Ultimo aggiornamento 27 Giugno 2016 20:24 di
È un rimescolarsi, un unirsi, un attorcigliarsi attorno all’azzurro. È riassaporare immagini, suoni, sensazioni, profumi, emozioni. È un ritornare indietro con unione d’intenti, di sguardi, d’amore puro per una squadra che ti sembrava quella racchia della tua vicina e che ora invece ha scovato l’ennesima perla che ti ruba il cuore.
Siamo orgogliosi. Orgogliosissimi. Siamo fieri e siamo fieri di essere fieri. Perché nessuno ci scommetteva, nessuno credeva nelle capacità e nel talento di questi ragazzi, di quest’allenatore. Sempre incazzato, mai con un sorriso. Cupo perché niente gli è mai stato regalato, concentrato perché solo così van fatte le imprese. Innamorato perché il vero segreto di ogni miracolo è fidarsi ciecamente di chi si ha davanti.
Conte ha scommesso più di tutti. L’ha fatto sui ventitré che ha portato con sé, l’ha fatto sul suo staff puntando tutto sulla freschezza atletica dei suoi gladiatori. E poi l’ha fatto principalmente su se stesso: non aveva mai vestito i panni del selezionatore, e infatti non lo è stato neanche per un istante. Ha dato tutto: impronta, mentalità, voglia. Ha donato ogni parte di sé prima ed è pronto a farlo ancora. È che non è finita. Non può esser finita.
A ripensarci gli occhi fanno il proprio gioco: scambiano corto con i brividi e si ritrovano davanti alla porta delle tue emozioni. Lì però non c’è questo De Gea: fanno gol con una semplicità disarmante, ti ripiombano in quel micromondo di 90 maledetti minuti che son d’una lentezza esasperante. Quasi immobili, poi, dopo il gol di Chiellini. Che poi è l’immagine più bella, e senza dubbio: perché c’è la qualità di Eder che scarica in porta, il crederci di Giaccherini che irrompe sul filo e la potenza infinita di King Kong versione rifinitore.
Adesso è un percorso ad ostacoli duro, bastardo, infame. Un videogioco con una sola vita a disposizione e senza la possibilità di fermare il tempo, di godersi l’animo. Start, si riprende. Testa bassa, pedalare. Per primo, ora, recuperare energie fisiche e nervose. Non si è fatto niente: non è con un ottavo di finale portato a casa che la storia può cambiare.
Comunque vada a finire, noi siamo comunque orgogliosi. Della vostra fame, del vostro sguardo, del vostro talento. Ne avete da vendere, così come l’orgoglio. No, non c’è spazio per la paura: c’è solo l’Italia. Bella quanto sporca, dolce quanto perfida. Meravigliosa quanto serve. Ad unire e a crederci.
A sognare. Come dieci anni fa, più di dieci anni fa.
Cristiano Corbo