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L’ALTRA FACCIA DEL CALCIO – Il mestiere dell’arbitro

Quando si pensa ad una partita di calcio le prime cose che vengono in mente sono i calciatori, gli allenatori, il pallone, lo stadio, i tifosi. Ma, in tutto questo insieme di figure, ce n’è una determinante, senza la quale nessuna partita potrebbe essere giocata: stiamo parlando dell’arbitro. Anzi, per essere più precisi, della squadra arbitrale. Questa è composta dall’arbitro, dai due guardalinee, dal quarto uomo e da pochi anni a questa parte da due arbitri di porta. In tutto, quindi, abbiamo sei figure che hanno il comune obiettivo di arbitrare nel miglior modo possibile la partita.

Il mestiere dell’arbitro non è per niente semplice: bisogna essere lucidi, svegli, avere personalità e sono necessarie grandi doti a livello psicologico. La preparazione mentale viene prima di tutto. Certo, la componente fisica è importante per poter arbitrare ad alti livelli e infatti i direttori di gara hanno uno stile di vita da veri e propri atleti. Seguono una rigida alimentazione, fanno una pesante preparazione estiva, allenamenti settimanali e riunioni tecniche in cui analizzano le loro prestazioni proprio come fanno gli allenatori con i calciatori.

LAVORARE SULLA PSICOLOGIA – Ma, come detto precedentemente, è la testa ad avere un ruolo fondamentale. Dietro ad una singola partita, anche la più banale, c’è una preparazione psicologica che cura i minimi dettagli. Esistono delle figure professionali, gli psicologi dello sport, che si dedicano agli arbitri in tutto e per tutto per curare i particolari e farli arrivare nel miglior modo possibile alla partita. La psicologia dello sport offre diversi strumenti ai direttori di gara: alcuni sono basati sulla stimolazione e sulle tecniche del respiro in modo tale da favorire una buona ossigenazione che porta maggiore lucidità mentale, altri aiutano ad abbassare il ritmo respiratorio e la frequenza cardiaca in modo da far mantenere la calma nei momenti più delicati del match. Ma, oltre ad abbassare i suddetti paramentri, esistono altre tecniche che prediligono l’innalzamento dell’attività psichica. Il metodo per eccellenza è la musica: numerosi arbitri prima di una gara ascoltano musica negli spogliatoi e il diverso genere di musica riesce a cambiare l’approccio alla partita. Queste tecniche, ovviamente, non sono universali ma si basano su quelle che sono le abitudini e, soprattutto, la personalità di un arbitro. Alcuni ascoltano musica, altri preferiscono il silenzio più assoluto, altri scherzano raccontandosi barzellette per smorzare la tensione pre-partita, altri ancora si affidano alla scaramanzia: per esempio, l’ex arbitro francese Laurant Duhamel, ha rilasciato un’intervista in cui confida di avere un rituale scaramantico, cioè quello di sedersi sempre nello stesso punto dello spogliatoio.

IMPARARE A GESTIRE LO STRESS – Gli psicologi dello sport consigliano agli arbitri di prefissarsi degli obiettivi e poi cercare di raggiungerli. Nel momento in cui si raggiungono più obiettivi, l’arbitro acquista autostima, consapevolezza nei propri mezzi, e questo porta ad un graduale e continuo miglioramento. Le capacità che l’arbitro deve avere sono poche ma specifiche: comunicazione, leadership, autostima, fermezza, abilità di sopportare la pressione e mantenimento costante della concentrazione. Lo sforzo più importante per un arbitro è quello di gestire lo stress a cui viene costantemente sottoposto: giornali, media, calciatori, allenatori e tifosi sono tutti pronti a scagliarsi contro il direttore di gara per determinate decisioni ed è proprio in questi momenti che viene fuori la personalità del giudice di gara.

Se un direttore di gara vuole migliorarsi, bisogna che dai suoi errori, e soprattutto dalle reazioni esterne ai suddetti errori, riesca a trarre benefici in modo tale da sbagliare il meno possibile in futuro. Il miglior arbitro italiano, Nicola Rizzoli, ha dichiarato tempo fa che più volte ha avuto il pensiero di smettere dopo il famoso episodio dei tre “vaffa” di Totti in cui l’arbitro emiliano sbagliò la posizione in campo ostacolando il capitano giallorosso. Questo fa capire come la mente giochi un ruolo determinante in questo mestiere. Se non sei sicuro, se hai paura di sbagliare, se dai troppo peso ai giudizi esterni non puoi fare l’arbitro.

MAI ARRENDERSI – La partita di un direttore di gara non finisce al triplice fischio, soprattutto se è stata una partita negativa. I pensieri attanagliano la mente anche nei giorni successivi. Era rigore o non lo era? Doveva essere espulso oppure no? La palla è entrata del tutto o solo per metà? Le domande sono continue e il fallimento può essere dietro l’angolo. Tantissimi arbitri hanno abbandonato la loro carriera proprio perchè non sono riusciti a sopportare il peso delle critiche. Come in tutte le cose bisogna avere la forza di rialzarsi e guardare avanti. Bisogna imparare dagli errori per cercare di non commetterne più. Il giudice di gara, ricordiamolo, è umano come tutti noi. L’unica differenza è che fa un mestiere molto difficile. Il mestiere dell’arbitro.

Giuseppe Gerardi

This post was last modified on 9 Luglio 2016

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