Il Portogallo è Campione d’Europa; i padroni di casa della Francia sono stati annichiliti dalla voglia di vincere, di stupire, di esser grande della Nazionale allenata da Fernando Santos. In molti congettureranno sulla facilità del tabellone della squadra rossoverde, sulla sola vittoria nei 90 minuti regolamentari; ma loro lì ci sono arrivati, gli altri sono tornati a casa, ed hanno trionfato.
Il protagonista in copertina del Portogallo è senza alcun dubbio Cristiano Ronaldo, l’uomo che ha trascinato un paese intero verso una vittoria a giugno solamente accarezzata come un sogno quasi sfocato. Insieme al giocatore del Real Madrid, però, altri 22 ragazzi sono stati interpreti principali di questo Europeo. Rui Patricio, portierone della selezione campione, è uno di questi; troppo spesso rilegato in fondo alle attenzioni della critica solamente a causa di quell’insensato pensiero che salire agli onori della cronaca tocca esclusivamente alle star che entusiasmano il pubblico a suon di doppi passi, reti e trick vari.
Il numero 1 dello Sporting Lisbona è stato l’eroe nascosto del Portogallo, l’angelo custode dalle manone grosse che ha difeso al meglio la sua Nazionale dove Ronaldo e co. non arrivavano. Il primo tassello importante del suo Europeo, dopo numerosi interventi decisivi nel corso del torneo, è arrivato ai quarti di finale durante la lotteria dei rigori contro la Polonia; sul dischetto gli si presenta di fronte Błaszczykowski, lo guarda negli occhi, nei suoi c’è una fiamma ardente che incendia e mortifica le chance del polacco, piattone destro dell’avversario e volo di Rui in allungo alla Mr Fantastic dei Fantastici 4 sulla sua sinistra a spingere fuori il pallone dalla porta. In semifinale c’è il Galles di Gareth Bale; gli unici pericoli per l’angelo del Portogallo arrivano proprio dal mancino del giocatore dei Galacticos, tutti però rispediti al mittente con sicurezza e spettacolarità. Arriva il momento della finale, Rui Patricio nel 2004 contro la Grecia non c’era ma ha sofferto ugualmente come tutti i portoghesi quella sconfitta; questa volta, però, a difendere la porta della sua Nazione c’è lui, non Ricardo. Le stelle della Francia sbattono contro di lui, una dopo l’altra, tiro dopo tiro; Griezmann nei primi minuti gli fa spuntare le ali con un pallonetto di testa deviato in angolo con un colpo di reni straordinario; ad un quarto d’ora dal termine gli spunta anche l’aureola quando Giroud gli scarica contro un mancino forte, teso ed angolato, ma lui ci arriva con un riflesso splendido, elegante quanto una scultura marmorea del Bernini; ci prova anche Sissoko dalla distanza a trapassarlo, ma la vena divina di Rui Patricio non tende a scemare. Per i francesi assume così la forma di un angelo della morte che spegne le loro speranze con i guantoni anziché con la falce. L’ultimo pallone di questo Europeo lo tocca lui, con il rinvio che porta al triplice fischio dell’arbitro, a conferma del fatto che questo è anche il suo trionfo; il trionfo dei silenziosi, di coloro che non amano le luci della ribalta ma che ribaltano la scena con le loro gesta.
Emanuele Catone
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