Ultimo aggiornamento 29 Maggio 2016 0:00 di
Sarebbe stata la vendetta perfetta. Una vittoria per cancellare tutto. Per riscrivere la storia, per creare nuove emozioni, per rivendicare anni di sofferenza. Le lacrime di due stagioni fa sono state presenti come un’ombra che non puoi cancellare. E che forse non vuoi. Erano il monito imprescindibile, del resto. Stavolta il destino non avrebbe potuto rovistare nei ricordi, non avrebbe scelto di contenere un barile di delusione con così poco tempo per smaltire il mal di cuore.
Milano come terra d’occasioni. Ritorna sempre, in fondo: perché poi il calcio sa cavalcare la vita come poche altre forme di esistenza. Ogni colore era al suo posto, ogni sguardo sembrava quello giusto. La partita, poi, aveva recitato il copione alla perfezione: paura, rimonta, cuore, viso aperto. Uno dopo l’altro, senza il timore di doversi prendere responsabilità, con la sorte dalla parte di chi voleva crederci fino alla fine.
Vince il potente, vince sempre il potente. Anche senza il miglior Ronaldo, con un Benzema a mezzo servizio, con la forza della disperazione che si fa largo tra le maglie bianche dopo rimpalli e risatine di sottofondo del dio del calcio. Zidane è impassibile, il Cholo è la solita maschera multicolore e multiemozione. Nel mezzo dei minuti di gara, è gara e garra, è inferno e paradiso, è Zizou contro Simeone. Ma soprattutto: è Atletico contro Real. Con numeri, tocchi, istantanee di una vita che tornano inevitabilmente e incontrovertibilmente a fine partita.
Trionfano i forti, i grandi, i più ricchi. E forse, nell’arco dei novanta minuti, anche i migliori. Vince chi sa vincere, chi ha imparato a farlo sul campo, chi sa prendersi le responsabilità e chiude i conti con una storia che probabilmente non avrà eguali nei secoli dei secoli. Perché vera, pulita, straordinariamente condita dal nuovo che avanza a braccetto con il sempreverde Cristiano. Al 40% questa sera. Volendogli bene. E poi, manco a dirlo, decisivo come nessuno sul prato di San Siro.
È il destino dei fuoriclasse, di quelli che fanno l’amore con il gioco e figliano momenti unici ed irripetibili. Il gol di Ramos è solo il preludio a qualcosa di più grande, scatenatosi nell’ultimo istante e scoppiato nel momento in cui la storia ha premiato nuovamente il Real Madrid. Era il fato. Era la sorte. Era qualcosa che non si può spiegare. Probabilmente, è solo la dura legge del calcio. Da prendere, portare a casa e rispettare fino all’ultimo giorno. Il gioco non si discute, si ama. Il Cholo l’ha già capito: ogni suo abbraccio trasuda passione, vuol dire cuore.
Un giorno, neanche troppo lontano, quella sfera saprà ridargli quanto merita. Per ora, è tempo di celebrare i più forti di sempre.
Perché vince il potente. Vince sempre, comunque il potente. Nel calcio. Nella vita.
Cristiano Corbo