Una sconfitta di misura ai supplementari contro la solidissima Germania. Una sconfitta ai rigori contro il Cile padrone di casa. Quest’anno i favori del pronostico erano tutti per l’Argentina. La voglia di rivalsa, la squadra farcita di talento (e talenti), il peso emotivo della Coppa per il Centenario della Copa America. L’Argentina aveva la sua grande occasione. E il percorso era iniziato nel migliore dei modi: vittoria all’esordio contro il Cile vincitore lo scorso anno, dominio totale contro il Venezuela e gli States padroni di casa.
MALEDIZIONE ALBICELESTE – Sembrava tutto facile, in vista della finale di New York contro la Roja. La stessa finale si era incanalata in favore dell’Albiceleste, con l’espulsione di Diaz nel primo tempo. Ma il Cile è una squadra da non sottovalutare, mai. Tra provocazioni, ripartenze in velocità, qualche sgambetto, necessario nella cultura latina. Sul finire del primo tempo si ristabilisce la parità numerica: colpa di Rojo, che si fa espellere.
È una battaglia, 120 minuti di “sangue e arena”. Solo i rigori decideranno la finale. Batte per primo l’ex juventino Vidal, che si fa parare il tiro da Romero. Esultano tutti gli argentini. Sembra il segnale: stavolta si può!
Va dal dischetto Leo Messi. 5 palloni d’oro, tra i due giocatori più forti del momento e spesso considerato il più grande giocatore di tutti i tempi. L’asso del Barça è pronto per far esultare un intero popolo. La rincorsa, poi il tiro. La palla vola, oltre la traversa, oltre gli steward. E atterra solo in curva. Esultano i cileni, piangono gli argentini.
Troppa la delusione per Leo che dopo l’ennesima sconfitta ha deciso: lascerà la Nazionale. Giusto il tempo di superare Batistuta nella classifica dei marcatori della Nazionale e poi basta. Fine. Stop. Come diceva Baricco, è il momento in cui i quadri fanno “Fran!”, inatteso, improvviso, inevitabile. Finita un’era. Scelta di pancia? Sicuramente. Ma dati i problemi “digestivi” di Messi (qui ci andrebbe una foto di Leo chinato a vomitare) le scelte di pancia non fanno per lui.
Le delusioni possono essere cocenti, non lo si può negare. Ma un capitano non molla. Un capitano non molla dopo uno scudetto perso per due punti contro una squadra che poi vincerà tutto, come Totti con la Roma di Ranieri. Un capitano non lascia dopo essere sceso in Serie B, con probabilità di risalita basse, ma anzi rimane con la voglia di tornare e trascina la squadra dove merita, come Pellissier con il Chievo. Un capitano lotta, suda. Ma non abbandona. Che poi restando, forse, un giorno, si vince uno scudetto. Chiedere a uno dei capitani coraggiosi, Wes Morgan. Indirizzo? Città di Leicester, East Midlands.
Oppure chiedere ad un altro Leo che di delusioni ne ha avute tante: alla fine Di Caprio l’Oscar l’ha vinto, bastava aspettare.
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