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L’influenza di Francesco Totti

Il buon giocatore tocca bene il pallone, il campione ti fa vincere qualche trofeo, il fuoriclasse ha ben altre idee. Deve influenzare, emozionare, unire, dividere, creare dibattiti: imporre la sua presenza. L’appartenenza di Francesco Totti a quest’ultima categoria non è mai stata in dubbio, ma forse in tutta la sua carriera il numero 10 giallorosso non ha mai influenzato come nelle ultime settimane.

TRA PASSIONE E RAZIONALITÀ – Dalla partita col Bologna fino a quella di stasera contro il Torino è stato un crescendo rossiniano, o un’eruzione vulcanica, dipende dai punti di vista. Prima l’assist contro i felsinei, poi il gol del pareggio con l’Atalanta, infine, lo strappo definitivo con l’allenatore. Negli ultimi tre giorni non si è parlato d’altro: Totti o Spalletti, la storia o il futuro, l’idolatria o l’iconoclastia, la passione o la razionalità, il romanesco o l’inglese della proprietà. Ma mentre tifosi e appassionati si schieravano chi dall’una chi dall’altra parte, c’era da affrontare il temibile Torino di Ventura, partita da vincere per tenersi stretto il terzo posto e provare l’assalto disperato al Napoli. Ed è proprio all’Olimpico, teatro di inenarrabili magie, che si è sprigionata tutta la potenza di cui è capace un fuoriclasse come Totti. Perché il capitano giallorosso, pur non partendo tra i titolari – come ampiamente prevedibile – ha potuto contare, esercitando la sua influenza, sull’apporto di diversi alleati inconsapevoli: i compagni di squadra, che non hanno disputato una grande partita; gli avversari, che hanno giocato davvero bene e sono andati meritatamente in vantaggio con Belotti; la terna arbitrale, che ha preso delle decisioni sfavorevoli alla Roma; e i tifosi, che in questo magma negativo, non facevano altro che invocarne l’ingresso in campo.

L’ERUZIONE DEL VULCANO DELLA CLASSE – Insomma, per capovolgere il risultato, Totti aveva stabilito che la situazione doveva farsi disperata, altrimenti non avrebbe avuto senso far eruttare il vulcano della classe. E così è stato. Perché Totti ha preso parte a tutti e tre i gol. Non è un errore di battitura: è vero, è entrato al 41° minuto del secondo tempo, ma i fuoriclasse sanno essere decisivi anche nel riscaldamento. Come? Preoccupandosi, ad esempio, di collocare lui stesso, accarezzandolo con il piede destro (una specie di investitura), il pallone vicino alla bandierina del calcio d’angolo, conferendo così a Perotti quell’incremento di classe necessario per far recapitare il pallone sulla testa di Manolas: minuto 21, pre-assist del capitano giallorosso, 1-1. Ma questo era solo un antipasto, anzi, insistendo nella metafora vulcanica, soltanto una piccola scossa di terremoto, così, tanto per scaldare l’ambiente. Ma proprio quando sembrava che la Roma potesse decollare, ecco arrivare il secondo vantaggio del Torino con Martinez (al 36′ s.t.). Vantaggio inaspettato per tutti, ma non per Totti , che continuava il suo riscaldamento compiaciuto che il corso delle cose era conforme al suo disegno diabolico. Così, cinque minuti dopo, Spalletti si decideva a mandare in campo il numero dieci giallorosso, che aveva uno sguardo rilassato, olimpico, vittorioso. Sembrava dire: “vabbè, mò ce penso io, va”. Non ci sono le prove per dimostrarlo, ma si può affermare con elevato grado di certezza che chiunque stesse vedendo la partita, tifosi e non, in quel momento è stato attraversato dal seguente pensiero: “vuoi vedere che va a finire che la risolve di nuovo lui?”. Costoro non lo sapevano, ma erano stati influenzati da Totti, che, non più ragazzino, aveva bisogno di una spinta universale per fiondarsi su quel pallone manco fosse un ventenne assatanato.

DISEGNO “DIVINO” – Erano passati appena 22 secondi (!) dal suo ingresso in campo, e il capitano in spaccata fa 2-2, innescando uno sciame sismico di quelli importanti, che, tuttavia, è stato avvertito dal solo Spalletti, perché compagni di squadra, tifosi e amanti del calcio erano felicemente impegnati ad esultare e ad esaltare il loro condottiero. A quel punto, i presupposti dell’eruzione vulcanica c’erano tutti, e al 43′ l’arbitro concede un rigore generoso alla Roma, compensando così i due rigori netti non assegnati in precedenza, rigori che comunque non avrebbe potuto calciare Totti, perché ancora impegnato a riscaldarsi. Ma questo, quello decisivo, poteva calciarlo perché era in campo. Non solo lo avrebbe calciato, ma non lo avrebbe mai potuto fallire. Solitamente, gli attimi che precedono l’esecuzione dagli undici metri sono attraversati da incertezze, dubbi, paure, sia da parte del giocatore che calcia sia da parte di chi guarda. Ma stavolta, anche se non si può dimostrare, si può affermare con elevata probabilità che tutti e Totti erano convintissimi che niente e nessuno avrebbe potuto alterare l’armonia di quel disegno diabolico, anzi divino. Era tutto così perfetto, così giusto, così bello. E infatti il capitano giallorosso non sbaglia, porta la Roma sul 3-2 e attiva definitivamente quel vulcano della classe che nessuno può silenziare. E’ stata un’eruzione esplosiva, imponente, prepotente, liberatoria, tanto era il magma di classe misto a rabbia accumulata. Uno spettacolo che ha emozionato indicibilmente tifosi e amanti del calcio, che sono letteralmente impazziti di gioia, perché Totti è troppo importante per questo sport, è ancora importante, e anche se si ritirasse tra dieci anni sarebbe comunque troppo presto. Da domani si riaprirà il dibattito, altra prerogativa dei fuoriclasse, intanto però chi ama il calcio si gode questa notte illuminata da un’eruzione vulcanica meravigliosa, che tra l’altro non ha causato nessun danno. Tranne, forse, una piccola ustione a Spalletti.

Luigi Fattore

This post was last modified on 29 Settembre 2016

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