando l’attenzione dei calciofili si concentra su Antonio Cassano. E lo è ancora di più oggi, 12 luglio 2016, giorno del suo 34esimo compleanno. Il tempo passa per tutti, è vero, ma per Cassano questi 34 anni sembrano davvero troppi. Suonano come una sentenza definitiva, almeno rispetto a quello che “avrebbe potuto fare”: non lo farà, mettiamoci l’anima in pace. E allora è inutile perdere tempo con ciò che non vedremo mai, cerchiamo piuttosto di analizzare quello che realmente ha fatto ed è – al momento non è dato sapere dove e se giocherà nella stagione alle porte –, e, perché no, proviamo a capire in quale categoria sussumere questo tesoro di potenzialità parzialmente espresse.

Solitamente, si individuano tre categorie calcistiche di segno positivo: buon giocatore, campione, fuoriclasse. La carriera di Cassano è stata una sorta di pendolo irregolare che ha oscillato per lo più tra le prime due, e qualche volta ha sfiorato addirittura la terza. Anzi, forse la terza fascia è quella in cui è nato, perché mentre il buon giocatore e il campione ti conquistano un po’ alla volta, il fuoriclasse ti fa innamorare a prima vista, e precisamente il 18 dicembre 1999. Tutti gli appassionati persero la testa davanti alla prodezza che il fenomeno di Bari Vecchia realizzò contro l’Inter; la naturalezza di quel controllo col tacco sciolse anche i cuori più granitici, così come balzò immediatamente agli occhi la sua straordinaria capacità di vedere il gioco. Ma innamorarsi a prima vista comporta dei rischi concreti, espone alle delusioni più cocenti. E infatti quella che doveva essere una carriera da fuoriclasse assoluto, si trasformò nel trionfo dell’irregolarità. Perché ogni volta che Cassano era sul punto di stabilizzarsi nella categoria regina, a causa delle sue celebri intemperanze comportamentali ripiombava di colpo nel Purgatorio riservato ai buoni giocatori, e talvolta ha persino rischiato di scivolare nell’Antinferno  delle ‘promesse mancate’.

Eppure alla Roma, per esempio, sembrava aver trovato un po’ di stabilità, la vicinanza con Totti (“Antonio è il miglior giocatore con cui abbia mai giocato“) lo aveva reso un campione con tendenze da fuoriclasse. I due formavano una coppia che, per qualità e complementarietà, non si è mai vista in serie A.  C’era letteralmente da stropicciarsi gli occhi. Tuttavia l’idillio tecnico e umano durò solo tre anni, perché in Antonio subentrò la voglia di essere paragonato al Capitano (a Roma!) in tutto e per tutto, stipendio compreso. Aveva tutto da perdere da questo capriccio, e infatti perse tutto. Anzi, no. Perché la sua classe purissima non aveva lasciato indifferenti i dirigenti dal palato fino del Real Madrid, che fiutarono l’affare e nel gennaio del 2006 si accaparrarono le prestazioni del Pibe di Bari.

L’esordio con la Casablanca fu da predestinato. Segnò il suo primo gol (contro il Betis in Coppa del Re) tre minuti dopo il suo ingresso in campo. In quel momento tutti pensarono che sarebbe stato l’inizio di una carriera da fuoriclasse, per giunta nel club più importante della storia; ci fu anche qualcuno che, in preda all’entusiasmo, gli pronosticò un imminente Pallone d’Oro. Perché i tipi come Cassano ignorano le mezze misure, e trasferiscono quest’ignoranza anche a coloro che hanno la sventura di innamorarsene. Tuttavia il tradimento era dietro l’angolo, e infatti non solo non arrivò il Pallone d’Oro, ma, in un certo senso, non arrivò nemmeno il Real Madrid. Nell’anno e mezzo all’ombra del Bernabeu non giocò quasi mai. Perché la voracità che avrebbe dovuto mettere in campo, la riversò a tavola. Arrivò a pesare sui novanta kg, tanto da meritarsi l’appellativo di El gordito. Neanche con l’avvento di Capello le cose cambiarono, infatti il secondo anno totalizzò in Liga soltanto 7 presenze e un gol: il sergente friulano lo mise anche fuori rosa. A quel punto anche i cuori dei suoi fan più temerari persero qualche battito, e quasi cambiarono il proprio oggetto d’amore. Già, quasi. Perché in una di quelle 7 presenze – una volta reintegrato in rosa nel febbraio 2007 – Fantantonio mandò in gol alla sua maniera, cioè genialmente, un giocatore che oggi va per la maggiore. Udite, udite, il primo gol in Liga di Gonzalo Higuaìn è avvenuto su assist di Cassano! Avvenne al Vicente Calderon in occasione del derby contro l’Atletico Madrid (risultato finale di 1-1). Fu una verticalizzazione sartoriale delle sue, ossia di rara bellezza.

