Ultimo aggiornamento 13 Agosto 2016 10:13 di admin
Il 27 Giugno, alle 18:00, la nazionale italiana di calcio affronterà il peggiore ottavo di finale pronosticabile. Specialmente considerando il primo posto acquisito dopo sole due partite. Contro di noi, allo Stade de France, ci sarà la Spagna. Una delle frasi fatte più celebri ci ricorda che in Italia siamo 60 milioni di allenatori. Ma per un motivo o per l’altro, l’unico che ne farà reali funzioni, Antonio Conte, è anche il migliore possibile per condurci, speriamo indenni, “attraverso” le furie rosse, oltre l’ostacolo.
L’AMBIZIONE, IL LAVORO – E’ sufficiente un’occhiata agli uomini che Conte ha incontrato, da giocatore, seduti sulla sua panchina: Carlo Mazzone, Giovanni Trapattoni, Arrigo Sacchi (in nazionale), Marcello Lippi, Carlo Ancelotti. Ed è lampante che Antonio abbia imparato qualcosa da ognuno di loro. Così come giocare in quel centrocampo stupendo, insieme a Didier Deschamps e Paulo Sousa, che portò la Juve a vincere la Coppa dei Campioni nel 1995/96, c’è da scommettere, lo ha aiutato a completarsi su più livelli. L’ambizione, costante e crescente, dimostrata sia da calciatore che da allenatore, si traduce in un meticoloso sforzo sul campo d’allenamento. E’ infatti proprio il lavoro quotidiano l’aspetto in cui Conte sa offrire di più. Per vederlo di nuovo felice abbiamo dovuto attendere l’inizio dell’europeo. Non gli si può chiedere di allenare solo ogni tanto. Non serbiamogli rancore quando lascerà la nostra Italia per unirsi alla corte di Roman Abramovic. Neppure se il nuovo commissario tecnico non dovesse rivelarsi alla sua altezza.
Oggi avremo bisogno di lui. Del suo modo di issarsi a parafulmine per salvaguardare i giocatori e tutto l’ambiente; del suo identificare i nemici, come ad esorcizzarne il potenziale (atteggiamento tipico del “mourinhismo”). Antonio il suo lo fa sempre. E’ una garanzia. Chiunque ci si soffermi un istante, noterà che Conte gode della nostra fiducia automatica ed incondizionata. Se gli facessimo custodire i nostri beni più preziosi, chi li toccherebbe mai? Per alcuni, pochi o molti, non è simpatico. Anzi, è proprio antipatico.
L’UOMO ANTONIO CONTE – E’ stato attaccato anche sulla propria immagine personale. Ed a più riprese. Nella toccante intervista d’addio estiva, in cui comunicava la rescissione consensuale con la Juventus, era “troppo abbronzato”! E che dire del suo ricorrere a rimedi contro la calvizie? “Ridicolo”! Giudizi sommari ed affrettati, ancor più se ineriscono una sfera che tocca lo spettatore nel profondo; per il semplice motivo che egli rivede in un personaggio pubblico, beniamino e quasi super-umano, debolezze simili a quelle che percepisce in se stesso. E lo ritiene imperdonabile. Invecchiare può essere un problema per alcuni di noi. E non c’è da stupirsi, visto il peso che diamo all’aspetto; quanto la nostra vanità sia in grado di trasportarci, trascinarci, spronarci, ma anche soggiogarci ed abbatterci. Capita, sovente, che la nostra immagine, fino al momento prima perfettamente inquadrata e sovrapponibile alla personalità che contiene, muti in qualcosa di diverso, che ci rappresenta meno. Sfumature. Ogni ruga è una cicatrice di guerra per coloro i quali, professionalmente, non importa in che campo si muovano, devono condurre. La tempra di taluni, Conte è tra questi, trasuda perfino dal portamento. E li bilancia. Se qualcosa cambia, ci si può trovare a riconoscere meno se stessi. A questo ciascuno pone il rimedio che ritiene opportuno, in base ad innumerevoli variabili.
A volte ci troviamo ad esprimere giudizi, più o meno pesanti, in base a quanto ci pare che quella persona possa incassare. A Conte non va granché bene neppure in questo caso, avendo lui la capacità di incassare degna di storici pesi medi della Nobile Arte. A supporto è possibile ricordare il pesantissimo infortunio subito dal leccese ad appena diciotto anni: frattura della tibia destra, guaio ancor peggiore all’epoca dei fatti, nel 1987 e che il CT azzurro superò tornando con un’accresciuta cattiveria agonistica.
Calcioscommesse? Lui no. Chi lo ha seguito negli ultimi trent’anni, dal suo esordio in serie A, il 2 aprile del 1986, può escluderlo categoricamente. Immaginate il suo disappunto e la sua frustrazione! Ma ci pare già di vederlo togliersi sassi e massi dalle scarpe a suon di vittorie. Dopo Claudio Ranieri, potrebbe esserci un nuovo Sir italiano al servizio di Sua Maestà la Regina Elisabetta II.
Daniele Tartarone