Ultimo aggiornamento 18 Maggio 2016 15:28 di
18 anni e 120 giorni. Tanto è bastato a Marcus Rashford per nascere, crescere e segnare le sue prime due reti in campionato per il Manchester United. Che a dir la verità sono la terza e la quarta in carriera, dopo quelle decisive contro il Midtjylland in Europa League. Dribbling, magie, gol che hanno conquistato una città intera, salvato la panchina di Van Gaal (almeno per il momento) e ribadito l’importanza delle youth teams, quel valore aggiunto imprescindibile e irrinunciabile per i titani della Premier. Quattro mesi perfetti, indipendentemente dalla finale di FA Cup che si disputerà sabato, che si sono coronati con un sogno: la convocazione nella provisional team inglese, l’élite dei 26 che, con qualche ritocco e uscita, andranno a rappresentare l’Inghilterra agli Europei di Francia. Di giovani, lo United, ne ha fatti debuttare tanti, troppi: ma mai, prima di Rashford, erano apparse così evidenti le stimmate del predestinato.
ONCE UPON A TIME – Tutto iniziò un freddo giovedì sera di febbraio, quando gli infortuni, croce e delizia dello United, costrinsero Van Gaal a gettare Marcus nella mischia. Ma andando indietro negli anni, la storia del ragazzo comincia al Fletcher Moss Rangers, squadra giovanile di South Manchester che ha coltivato il talento di giocatori come Wes Brown e Danny Welbeck. E per Mark Gaynord, ex allenatore, non ci volle molto per realizzare che il bambino aveva le idee chiare quando si trattava di buttarla in fondo al sacco. “Portai il ragazzo a un torneo – lo guardai giocare e in 10 minuti segnò 12 volte. Poi si stancò di fare gol e iniziò a mandare i suoi compagni in porta. Vincemmo la partita 20-0 in 10 minuti”. Ma non c’era alcuna presunzione, Marcus la testa non se la montava affatto; era ben salda sulle spalle anche quando, a 10 anni, passò alle giovanili del Manchester United. “Con me era bravo, allo United era ancora meglio“ Continua Gaynord. “Non smetteva di vincere il premio per l’uomo partita, a quel punto ho dovuto cominciare a darlo agli altri ragazzini”.
PIEDI PER TERRA – Un talento così, che Gaynord non solo definiva il “mini-Messi del football” ma anche un role model, un giocatore modello, non poteva che splendere anche nella sua adolescenza in una delle squadre giovanili più forti del mondo. Viene chiamato per rappresentare prima l’Inghilterra under-16, poi l’under-18, poi l’under-20. E non finisce qui, perché con la convocazione nella nazionale maggiore Marcus ha sorpassato numerosi giocatori nelle gerarchie del CT inglese: talenti e certezze come Carroll, Defoe e Walcott sono stati lasciati a casa per far posto al liceale. Tra lui, Kane, Vardy e Rooney sarà una bella gatta da pelare per Roy. E a proposito di Rooney, indovinate chi, oltre a Marcus, ha segnato la sua prima doppietta nella Premiership a esattamente 18 anni e 120 giorni?
SCHOOLBOY – Come per tutti i giocatori, oltre al lato calcistico c’è anche il lato umano. E qui ci sono tante storie da raccontare. Perché Rashford, nato la notte di Halloween nel 1997, vive ancora con la mamma Mel, tre fratelli e una sorella: va ancora a scuola, precisamente alla Ashton-on-Mersey, e frequenta la sixth form, equivalente alla nostra quinta liceo. A cui fa particolare attenzione, dato che nell’intervallo della sfida contro il Liverpool si fece sostituire, perchè a detta di molti ‘doveva andare a casa a fare i compiti per il giorno dopo’. Nonostante ciò, come se l’apporto alla squadra non fosse stato abbastanza decisivo, l’accesso nello spogliatoio di Carrington, paradossalmente, non gli è stato ancora concesso: “gli under-21 devono cambiarsi nel loro spogliatoio, e possono aggregarsi alla prima squadra soltanto successivamente”. Le regole sono regole: Van Gaal docet.
LA PALLA AI NUMERI – E le statistiche sono tutte dalla sua parte. Oltre ai dati impressionanti che lo issano ai vertici delle classifiche dei giocatori più giovani a debuttare e segnare in Premier League, ne spicca uno clamoroso: dal suo debutto, a livello realizzativo ha segnato di più dell’Aston Villa. Come sappiamo il ragazzo è finito nel referto dei marcatori 8 volte su 17 presenze, contando la partita di ieri contro il Bournemouth. Nello stesso lasso di tempo, i Villans sono riusciti ad andare a segno solo 7 volte in campionato. Per colpa di Theo Walcott, non sarà il debuttante più giovane della storia della nazionale inglese; ma se venisse convocato agli Europei e segnasse già ai gironi, all’età di 18 anni e 224 giorni sarebbe il più giovane marcatore di sempre nella storia dei Tre Leoni agli Europei, superando sempre Rooney (18 anni e 236 giorni). In più, Rashford è il più giovane marcatore di sempre nelle coppe europee nella storia dello United, a 18 anni e 117 giorni. George Best, al primo gol, di anni ne aveva gli stessi, ma di giorni ne aveva 41 in più. Coincidenze? Finché i numeri glielo permettono, perché non sognare.
Van Gaal e Hodgson intanto gongolano. E anche se l’olandese ha dichiarato che il ragazzo non è ancora da prima squadra (davvero?), non ha avuto difficoltà nell’ammettere che il teenager ha le qualità di Kluivert, Iniesta e Thomas Muller. Anche il procuratore più famoso di tutti, Jorge Mendes, ha sottolineato le sue intenzioni: Marcus lo voglio io. Contro l’Arsenal, a fine partita, un giornalista gli disse “credo proprio che hai appena segnato il tuo primo gol in Premier League, col tuo primo tiro in porta”. La sua risposta? Una risata, che dice tutto. La semplicità con cui prende in mano la situazione è quella disarmante dei grandi campioni. I gol, anche. Lasciate il ragazzo e fatelo crescere nel suo mondo, sperando che si trasformi nel prossimo Wayne Rooney e non in un altro Federico Macheda…
Tommaso Fiore