Dedicato a chi non ce la fa, a chi è stato dimenticato, a chi non crede in nulla

Ultimo aggiornamento 3 Maggio 2016 11:00 di admin

Passiamo una vita intera cercando di vivere la vita degli altri. L’irresistibile consistenza di strutture e impalcature che non ci appartengono, nè oggi, nè tra un giorno o due.

È un dialettica feroce, tra cos’è giusto e cosa sbagliato, tra bianco e nero, tra ricco e povero, tra primo e ultimo. Già, gli ultimi.

Ci hanno fatto credere che la vita sia il riflesso di un ordine, garante del buon costume e del quieto vivere. Perfetta linea di demarcazione tra il mio e il tuo, tra chi ride e chi piange, tra l’oppresso e l’oppressore. In mezzo solo una fossa comune, la giusta fine per gli additati alla sovversione di un sistema che non piace. Che non è giusto.

Ci hanno fatto credere che la vita va così, che la bilancia del lecito e dell’illecito abbia due pesi e due misure, e che quel l’ordine superiore fosse la prova evidente che l’impossibile è un luogo profano dove vanno i pazzi, dove vanno gli esclusi.

Stavolta gli esclusi hanno un nome e un cognome. Una bella maglia azzurra, una piccola volpe sul petto, una lunga storia alle spalle.

Undici magnifici emarginati, un vecchio bistrattato dai garanti del sistema. Stavolta è tutto diverso. Abbiamo imparato che la vita non colma da sola i vuoti che lascia sul suo cammino, che lo status quo di chi comanda non è altro che uno specchio delle brame, da infrangere con qualche sogno nel cassetto, che a volte bastano soltanto 90 minuti per fare la rivoluzione, e che sì… Davide può battere Golia.

Dedicato a chi non ce la fa, a chi ha perso la bussola, a chi ha perso tutto, a chi prova a sopravvivere, a chi è stato dimenticato, a chi non crede in nulla. Forse un giorno tutto tornerà come prima: noi da una parte e loro dall’altra, a predicare il quieto vivere. Ma basterà un prato verde, 11 leoni e un vecchio sergente, per sapere che in fondo siamo tutti un po’ eroi, che nulla è più come prima. E che, dopotutto, siamo tutti un po’ Foxes.

inviato da Vittorio Nevio Biasini

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