Sebbene siano trascorsi sette mesi dagli ultimi attentati terroristici di Parigi, quelli del 13 novembre 2015, e ben diciassette dai penultimi, quelli del 7 gennaio dello stesso anno, le ferite multiple subite dal popolo francese (ma non solo) sono ancora aperte, sono ancora sanguinanti. Perché ad essere colpita, in entrambe le carneficine, è stata principalmente la libertà di espressione. L’Isis, infatti, per agire ha individuato i luoghi in cui l’uomo esprime se stesso: la redazione di un giornale satirico, Charlie Hebdo; un locale in cui ci si ritrova per divertirsi e ascoltare musica dal vivo, il Bataclan; e un luogo in cui ci si riunisce sia per fare sport sia per ammirarlo, lo Stade de France di Saint Denis, in occasione della partita di calcio amichevole Francia-Germania.
E se una semplice amichevole rappresentava per la compagine terroristica una buona occasione per diffondere il suo ‘messaggio’, figurarsi quanto lo poteva essere una partita ‘vera’, a maggior ragione se partita inaugurale di Euro 2016, campionato europeo di calcio organizzato proprio dalla ferita Francia. Per questo motivo c’era, a tutti i livelli, una più che comprensibile apprensione attorno alla partita Francia-Romania. Ma, a pensarci bene, più che il pericolo di nuovi attentati (certo, anche per quello: basti pensare al massiccio spiegamento di forze dell’ordine), oggetto di grande attenzione era soprattutto la risposta della gente. Il rischio di vedere uno stadio povero di persone e ricco di paura era concreto. E avrebbe rappresentato una vittoria dei terroristi, che, per definizione, più che a uccidere godono a destabilizzare e a soffocare quella naturale pulsione alla libertà insita in ogni essere umano. Ma stavolta avevano fatto male i conti, evidentemente. Perché? Perché quello cui abbiamo assistito stasera allo Stade de France è stato il trionfo della vita e, insieme, dell’impotenza di ogni forma di terrore. Gli emissari della paura non sono riusciti a trovare alcun ‘biglietto’, nemmeno a pagarlo oro. Lo stadio, infatti, era pieno di libertà, di colori, di gioia, e soprattutto era pieno di bambini felici di fare il tifo per la loro nazionale e ammirare i loro beniamini.
Luigi Fattore
This post was last modified on 29 Settembre 2016
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