“Fondamentale”. Questo il commento di Zinedine Zidane una manciata di minuti dopo il fischio finale dell’ultimo Clásico di Spagna. Benzema ha segnato con una rovesciata maestosa, Bale ha offerto un assist da leccarsi i baffi e Ronaldo ha punito i blaugrana con un gol d’autore, rovesciando la stagione del Real Madrid. Ma, paradossalmente, Zizou non sta parlando affatto del triumvirato della BBC; non sta commentando la prestazione di Toni Kroos, l’altro assistman, o di Keylor Navas, solito salvagente delle merengues. Le sue parole sono rivolte a chi, pur non godendo della stragrande maggioranza dell’attenzione dei media, ha fatto la differenza in mezzo al campo. Carlos Henrique Casemiro.
GREGARIO – Vi ricordate la foto simbolo di quella vittoria del Real, con la squadra al completo che esulta nello spogliatoio? C’è chi se la gode a petto nudo, chi con i pugni stretti, e chi urlando a squarciagola. Casemiro è lì, ancora con la divisa da gioco addosso, che salta ma non risalta, cioè si vede ma non è uno dei protagonisti (del resto, se ti fai immortalare proprio accanto agli addominali scolpiti di Ronaldo…). Una trasposizione del suo ruolo nei 90 minuti, si potrebbe dire: potresti non accorgerti che è in campo, ma se non c’è te ne accorgi subito. A maggior ragione in quella partita: ha vinto 13 contrasti, più di chiunque altro nel Clásico precedente. Un colosso. Quella sera, come sappiamo, il Real vinse 2-1. Cinque mesi prima, però, finì 4-0 per il Barça. Mettendo a confronto l’undici iniziale dei blancos in quelle due partite, ci sono due differenze. Una è Danilo, che spesso si è trovato a far staffetta con Carvajal. L’altra è proprio Casemiro al posto di James. In questi mesi, molto è cambiato per il brasiliano: ora anche lui dice di sentirsi “rispettato come giocatore”.
TALISMANO – Da quando Zidane si è insediato sulla panchina dei blancos, Casemiro ha goduto di una certa fiducia, diventando di fatto la terza pedina nel bel mezzo del 4-3-3 galactico. E insieme a Modric e Kroos, ormai è fermamente adibito al ruolo di dar man forte alla ruvida coppia Pepe-Ramos e, quando possibile, far scatenare quei tre là davanti. Sulle 12 partite giocate dal brasiliano, il Real ne ha vinte 10, persa una (Wolfsburg, in fin dei conti ininfluente) e pareggiato un’altra, proprio l’ultima di Champions a Manchester. Ma all’Eti
UOMO CHIAVE – Arrivato dal San Paolo a gennaio 2014 per ‘soli’ 6 milioni, tra il non-clamore dei media spagnoli, passò prima al Castilla per 6 mesi. Poi una stagione incolore in prima squadra, e nel 2014-15 il prestito al Porto. Tornato al Real l’estate scorsa, la società lusitana provò a riportarlo alla base esercitando il diritto di riscatto. Florentino Perez però sborsò 7 milioni per il controriscatto. Tutto per volere di Benitez, che tanto lo voleva: ma volerlo in squadra è una cosa, farlo giocare è un’altra. Relegato in panchina nell’umiliante Clásico d’andata, la sua assenza si sentì non poco. Alberto Toril, ex allenatore al Castilla, analizzando la partita disse: “al Real mancava qualcuno come Casemiro”. Benitez, in privato, fu della stessa opinione. Zidane anche. Ma non solo loro: Julian Lopetegui, suo allenatore ai tempi del Porto, disse: “I centrali difensivi lo adorano. Ha corsa, intensità, carattere, ed è conscio dei suoi limiti e delle sue qualità. In una squadra che vuole giocare nella metà campo avversaria, è una presenza costante”. E il Real calza a pennello in questa descrizione.
PLAYMAKER – Ma a parte polmoni e intelligenza, cos’ha Casemiro? Sì, il tocco di palla. Con i Citizens il gioco del Real è passato sempre da lui. Fischio d’inizio, lui accende l’interruttore. Leggeva il gioco in maniera più veloce, si posizionava già in modalità ‘passaggio’, riceveva palla con stop orientati. Dove agli altri giocatori servivano tre tocchi per iniziare la giocata, lui ne usava uno. D’altronde, ricordiamolo, è brasiliano. “I suoi cambi di gioco, i suoi passaggi d’interno sono perfetti per dare respiro alla manovra,” disse Lopetegui. Insomma, gioca accanto a Toni Kroos e non sfigura affatto, questa è già una notizia. Adesso, finalmente, Casemiro è riconosciuto come una necessità. Anzi, fa la fortuna del Real. Ed è strano, ma bello, che un calciatore pagato così poco sia così determinante in una squadra di superpagati.
Zidane può anche essere stato il giocatore della sua generazione dotato di più eleganza e classe, ma sicuramente non si vedeva come un individualista. Era conscio del valore dei suoi compagni di squadra, che garantivano protezione e solidità alle sue spalle. Compagni senza cui le cose sarebbero andate a rotoli. Zizou lo sapeva: l’aveva visto. Come quando annunciò di volersi ritirare dalla Nazionale francese, e poi ci ripensò, ma a una condizione: che tornasse anche Claude Makélélé. L’unico, a suo dire, che “sempre, sempre teneva la sua posizione. Sapeva cosa fare, era il punto di riferimento per la squadra.” Casemiro, ha riconosciuto Zidane, è fondamentalmente simile. Fa il lavoro sporco, poi si pulisce e parte all’attacco. Qualcuno deve pur farlo, sì; ma vai a trovarlo un brasiliano che al posto di palleggiare scalzo sulla sabbia si diverte a scivolare nel fango…
Tommaso Fiore
This post was last modified on 30 Aprile 2016
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