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Inter: fretta, obiettivi e giovani occasioni sprecate

Con l’Inter che diventa cinese, il pensiero della stragrande maggioranza dei tifosi nerazzurri va centralizzandosi in un concetto che può essere definito in due parole: tornare grandi. Tutto lecito. Normale che i tifosi pretendano tanto quando si pensa che solo sei anni fa l’Inter è stata sul tetto del mondo. E altrettanto normale è il malumore che si genera se questo obbiettivo, tornare grandi, in questi ultimi anni, si è stentato a raggiungerlo. Perché tornare grandi significa mettere mani sul portafogli per accaparrarsi quegli elementi che permetterebbero di fare il salto di qualità. E ciò implica, oltre che inevitabili ed imponenti uscite pecuniarie, un’abile capacità di valorizzazione che, oggettivamente, all’Inter è in parte mancata. In parte, però. Perché se è vero che i giocatori su cui la società ha investito, con la speranza che le permettessero, appunto, di tornare grande, hanno non rispettato le attese, è altrettanto vero che l’Inter nel fronte giovani è sempre stata impeccabile e con gli occhi di un falco in quanto a scouting. Assicurandosi allettanti promesse. A livello giovanile, la società nerazzurra, ha infatti sempre primeggiato con le più grandi. In patria e non. Ma che fine fanno i giovani interisti? E perché non vengono valorizzati come si dovrebbe?

TALENTI SMARRITI Negli ultimi anni, la primavera nerazzurra ha collezionato una moltitudine di successi e belle figure che l’hanno contraddistinta come una delle migliori selezioni giovanili d’Europa. Basti pensare alla corazzata di Stramaccioni che, nell’annata 2012/2013, è riuscita nell’ardimentosa impresa, conquistando il campionato primavera, la coppa Italia primavera e la Nextgen series (equivalente della Champions League), di aggiudicarsi il triplete. Tra loro, tra i migliori prospetti, potremmo citare: il portiere Di Gennaro, classe ’93, ora nelle mani del Latina in serie B; Bianchetti e Donkor, centrali difensivi, dall’eleganza spiccata l’uno e dall’imponenza fisica l’altro, titolare nell’ormai retrocessa Verona, l’italiano, e nel solido Bari il ghanese; Ibrahima Mbaye, senegalese del 1994, a lottare per un posto da titolare nel Bologna; Patrick Olsen, danese classe ’94, regista di centrocampo: quello coi piedi buoni, insomma, nel Lens (seconda divisione francese); Alfred Duncan, titolarissimo del Sassuolo, prossimo al debutto in Europa, che a suon di belle prestazioni si è guadagnato la fiducia del tecnico Di francesco; Marco Benassi, presente del Torino e futuro della nazionale cresciuto nelle giovanili interiste; Luca Garritano e Marko Livaja, che completano il reparto attaccanti di talento, militando rispettivamente nel Siena il primo e nell’Empoli il secondo. E qua si tratta di una sola stagione. E del solo settore giovanile.

QUANTI RIMPIANTI – Ma oltre a non aver saputo valorizzare i giovani che teneva in casa propria, l’Inter, nonostante lo scouting effettuato in giro per il mondo, che le ha permesso di possedere stelle promettenti quali Kovacic, Coutinho, Ricky Alvarez e Arnautovic, e altri meno rinomati come Bardi, Bonazzoli, Laxalt, ha frettolosamente lasciato andar via calciatori promettenti che, tra qualche anno, potrebbero risultare come dei grandi rimpianti. Plausibili rimpianti che si aggiungerebbero, a conferma di come passa il tempo ma i vizietti rimangono, a quelli che nella storia del club possono già essere definiti tali. E’ un Inter che infatti vanta il poco nobile merito di aver lasciato andar via e ceduto gente che ne ha poi fatto la storia, del calcio. Andrea Pirlo, Clarence Seedorf, Fabio Cannavaro, Roberto Carlos, sono i più ingombranti, tra i rammarichi calcistici interisti. E chi vorrebbe mai, che un giorno, a questo elenco di campionissimi, si aggiungano i nomi dei giovani di cui si è parlato in questo articolo, venduti semplicemente perché bisognosi di tempo e fiducia che la Milano nerazzurra, palcoscenico importante ed esigente, non ha voluto elargirgli.

E allora, ecco un’Inter sprecona che da anni tenta di tornare grande, rincorrendo freneticamente il successo dando poco conto al futuro, alla prospettiva, nonostante possa contare su uno dei migliori settori giovanili e talent scouting Europei; la domanda che sorge è più ovvia che spontanea: anziché tornare grandi, non era meglio, forse, diventare grandi?

This post was last modified on 9 Giugno 2016

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