E Chissà che il Pipita non abbia imparato da Cassano la visione di gioco che si ritrova. Naturalmente i malati di Fantantonio non aspettavano altro per ricascarci e i loro cuori recuperarono in un colpo solo tutti i battiti perduti. Con un semplice (per lui) passaggio aveva cancellato tutte le merendine che aveva ingurgitato. Ma mentre il cuore ha la memoria corta, i dirigenti del Real ce l’avevano lunga e non si commossero affatto, ecco perché a fine stagione quasi regalarono il giocatore alla Sampdoria.

Nel capoluogo ligure, Cassano mantenne quasi tutto quello che promise, si comportò quasi da campione, e forse quasi da fuoriclasse, trascinando la Sampdoria alla conquista del preliminare di Champions, a suon di magie, assist e gol. Ma quel “quasi” non lo abbandonava mai, lo seguiva come un’ombra. In quel “quasi” c’erano gli scleri, le mancanze di rispetto, le folli espulsioni: le cassanate indussero Lippi a non convocarlo per i mondiali del 2010. Eppure, nonostante tutto, alla Samp Cassano continuava ad emozionare. Con la sua principale arma seduttiva: la visione di gioco. Con le sue proibite linee di passaggio riusciva a far scorrere corsi d’acqua in terreni aridi, faceva nascere sentieri fioriti lì dove c’erano solo erbacce. Era impossibile non perdonarlo. Era troppa la fantasia che condivideva. Lo sanno bene i Pazzini, i Bellucci, i Mannini, i Maggio, tanto per citare qualche beneficiario delle sue visioni. Nelle loro carriere c’è stato un prima e un dopo Cassano, perché non hanno mai segnato come quando sono stati assistiti dal barese. Alcuni di loro si sono quasi persi. Altri, tipo Maggio, lo hanno ‘sfruttato’ al punto da abusarne. Si veda il derby di ritorno della stagione 2007-08 in cui l’attuale giocatore del Napoli, prima di segnare la rete decisiva (su assist geniale di Fantantonio), commise il peccato di non tramutare in rete altre due invenzioni splendide del gioiello: in realtà lo fece apposta, gli piacevano troppo quei luoghi inesplorati, voleva ripetere più volte il viaggio calcistico più bello della sua vita. E Cassano fu felice di accontentarlo.

Purtroppo anche l’esperienza alla Samp si concluse male, l’offesa al presidente Garrone, che lo aveva accolto come un figlio, fu forse la cassanata più grave. Cassano fu licenziato. E andò a ‘far danni’ prima a Milano, su entrambe le sponde, poi a Parma,  prima di ritornare a Genova, l’estate scorsa. Il leitmotiv in questi ultimi cinque anni è stato sempre lo stesso: grandi promesse, grandi giocate, grandi litigi e grandi delusioni. Ma le grandi giocate offuscavano gli aspetti deteriori del suo carattere, e rinvigorivano, come sempre, il cuore provato dei suoi fan, che nonostante i ripetuti ‘tradimenti’ continuavano a perdonarlo sperando che cambiasse.

Tra questi, anche l’ex ct Prandelli, che dal 2010 al 2014  puntò forte sul gioiello barese, il quale ripagò la fiducia con un ottimo europeo nel 2012 (memorabile l’assist a Balotelli nella semifinale con la Germania), e un brutto mondiale (come quello di tutta la squadra) nel 2014. Insomma, alla fine fu tradito anche Prandelli. Così come sono stati traditi i tifosi della Samp nella stagione scorsa, sicuramente, escluso il periodo al Real, la peggiore stagione di Cassano. A gennaio era ancora in sovrappeso, ma nonostante ciò sono arrivati i derby, gli assist geniali a Soriano, il gol che ha sancito l’inizio della imbattibilità record di Buffon (Sampdoria-Juve è stata la migliore partita di Cassano del 2015-16). E’ facile ricascarci. Tanto è vero che, dopo la chiusura di Ferrero, che ha puntato su un grande allenatore come Giampaolo, molti tifosi nei giorni scorsi hanno dato vita ad una petizione perché il barese resti in blucerchiato anche nella prossima stagione. Anche perché Cassano ha dichiarato che ha trascorso il mese di giugno ad allenarsi e che non è mai stato così in forma. Che sia vero o meno non è dato saperlo, ma non importa. Se fosse vero, potrebbe essere la volta buona che abbia messo la testa a posto, in fondo 34 anni non sono poi tanti. E se così non fosse, sarebbe comunque troppo bello esserci ricascati ancora una volta.

Luigi Fattore

This post was last modified on 29 Settembre 2016

redazione

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