Alma y corazòn. Perché le squadre spagnole lottano, con la “garra” che le contraddistingue dalle prime luci del calcio. E la lotta, quella forsennata che non dispera di fronte alle salite più ripide, si traduce spesso in vittoria. E allora al diavolo il blasone, i soldi, il fatturato, il bel gioco, il tiqui taca, al diavolo la casta dei potenti del calcio, al diavolo i cultori dell’estetismo e quelli che “senza il bel gioco non si vince”. Perché lo sport, in fondo, è la sublimazione della forza fisica. E di fisico, questi pragmatici spagnoli, ne hanno da vendere. Così come fegato, coraggio, volontà e piacere, gioia nel far rotolare quella palla sul campo. La vera essenza del calcio, in fondo. Il pragmatismo di cui sopra, poi, è l’espressione del loro calcio: perché il pragmatico è colui che bada essenzialmente “all’attività pratica, l’azione”. Non lo spettacolo in pompa magna, non le parole, non l’apparenza: i fatti.

MAGO ZIZOU – Tutto infinitamente bello, quasi poetico, potremmo azzardare. Peccato che le finali si giochino in 22 e peccato che di fronte l’Atletico abbia la propria nemesi, il Real. Se i Colchoneros non rappresentassero il popolo, se non incarnassero i valori guerreggianti e lo spirito combattivo di cui sopra, forse sotto sotto faremmo il tifo per i Blancos. Forse, a dire il vero, faremmo il tifo per questo giovane allenatore che ci ha incantato quando ancora calcava i campi di calcio. Perché Zinedine Zidane non ha soltanto i piedi fatati e la mente brillante del miglior centrocampista, ma ha anche la capacità di allenare e di gestire una squadra. Ha compiuto un salto non indifferente, ha abbandonato il ruolo da mentore dei giovani del Castilla ed è stato catapultato in una realtà tanto magica quanto impegnativa. Perché “vincere” è l’unico vocabolo conosciuto dalle parti del Bernabeu, e di aspettare la crescita di un allenatore e di un progetto attraverso anni di transizione i tifosi dei Galacticos non ne vogliono sapere. Persino Benitez, un allenatore pluri-vincitore in Europa, è stato silurato da Florentino. Una premessa poco incoraggiante, ma Zizou senza perdersi d’animo ha risollevato l’umore dei senatori, trascinato il suo claudicante Real in finale di Champions e di nuovo in corsa per la vittoria della Liga. E il futuro è tutto da scrivere…
EMERY TENTA IL TRIS – Spagna padrona, in Champions come in Europa League. Perché di trionfi europei Unai Emery se ne intende. Il suo Siviglia l’Europa League l’ha già vinta nelle ultime due edizioni. Il tris sarebbe un record nonché una dimostrazione che questa squadra non intende conoscere ridimensionamenti, malgrado le partenze sempre dolorose (Bacca su tutti). Lotta in mediana ma anche velocità e tanta qualità sugli esterni: queste le armi vincenti del 4-2-3-1 di Emery. Le armi vincenti del Villarreal di Marcelino, invece, risiedono tutte nella mentalità, nei meccanismi collaudati, in una squadra operaia e mai arrendevole e in un Bakambu che ha conosciuto le luci della ribalta in questa stagione, la migliore della sua carriera. Se dovessimo scegliere una squadra che più incarni il cambiamento di mentalità vissuto dal movimento spagnolo, la scelta cadrebbe proprio sul Villarreal. La grinta e il coraggio a supportare una grande organizzazione tattica. Merito di Marcelino, di Musacchio, di Bruno e di Bakambu. Peccato che dal terreno dell’Anfield sia arrivata la sentenza più spietata: 3-0 e finale di Europa League sfumata sul più bello.

Vittorio Perrone
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